“Mi auguro che questa diatriba da scuola elementare cessi presto e impariate a comportarvi più professionalmente in futuro”.

Così scrive Gabriele Muccino ai doppiatori italiani verso la fine del suo lunghissimo post datato ieri ore 6.01.
Pensavamo che la polemica fosse finita. E invece no.

Riassunto delle puntate precedenti: Muccino tempo fa lancia un appello di cuore e di pancia su facebook invitando tutti ad andare a vedere Her di Spike Jonze in lingua originale perché il doppiaggio lo avrebbe mortificato.

 Selvaggia Lucarelli si incavola di brutto, la prende come un attacco frontale al mondo del doppiaggio italiano e comincia a tirare bordate contro Muccino chiedendo anche il contributo di Pino Insegno che la affianca nel denigrare il regista romano.

Muccino, risentito, prova a chiarirsi meglio dagli States ma la situazione deflagra invece di sedarsi ed ora l'ultimo post del regista de La ricerca delle felicità e L'ultimo bacio è quasi tutto dedicato a Pino Insegno, reo di averlo insultato anche per quanto riguarda il suo aspetto fisico.

Quello di Muccino è un lunghissimo sfogo, articolato nei contenuti e forte nel risentimento emotivo nei confronti di Insegno. Ma anche profondamente contraddittorio, umorale e forse inutilmente paranoico.

La Lucarelli non viene più citata, se non marginalmente, e le ire sono tutte per l'attore e doppiatore romano.
Inizialmente Muccino chiarisce che nel momento del suo primo invito ad andare a vedere Her non doppiato non sapesse nemmeno che ci fosse Micaela (lui sbaglia scrivendo “Michaela”) Ramazzotti in voce italiana al posto di Scarlet Johansson.

Molti sanno dell'amicizia e collaborazione artistica tra Indiana Production (casa di produzione posseduta per il 22,5% da Gabriele Muccino) e Paolo Virzì, marito della Ramazzotti. Fa sicuramente onore all'onestà intellettuale di Muccino questa sua presa di posizione che coinvolge un'attrice famosissima nonché moglie di un collega prestigioso qualche volta socio in affari (Indiana è main producer de Il capitale umano). Bravo Muccino. Questo atteggiamento non lobbistico è da stimare.

Chiarito che non ce l'aveva con -è proprio il caso di digitarlo- Lei (titolo italiano di Her), Muccino precisa:

Per altro Michaela (sic) è bravissima ma non è una doppiatrice e i doppiatori non recitano, doppiano. Simulano la recitazione sterilizzandola e trasformandola in asettica, spesso priva di accenti e non di rado di emozioni.

Ed ecco che parte una lunga analisi del perché i doppiatori abbiano deciso come lobby di scendere in guerra contro di lui invece che accettare la naturalezza con cui il pubblico italiano, giorno dopo giorno, impara a fare a meno di loro. Ma è veramente così?

Muccino è molto “bastone e carota” nel suo post. E aggressivo, poi blandisce, dà una carezza e poi uno schiaffone, invitando i doppiatori a fare la pace con lui citando Giancarlo Giannini dalla sua parte perché:

Si è distinto in entrambi i campi, sia nella recitazione che nel doppiaggio e forse per questo è stato l'unico ad ammettere candidamente che il doppiaggio è una mostruosità. Una magica mostruosità, ma di questo si tratta: una mostruosità.

Cita con stima e affetto il direttore del doppiaggio Mario Cordova, occupatosi di tutte le edizioni italiane dei suoi film hollywoodiani La ricerca della felicità, Sette anime e Quello che so sull'amore, dichiarando:

Di certo non mi sono mai lamentato del doppiaggio di nessuno dei miei film.

Ma allora perché tornare sull'argomento? Tutta colpa di Pino Insegno! E' nei suoi confronti che Muccino vede rosso.

