Intervista a cura di Francesco Alò e Andrea Bedeschi

 

E nella stessa giornata della visita a Framestore, BadTaste.it è passato a trovare Cinesite, sempre a Soho, Londra, in un fantascientifico palazzo al 2 di Sheraton Street. Venivamo da più di un'ora con Charles Howell, Head of Production della Framestore per cui i motori era caldi a sufficienza.

Eppure… eppure non ci saremmo mai aspettati l'intensità del dibattito a quattro avuto in Cinesite con Michele Sciolette (ebbene sì, viene da Modena) e Simon Stanley-Clamp, rispettivamente Head of Vfx Technology e Vfx Supervisor. La compagnia nata nei primi anni '90 si è contraddistinta nella Blockbuster Era dei 2000 lavorando a quasi tutti gli Harry Potter. Ha collaborato con Framestore ai vfx del film premiato con l'Oscar di categoria La bussola d'oro (2007) e sempre con Framestore ha recentemente lavorato alla notevole fantascienza adulta di Edge of Tomorrow. Proprio dalla collaborazione all'interno di un film tra due compagnie in teoria grandi rivali, parte la nostra epica intervista all'interno della Cinesite VFX Ltd. Prima con Michele Sciolette da solo, poi con Simon e Michele insieme e poi, in un finale un po' amaro per noi italiani, con l'ottimo Michele da solo.

 

 


 

 

Come è possibile lavorare così sinergicamente con altre società a uno stesso film?

Michele Sciolette: A Londra si è sempre fatto a partire dal primo Harry Potter. C'è sempre stato così tanto lavoro che si è subito sentita l'esigenza di condividere parte degli incarichi perché le società inglesi non erano grandi come quelle americane. Io ho iniziato qui nel 2001 e già all'epoca -si stava facendo il secondo Harry Potter- era chiaro che qui a Londra ci potevano lavorare tutti. Queste società sono tutte cresciute con la consapevolezza che il lavoro si sarebbe condiviso. Alcuni sono esplosi come Double Negative al punto di fare un film completo in solitudine, però sono casi isolati. Ci sono società più specializzate in un aspetto o in un altro. Poi c'è l'abitudine da parte degli studi di conoscere i supervisori. Ormai c'è uno standard e siamo abituati che quando arriva una “camera” da un'altra società, c'è un buon dialogo e siamo abituati a gestire l'interazione. L'eccesso può essere addirittura che in una stessa immagine si può dire che c'è un personaggio fatto da noi e un personaggio fatto da un'altra società. Non è frequentissimo, ma può succedere. Se una società fa una creatura e un'altra società fa un'altra creatura e queste due creature devono combattere… è evidente che si deve collaborare per forza.
 

I criteri di selezione da parte degli studi cinematografici quali sono?

E' inutile negarlo: ci sono anche questioni di budget per cui se una società offre di fare un lavoro a un prezzo vantaggioso… perché no? Generalmente quando uno è abituato a lavorare a una certa specificità… per un certo periodo di tempo può capitare che si sia una ripetitività da parte del committente nell'assegnazione dei lavori.  

 

Qual è la peculiarità Cinesite?

Forse in questo momento gli ambienti. Ne abbiamo fatti tanti per il sequel di 300 oppure per World War Z. I nostri clienti sanno che se devono completamente sostituire quello che circonda i protagonisti, è un lavoro che Cinesite fa in modo abituale con buoni risultati. A volte vorremmo tutti fare un certo specifico lavoro ma non si riesce a vincere, per così dire, l'appalto. E questo può capitare ed è, semplicemente, la vita.
 

Quanto accesso avete al materiale di un film?

Il minimo indispensabile. Non abbiamo accesso a parti del film che non ci riguardano. Generalmente abbiamo accesso alla sceneggiatura. Accesso limitato a chi deve fare un certo tipo di ruolo. Il primo punto di contatto con i nostri clienti è sempre la sceneggiatura. Poi c'è la fase di “building” ovvero la fase in cui viene suddiviso lo script nella precisa mole di lavoro che è necessario fare. Si identificano gli ambienti, le creature, gli effetti. Abbiamo poi accesso a story boarding e previsualizzazione e poi quando viene assegnato il lavoro abbiamo le nostre sequenze. Ma l'intero film non ci viene mai dato.

E' difficile lavorare così?

