Sin da quando Zero Dark Thirty è uscito in un numero limitato di copie negli Stati Uniti, il film di Kathryn Bigelow ha unito la critica (che lo ha ritenuto in maniera praticamente unanime uno dei prodotti migliori del 2012) e diviso i commentatori.

La pellicola ha infatti scatenato non poche critiche sin da prima che iniziassero le riprese (alcuni insinuavano un calcolo politico per sostenere la rielezione di Obama, solo che il film è uscito dopo le elezioni e il presidente non è nel film). Successivamente, alcuni membri del partito Repubblicano hanno chiesto di avviare delle indagini basate sull'ipotesi che l'amministrazione Obama abbia fornito alla Bigelow e al suo team informazioni classificate sull'uccisione di Bin Laden (elementi sui quali è stata fatta molta strumentalizzazione politica sotto elezioni) – nessuna prova è stata trovata sul coinvolgimento della Casa Bianca nella raccolta delle informazioni (ulteriori indagini sono in corso per provare eventuali fughe inappropriate di informazioni da parte della CIA verso i filmmaker).

Ma un'ultima, e forse ancor più pesante, polemica si è scatenata nelle ultime settimane, ed entra direttamente nel merito del presunto messaggio del film: a partire da un articolo di Glenn Greenwald pubblicato sul Guardian, l'ipotesi che è stata fatta è che la Bigelow, in maniera propagandistica, abbia voluto supportare la tortura come mezzo per ottenere informazioni importanti per la salvaguardia della sicurezza nazionale, sorvolando su quanto spesso questo strumento si sia rivelato fallimentare. Senza la tortura, insomma, non sarebbe stato catturato Bin Laden, e questo basterebbe a giustificarne l'uso. In realtà la vicenda è stata inserita, in maniera strumentale, in un più ampio dibattito sull'uso della tortura da parte della CIA, tuttavia è possibile che questa campagna abbia influito sul progressivo raffreddamento delle possibilità del film agli Oscar (le cinque nomination ottenute sono meno rispetto a quelle che ci si aspettava inizialmente), sebbene le polemiche abbiano contribuito a destare interesse verso la pellicola nel pubblico americano (non a caso è salito al primo posto lo scorso weekend).

 

 

Ora è la stessa Bigelow a prendere la parola, rispondendo alle critiche in una colonna sul Los Angeles Times:

Per molto tempo, parliamo di diversi anni, ho pensato che non sarei mai riuscita a fare il film che è diventato Zero Dark Thirty. L'obiettivo, fare un film moderno e rigoroso sull'antiterrorismo incentrato su una delle missioni più importanti e segrete della storia americana, era eccitante: valeva la pena, o almeno mi sembrava. Ma c'erano troppi ostacoli, troppi segreti, troppe posizioni "facili". In qualche modo, comunque, grazie alla grande tenacia del mio team e da una enorme dose di fortuna, siamo riusciti a fare il film e abbiamo trovato dei partner nello studio system con il coraggio di distribuirlo.

Poi sono arrivate le polemiche.

Ora che è uscito nei cinema di tutta la nazione, in molti mi hanno chiesto se le polemiche che sono esplose quando ancora era distribuito in una manciata di cinema mi hano sorpreso.

[…] Primo: supporto il diritto di ogni americano, sancito dal primo emendamento, di creare lavori artistici e la libertà di pensiero e parola senza interferenze o minacce da parte del governo. Come pacifista sostengo ogni protesta contro l'uso della tortura e il trattamento disumano di qualsiasi genere. In effetti mi chiedo se alcuni dei sentimenti espressi contro il film non andrebbero forse indirizzati a chi ha istituito e ordinato queste politiche, piuttosto che contro una pellicola che porta questa storia sullo schermo.

Chi tra noi lavora nelle arti sa bene che la raffigurazione non significa sostegno ed endorsement. Se lo fosse, nessun artista potrebbe dipingere pratiche inumane, nessuno scrittore potrebbe scriverne, nessun regista potrebbe parlare di questioni spinose di attualità. Confondere la raffigurazione con l'endorsement è il primo passo verso lo schiacciare le capacità e il diritto degli artisti americani di gettare una luce su situazioni oscure, soprattutto quando tali situazioni sono avvolte da veli di segretezza e offuscamento da parte del governo.

[…] Sul piano pratico e politico, mi sembra illogico oppormi alla tortura ignorando o addirittura negando il suo utilizzo nelle politiche e pratiche dell'anti-terrorismo attuate in America.

Gli esperti sono in netto disaccordo sui fatti e sui dettagli della caccia a Bin Laden da parte dei servizi segreti, e senza dubbio questo dibattito continuerà. Per quanto riguarda ciò che credo, che è stato oggetto di critiche, accuse e speculazioni, io credo che Osama bin Laden sia stato trovato grazie all'ingegnoso lavoro di indagine. La tortura è stata, comunque, per quello che ne sappiamo, utilizzata nei primi anni della caccia. Questo non significa che sia stata fondamentale nel trovare Bin Laden. Si tratta però di una parte di questa storia che non potevamo ignorare. La guerra, ovviamente, non è bella, e non ci interessava dipingere quest'azione militare come scevra da conseguenze morali.

Forti di questo spirito, non avremmo mai dimenticato le migliaia di vite innocenti perse negli attacchi dell'11 settembre 2001 e nei successivi attacchi terroristici. Non avremmo mai dimenticato il lavoro coraggioso di quei professionisti dell'esercito e dei servizi segreti che hanno pagato il prezzo ultimo cercando di combattere una minaccia letale alla sicurezza della nazione. Bin Laden non è stato sconfitto da supereroi che sono piovuti dal cielo, è stato sconfitto da americani ordinari che hanno combattuto eroicamente anche se a volte hanno oltrepassato alcuni confini morali; che hanno lavorato molto e con dedizione, che hanno dato tutti loro stessi sia nella vittoria che nella sconfitta, sia nella vita che nella morte, per la difesa del paese.

In tutto questo, andrebbe sottolineato un aspetto non indifferente: il film parla di fatti di estrema attualità, eventi molto recenti della storia Americana e mondiale sui quali deve ancora essere fatta chiarezza e sui quali sapremo la verità tra molto tempo (per fare un paragone, Argo parla di una vicenda legata ai servizi segreti, ma è stato realizzato anni e anni dopo che le informazioni sui fatti sono state desecretate). Polemiche e strumentalizzazioni erano state sicuramente previste dai realizzatori, anche se forse non così aspre, e dalle parole della Bigelow traspare quello che dovremmo tenere presente tutti: Zero Dark Thirty è "solo" un film, il "suo" film, e andrebbe giudicato come tale.

 

 

Ecco la sinossi della pellicola in arrivo il 7 febbraio in Italia:

Per un intero decennio, un team di alto livello lavora in gran segreto per un'operazione di sicurezza militare che si snoda in tutto il mondo con un solo obiettivo: eliminare Osama Bin Laden. Dopo "HURT LOCKER", vincitore di sei Oscar® nel 2010, la regista e produttrice Kathryn Bigelow e lo sceneggiatore Mark Boal si uniscono nuovamente per raccontarci la storia della caccia all'uomo più ricercato della storia.

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