In Italia Blockbuster non esiste più.

I motivi sono semplici e noti a tutti, quel modello di business non fa più parte del nostro tempo allo stesso modo delle carrozze, la posta pneumatica e le ghiacciaie. Certo l’azienda poteva anche fare qualcosa di più per evitare la scomparsa totale e Michele Boroni lo spiegava già 4 mesi fa con perizia e intelligenza su Studio, tuttavia l’avvenimento arriva a sancire con i fatti quel che da tempo tutti sanno, i DVD e i Blu Ray non si noleggiano più.

In altri paesi, come ad esempio la Germania, il videonoleggio prospera; in altri come la Cina, il videonoleggio illegale (negozi fisici che noleggiano dvd piratati senza nascondersi) è all’ordine del giorno. Da noi, per fortuna, quest’ambiguità è finita.

Per fortuna perchè da una parte l’illegalità rimane confinata ad ambiti precisi e non istituzionalizzata e dall’altra perchè il commercio fisico, e tutta la lobby che ne ha protetto gli interessi per decenni (catalizzata attorno a Univideo), sono stati alcuni tra gli operatori che hanno lavorato per ritardare l’arrivo di un’offerta legale degna di questo nome in Italia.

Univideo non si sente più nominare da un paio d’anni e non a caso da poco più di un anno iTunes ha cominciato a noleggiare in video anche sul nostro territorio e a ruota sono seguite altre tipologie di offerte (dalle console, fino al cinema d’autore e le uscite in contemporanea alla sala).

Blockbuster dunque ci saluta con la pagina più brutta di sempre, un pastrocchio di numeri colorati e in posizioni che vorrebbero comunicare allegria e “sconti”, quando in realtà il messaggio è la cessazione delle attività. Probabilmente ormai dell’estetica non interessa più nulla a nessuno, vista la situazione.

 

Elaborato il lutto però è opportuno chiedersi da cosa venga sostituito. Se consideriamo la morte della catena di videonoleggi più grossa del paese come la morte del videonoleggio in sè (in realtà rimangono moltissime altre realtà ma Blockbuster all’apice del successo contava 220 punti vendita), a sostituirlo dovrebbe essere chi l’ha ucciso: pay tv e internet. Ma non è così.

Internet non ha ancora un mercato legale maturo a sufficienza per avere un peso economico importante e la pay-tv è comunque una questione per pochi. Ci dovrebbe guadagnare (anche se marginalmente) il cinema in sala ma il sospetto è che, semplicemente, il denaro non incassato da Blockbuster non sarà incassato dal comparto cinematografico.

In questi ultimi anni i settori dell’entertainment si sono allargati e sovrapposti, così che aree prima nettamente distinte, come quella videoludica o della serialità televisiva, hanno compenetrato quella cinematografica. Tutti questi contenuti sono in lotta per la conquista del nostro tempo libero (se vedo un film non vedo una serie nè gioco a un videogioco, e viceversa) e quella minoranza comunque sostanziosa che per abitudine, ceto ed età si riforniva da Blockbuster ora non ha alternative cinematografiche domestiche e solitamente non frequenta i cinema.

Dunque la morte di Blockbuster in Italia è di certo un fatto positivo che riflette sia la strada che stiamo battendo che la realtà delle cose, ma dall’altra è una mossa che sposta la centralità del consumo cinematografico nelle abitudini d’intrattenimento del paese. Almeno fino a che l’offerta on demand (sia attraverso internet, sia attraverso decoder attaccati alla tv) non arriverà a poter proporre quasi tutto quello che la pirateria mette a disposizione.