Ci sono dei progetti in cui entriamo in modo preliminare dove il film sembra quasi astratto e poi ci sono progetti in cui gli studi assegnano il lavoro in una fase avanzata quando per esempio il design del personaggio e degli effetti è stato già fatto. Generalmente non è un grosso problema. Ogni progetto ha la sua storia e i suoi cambiamenti ai vertici. Sembrava che si andasse in una direzione e poi cambia tutto come succede in questi lavori che hanno a che fare con la creatività. Non c'è un modo giusto o sbagliato. Dipende tutto dal gusto personale. A volte ci sono cambiamenti netti di percorso durante un film.

 

(Entra nella stanza Simon Stanley-Clamp, visibilmente provato dall'imminente consegna dei vfx di Hercules firmato Brett Ratner)
 

Ciao Simon, come va la consegna degli effetti per il film di Brett Ratner?

(sospirando, N.d.R.) Hercules potrebbe essere finito stasera, domani… forse venerdì (l'intervista è avvenuta alle ore 15 di mercoledì 2 luglio, N.d.R.)… oppure anche sabato.

 

Cambiamenti improvvisi richiesti?

Sì. Avevamo consegnato tutto sabato scorso e non avevamo avuto notizie dallo studio. Poi è arrivata una nota lunedì mattina con proposte di cambiamenti ed eccoci qui. C'è un incontro stampa del film oggi stesso visto che Dwayne Johnson è a Londra insieme a Brett Ratner.
 

Il film uscirà in Inghilterra il 25 luglio…

Esatto.
 

Raccontaci di questa esperienza…

Primo incontro con i produttori a Natale 2013. Poi abbiamo visto un montaggio molto grezzo a marzo 2014 prima che venissimo assunti ufficialmente. Da quel momento è diventata una corsa contro il tempo per 10-12 settimane.   
 

Simon, qual è stato il miglior lavoro di sempre per te?

I lavori migliori sono i lavori che puoi seguire fin dall'inizio. Senza alcun dubbio. L'anno scorso abbiamo fatto 6 film e per ognuno abbiamo lavorato al massimo 9-10 settimane. Tranne Edge of Tomorrow per il quale abbiamo lavorato circa un anno di seguito. Partendo dunque dal concetto che i lavori migliori sono quelli in cui puoi avere il progetto fin dall'inizio… direi Miss Potter con Renée Zellweger perché siamo stati coinvolti dal regista molto presto e l'abbiamo potuto seguire da vicino. Poi direi Moon di Duncan Jones. In quel caso fummo fortunati perché la sceneggiatura era splendida e poi, grazie allo sciopero degli sceneggiatori a Hollywood, abbiamo potuto avere un intervallo di tempo in cui prepararci al massimo livello. Non c'erano molti soldi nella produzione ma la sceneggiatura era ottima e nonostante avessimo molta pressione addosso decidemmo di gettarci nell'operazione con il massimo entusiasmo. In quel momento decidemmo di prendere un altro Harry Potter… e il rischio fu alto. Moon è stato un'esperienza bellissima per via dell'intimità del progetto. Un solo personaggio… letteralmente (ride, Nd.R.)… piccola troupe, ci conoscevamo tutti. Parlammo di montaggio, produzione, postproduzione. All'epoca non avevamo nemmeno una data di distribuzione. Questa è contemporaneamente una cosa positiva e negativa perché con quel tipo di piccola produzione sarebbe stato meglio avere dei limiti più stringenti alla nostra attività. Adesso che ricordo… il budget fu addirittura trovato a metà della produzione dalla moglie di Sting Trudy Stiler. Pensate un po'! Per poco non riuscimmo ad andare al Sundance Film Festival, dove volevamo presentarlo. Ci riuscimmo per il rotto della cuffia e da quel piccolo grande successo al Sundance nel 2009, il film ha avuto la sua piccola grande fortuna.

 

 


 

 

Qual è la cosa più difficile da ottenere nel vostro lavoro: unire un set reale con effetti vfx che non lascino trasparire la differenza tra produzione e postproduzione?

La sfida più difficile è lavorare sulla contemporaneità ovvero su ciò che tu vedi ogni giorno e che quindi, automaticamente, conosci bene. Il materiale contemporaneo è molto più difficile da rendere credibile rispetto al fantasy. E' più difficile per noi trasformare Londra in una città del 1800 piuttosto che proiettarla in un futuro apocalittico o fantascientifico. Tutto può essere ottenuto ma ogni effetto in sé è difficile. Un fattore bizzarro è la variabile percettiva. Mi capita con il blu-ray di accorgermi che un effetto speciale che mi era sembrato perfetto al cinema non mi sembri più perfetto sul blu-ray e questo perché…

(Si innesta Michele Sciolette)

Michele: Perché tu magari hai dei setting sul tuo televisore che impediscono la piena visione di quell'effetto per come era stato immaginato al cinema.                     

Simon: Esatto. Noi lavoriamo con un angolo e un linguaggio molto ampio e quando si arriva alla DI ci accorgiamo che tutto può essere stiracchiato e schiacciato. Questo può accadere ovviamente anche per quanto riguarda i setting dei televisori.

 

E' più facile lavorare a dei film scuri e grigi come Edge of Tomorrow o World War Z?

Non necessariamente. Noi sappiamo sempre precisamente come lavorare a un fotogramma di un film in qualsiasi condizione di luce o oscurità. E' più facile l'oscurità? Non lo so. Quando lavorai a Black Hawk Down di Ridley Scott venne riproposta l'angolazione a 45 gradi dell'otturatore per ottenere l'effetto tanto famoso di Salvate il soldato Ryan. Era veramente difficile lavorare digitalmente con quel tipo di ripresa a 45 gradi. E dire che il film era molto sporco e pieno di polvere. Quindi… no. A volte “più scuro” non vuol dire necessariamente più facile per noi dei vfx. Ripeto… tranne la fantascienza o il fantasy. Perché lo spettatore può accettare meglio delle distorsioni alla sua percezione comune della realtà.
 

Avete notato in questi anni un cambiamento di attitudine dei registi nei vostri confronti?

(Si scambiano un'occhiata di intesa e risponde Simon) Sì…
 

E in che senso?

La situazione è peggiorata. C'è stata un'epoca dell'innocenza negli effetti speciali ai tempi dei primi Harry Potter. Un'epoca in cui tutti sembravano sapere quello che facevano. C'era chi faceva gli effetti speciali fisici e chi quelli digitali e tutti si aiutavano tra loro. Ora purtroppo c'è una tendenza a pensare che tutto possa essere fatto in postproduzione senza programmare più nulla. Non voglio accusare i registi perché non sarebbe corretto. E' una responsabilità degli studi e della produzione. C'è ormai il convincimento, che parte da una base di verità, che fare lavorare noi piuttosto che 300 persone su un set come comparse sia sempre meglio. In un certo senso gli effetti speciali non vengono rispettati perché uno pensa che si possa fare tutto in pochissimo tempo: “Ah… tanto lo possono aggiustare in post”, “Ah, tanto lo possono far sembrare più giovane. Andiamo avanti” ripetono sempre in produzione. In questo modo si lavora peggio e la situazione è precipitata negli ultimi 3-5 anni. Finiamo per dover lavorare troppo in postproduzione e prendere delle decisioni all'ultimo che sarebbe stato meglio prendere 6 mesi prima. A me dispiace sopratutto per chi lavora al sonoro. I ragazzi del reparto sonoro non possono missare se non arrivano le immagini complete con il nostro lavoro di vfx. E' il reparto sonoro ad avere sempre meno tempo per lavorare di precisione a un fotogramma. Ed è un peccato. Alcuni ne hanno pagato le conseguenza più di altri e probabilmente Ryhtm & Hues ha pagato le troppe indecisioni altrui che hanno portato a un appesantimento mortale del lavoro negli ultimi istanti in vista della postproduzione di un film.
Per quanto riguarda World War Z ad esempio… non dovete dimenticare che hanno rigirato integralmente il terzo atto. Edge of Tomorrow… non ce l'aveva nemmeno il terzo atto visto che lo cambiavano in continuazione!              
C'è questa strana sensazione che tu puoi cambiare un film all'improvviso e iniettando nella produzione molti soldi… poi alla fine ne farai altrettanti se non molti di più. La Marvel la pensa così. E' molto pericoloso. Ma finché tutto il sistema non collasserà, si continuerà a farlo. E visto che la Marvel sta avendo successo con questa tecnica dei pesanti investimenti in finale di postprpduzione… questa abitudine andrà avanti ancora per un po'. D'altronde io non posso dimostrare che senza quei tipi di investimenti i film guadagnerebbero la stessa cifra per cui le mie sono solo ipotesi. Forse questa follia del cambiamento fino all'ultimo secondo è scoppiata con l'arrivo del montaggio digitale Avid. Fino a che lavoravamo sulla pellicola… dovevamo essere maledettamente sicuri quando tagliare e quando no.

 

Jean-Luc Godard diceva già nei '60 che la libertà, a volte, può essere il peggior nemico per un cineasta…

(Simon) Sono totalmente d'accordo.
 

Quando è cominciata secondo te questa pratica che contesti?

Negli ultimi cinque anni. E' probabilmente una combinazione tra la crescita a dismisura della grandezza di una produzione cinematografica e la crescita dell'effettistica digitale. Io sono convinto che se organizzi un film, e parlo di una pianificazione particolarmente dettagliata, e rimani coerente con quell'idea iniziale puoi ottenere: 1) una maggiore coerenza artistica all'interno del prodotto 2) un profitto assolutamente accettabile con picchi di straordinarietà in relazione ovviamente al tipo di prodotto che hai consegnato al pubblico.
Vedete… il prodotto audiovisivo è un'arte ma anche un processo. Le “cose inaspettate e belle” che possono accadere mentre giri sono… trovare un'attrice brillante, un taglio di luce improvviso e significativo da parte dell'operatore e del direttore della fotografia… cose veramente bellissime che possono e devono accadere in produzione e mentre giri film. Ma quando vai in postproduzione… non devi contare sulle “cose inaspettate e belle”. Non ci devi proprio pensare. Devi finire il film… e basta.
 

Degli ultimi film che hai visto… quale ti ha dato più piacere in termini di effettistica?

Mi piace l'effetto invisibile. Da questo punto di vista Under the Skin mi ha molto colpito per la sua sottigliezza visiva. E' poi ovviamente Gravity. E' un capolavoro per come sono riusciti a lavorare con l'idea dei piani sequenza di Cuarón che io avevo già sperimentato durante il terzo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Alfonso ci propose subito una sequenza di tre minuti in steadycam con dei poster animati sulle pareti. Gravity è veramente una pietra miliare e penso che la compartecipazione produttiva della Framestore sia stata fondamentale.
 

Sarà questo il futuro? La compartecipazione produttiva tra società vfx e case di produzione?

Michele Sciolette: Può essere. E' un'opzione che sta prendendo sempre più piede.

Simon Stanly-Clamp: Forse… ma non strettamente per quanto riguarda la produzione secondo me.
     
Michele Sciolette: Si può fare invece. L'importante è stabilire bene quello che noi possiamo ottenere in termini di royalties e percentuali da questo tipo di accordo. Il problema che abbiamo in questo genere di operazioni con le major è che noi abbiamo solo la sceneggiatura! Solo quella. Come potrebbe accettare Cinesite, ad esempio, un abbassamento delle sue tariffe del 50% per avere poi royalties e percentuali su un film se quello che poi uno studio ci dà in mano è SOLO una sceneggiatura? Dobbiamo solo risolvere questi piccoli problemi. Ma è probabile che avverrà.

 

Qual è il vostro film del cuore e quindi contemporaneamente l'effetto speciale che vi è rimasto più impresso in testa?

Michele Sciolette: Film del cuore… Guerre stellari e Indiana Jones…

Stanly-Clamp: Questo dimostrerà quanto Michele è più giovane di me… devo dire Barbarella di Roger Vadim: la scena in cui Jane Fonda si spoglia nell'astronave. Guardavo i suoi vestiti e pensavo: “Wow… stanno galleggiando in aria!”. E poi l'angelo. Era un film così vivace per l'epoca.
 

Simon, hai deciso di diventare un effettista speciale in quel momento?

Sì… direi proprio di sì.
 

E tu Michele?

Il momento decisivo per me fu Terminator 2. Il T-1000. Assolutamente.
 

Quando vedete Terminator 2 o Jurassic Park -entrambi facenti parte della grande rivoluzione digitale dei primi anni '90- pensate: “Sono invecchiati bene” o “Non sono invecchiati bene”?

Michele Sciolette: Per quanto riguarda questi due titoli… sono invecchiati bene. Alcune inquadrature dei dinosauri sono perfettamente credibili oggi.

Simon Stanley-Camp: Sono incredibili quelle inquadrature…

Michele Sciolette: Anche Terminator 2 è perfetto.

Simon Stanley-Camp: Vedete ragazzi… stanno per uscire anche quest'anno grandi film con effetti speciali. Mi riferisco a Transformers 4 o Guardiani della Galassia. Ma la domanda che dobbiamo farci è: “Ce li ricorderemo ancora tra 20 anni come facciamo con Jurassic Park o Terminator 2?”. Io non ne sono così sicuro.  
     

C'è equilibrio tra trucchi prostetici e digitali oppure state prendendo il sopravvento su tutto e tutti?

Simon Stanley-Clamp: Nel caso del remake di Robocop… dispiace dirlo ma abbiamo dovuto sostituire integralmente il costume di Robocop perché quello prostetico non funzionava. Ma nel caso di Edge of Tomorrow penso che si sia trovato un buon equilibrio tra il reparto prostetico e noi. Io adoro il prostetico. Voglio che ci sia ancora spazio per il prostetico e non voglio assolutamente rimpiazzarli. Amo anche molto i pupazzi e gli animatronics in generale.   

 

E del 3d che ci dite?

Simon Stanley-Clamp: Non sono un fan. Ma nel caso di Gravity… sì, ok è grandioso ma perché i piani sequenza sono lunghi e il setting spaziale era perfetto. Nei film di azione spesso il 3d distrae troppo dalla storia. E' chiaramente un fenomeno legato ai costruttori di televisori 3d che hanno disperatamente bisogno di contenuti in 3d da mettere lì dentro. Penso che se non avessimo avuto questi televisori… il 3d sarebbe morto un anno dopo…

Michele Sciolette: Avatar?

Simon Stanley-Clamp: Sì! (ride, N.d.R.). Se vedete la storia del 3d… ogni 10 anni c'è  un recupero: dal 1950 ad oggi. Questo è l'unico momento in cui non sembra scomparire altrettanto velocemente rispetto a come è comparso. E questo perché esistono i televisori 3d.   

Michele Sciolette: All'inizio devo ammettere che ero un grande fan del 3d e dopo Avatar ero piuttosto eccitato. Poi però… troppa azione.

Simon Stanley-Clamp: A me piace molto l'Imax. Chiarezza e grandezza dell'immagine. Fantastico. Se si riuscisse a ottenere l'high frame rate nelle case sarebbe il massimo e vi assicuro che si potrebbe fare perché ho avuto un'esperienza del genere proprio recentemente. Quello che mi fa arrabbiare del 3d è anche la perdita del colore e del contrasto. Io amo il colore al cinema.

Come pensi che sia cambiato il tuo lavoro negli ultimi anni e come ti sembrano le giovani generazioni che approcciano ora la tuo lavoro?

Simon Stanley-Clamp: Mmm… si è persa un po' la mistica. C'è meno mistero. Nei giovani c'è più ambizione. Conoscono perfettamente il loro equipaggiamento ma non hanno troppi punti di riferimento culturali. I riferimenti per loro al massimo possono essere solo Guerre stellari mentre io cerco ancora nei musei, nei quadri, nella Storia… anche. Io provo a portarli a volte fuori dal cinema ma trovo delle resistenze. Sono bravi, bravissimi, ma un po' troppo autoreferenziali. E' buffo che mi facciate questa domanda perché proprio lunedì scorso (l'intervista si è svolta mercoledì 2 luglio, N.d.R.) mi trovavo con un gruppo di artisti junior Cinesite e spiegavo loro una certa tecnica del passato e loro mi guardavano come fossi un relitto come a dire: “Non ci dire… che tu c'eri quando si usava questa cosa qui????”. Quindi quello che manca loro è solo una maggiore consapevolezza della dimensione storica del nostro lavoro. Sono giovani, non c'è problema. Cresceranno. Un altro cambiamento è questo senso di onnipotenza che io contesto molto. C'è nei clienti e purtroppo c'è anche nella nuova generazione di animatori. Se il cliente pensa che una cosa si possa fare velocemente, i giovani gli danno ragione. E invece dovrebbero dargli torto.
 

(Simon Stanley-Clamp ci lascia per andare a completare gli effetti di Hercules)         

Michele, raccontaci un po' di te…

Sono di Modena e mi interessavo di computer grafica fin da ragazzino. Ogni volta che uscivano i corti della Pixar li cercavo sulla Rai la sera tardi. In Italia non c'erano scuole a quei tempi e allora ho fatto ingegneria informatica all'Università cercando di fare tutto quello che riguardasse in un certo modo la computer grafica. Poi ho lavorato due anni a Milano in una piccola software house che si occupava di videogiochi ed effetti speciali e poi ho cominciato qui alla Cinesite dal 2001 e ora sono uno dei più “vecchi” non tanto in termini di età ma di permanenza Cinesite. Il mio ruolo è responsabile di tutte le tecnologie Cinesite. Non sono obbligatoriamente un supervisore agli effetti di un film, anche se in alcuni casi l'ho fatto quando c'era bisogno. Il mio ambito è infrastrutture e tecnologie. Ho iniziato nel reparto ricerca e sviluppo. Scrivevo software per aiutare gli artisti. Ora sono il responsabile di tutto il reparto.
 

Bello, no?

Interessante. Il problema è… (sospira, N.d.R.) non si finisce mai. C'è sempre qualcosa di migliorabile, aggiornabile, di nuovo. Non si può mai finire. In certi momenti è abbastanza complicato avere a che fare con la nuova tempistica. Aveva ragione prima Simon… fino a un anno fa si poteva sperare di avere anche 12 mesi per una committenza particolarmente elaborata. Ora si passa dal primo contatto col cliente alla prima consegna in 3 mesi o addirittura sei settimane. Ci si deve buttare e la “pipeline” deve essere la più robusta possibile.
 

Quanti siete in Cinesite?

Qui a Londra 120. Abbiamo aperto da poco un ufficio in Canada dove saranno 30-40. L'abbiamo messo in piedi molto recentemente.

 

Aperto in occasione di X-Men – Giorni di un futuro passato?      

Esatto. Io stesso sono stato a febbraio lì in Canada per vedere come andavano le cose. Un tempo qui nel palazzo di Soho avevamo tre piani tutti nostri ma poi, come forse saprete, i tax breaks ci hanno imposto di razionalizzare qui e aprire in Canada dove ci sono molte più facilitazioni fiscali.

 

Farete X-Men – Apocalypse?

Non lo sappiamo. Abbiamo fatto molti X-Men e quindi potrebbe essere… ma non si sa ancora. X-Men è stato interessante perché l'abbiamo girato integralmente in stereo e non è stato facile trovare artisti che lo conoscessero. Non è così scontato anche se si pensa che dopo il boom di Avatar tutti i progetti siano in stereo. Magari. Invece si converte tutto. X-Men – Giorni di un Futuro Passato è stato un piacevole ritorno allo stereo. Avevamo un supervisore che era piuttosto meticoloso per quanto riguardava le correzioni tra un occhio e l'altro. Ora l'ufficio canadese crescerà e ci sarà spazio per 300 persone.

 

Sei rimasto un po' in contatto con l'Italia?

Rientro almeno una volta all'anno. Devo ammettere che non sono in contato con il mio settore in Italia…
 

C'è poco con cui rimanere in contatto…

So che non è rimasto molto. Ho vari amici che ogni tanto mi dicono sull'onda dell'entusiasmo: “Adesso torno in Italia!”. E poi dopo due mesi tornano qui raccontandomi storie piuttosto tristi di non pagamenti e altro. Sarebbe bello se si riuscisse a riformare questa industria in Italia. Le competenze ci sarebbero…
 

Cosa manca?

Francamente non lo so. Le competenze ci sono, ripeto. Forse quello che manca è un corretto atteggiamento manageriale. Mi spiego meglio: l'effettistica speciale è un settore che coinvolge fortemente la passione delle persone. Se non c'è una corretta valutazione del valore del lavoro, si potrebbe commettere l'errore di pensare che un artista vfx valga l'altro. Ecco, ho la sensazione che in Italia ci possa essere il rischio di un equivoco di questo genere: che qualcuno che lavora gratis, tu produttore, possa trovarlo sempre. In Inghilterra e Stati Uniti il mondo degli effetti speciali viene riconosciuto in modo diverso anche se siamo spesso messi in secondo piano… a differenza di Gravity dove è veramente bello vedere i credit degli effettisti all'inizio del film. Di solito noi siamo dopo tutto. Pure dopo il catering! Tornando all'Italia… servirebbero sgravi fiscali sì certo… ma purtroppo se penso agli sgravi fiscali… penso subito a uno che ci può mangiare sopra e che alla fine ci potrebbe essere sempre qualcosa di torbido.