Dopo aver letto un post dal facebook della voce italiana, tra gli altri, di Aragorn de Il Signore degli Anelli, Muccino si sente così attaccato da dover rispondere. Lo accusa di mentire (“Mi attribuisce frasi MAI pronunciate riferendo che fossi stato insoddisfatto del doppiaggio della Ricerca della felicità. Questa, Insegno, è una vera menzogna”) e di aver fatto scadere la polemica a dei livelli di bassa invettiva fisica (“Attacca addirittura la mia stazza -letteralmente dice, 'sara' incazzato perché ha preso 130 chili'-. A me dei due, il più incazzato, sembra francamente lui. E, nota culturale, solo in un paese cresciuto con l'estetismo Berlusconiano si può pensare di insultare un regista dicendogli che è grasso”).

E qui Muccino alza i toni parlando di lobby dei doppiatori, “ignoranza del pubblico italiano educato a differenza di quello francese a vedere solo film doppiati”, un pizzico di paranoia mista a dietrologia (“Dovesse il pubblico italiano svegliarsi e scoprire la bellezza dei film in lingua originale in sala, che farebbero loro? Questo spiegherebbe il paradossale vespaio che francamente proprio non mi aspettavo”).

Forse Muccino ha toccato un nervo scoperto come scrive lui, forse il braccio di ferro tra doppiatori e Anica in relazione al nuovo contratto di categoria di questi giorni non aiuta ad alleggerire tensione e nervosismo sull'argomento.

 

Ma è il post di Muccino che analizziamo qui e più si va avanti nella lettura più è facile notare un umore che varia da riga a riga. Quasi in modo schizofrenico.

Prima c'è la stima per i doppiatori italiani e la voglia di terminare la polemica e poi ecco un passaggio piuttosto violento e denigratorio:

Entrando in un momento frivolo e di gossip, vorrei farvi assistere alle risate che si fanno gli attori americani quando sgattaiolano via dalle anteprime italiane e doppiate dei loro film sentendo di trovarsi in una parodia del loro film piuttosto che nel lavoro che con cura, passione e dedizione hanno realizzato.

I doppiatori spessissimo si fregiano inoltre dei complimenti ricevuti dalle Star americane a cui hanno prestato le voci… ma cosa si aspettano che gli americani vengano a dirgli? "Hey buddy, your dubbing sucks. When I act, I whisper and when you dub me, you speak so hell loud. Why that? Next time keep it simple, Ok?".

Una pacca sulla spalla e via. No, non funziona così. L'unica cosa che i doppiatori amano ricordare sono i loro incontri con i loro Alter Ego e la parte finale, quella della pacca sulla spalla. La verità non la conosceranno mai.

E meno male che voleva fare pace.
E dopo questo… tanti complimenti ad Oreste Lionello per il suo ottimo Woody Allen. E dopo i complimenti al compianto Lionello ecco un complottismo che nemmeno il vecchio Oliver Stone:

Perché vi sentite in dovere di fare gruppo per attaccarmi da più fronti? Io posso difendermi anche da solo contro centinaia di voi. Mentre voi agite silenziosamente e organizzate mobilitazioni!

Allo stato attuale, non sembra che in Italia ci siano mobilitazioni contro Gabriele Muccino da parte dei doppiatori. Vairano, Stocchi, Maggi e pure Insegno sembrano più interessati, dopo i 15 giorni di sciopero indetti il mese scorso, a chiudere un buon accordo con Anica come Anad (Associazione Italiana Attori e Doppiatori) insieme alla nuovissima Aid (Associazione Italiana Doppiatori).

 Spiace dirlo perché siamo sinceri ammiratori del regista romano classe 1967 ma con questo post il buon Muccino sembra essere afflitto da un'egocentrica paranoia alla Tony Montana di Scarface con repentini cambiamenti di umore come nella famosa scena della vasca da bagno in cui Tony urla, si scusa, scherza e poi offende il Manny di Steven Bauer ottenendo il risultato di rimanere completamente solo.

“Tu Insegno l'hai mai visti i Sette Samurai in giapponese sottotitolato?”

Noi sì e siamo d'accordo con il Muccino svezzato alle versioni originali con sottotitoli fin da quando andava al Festival di Venezia diciottenne.

E' bellissimo vedere i film così. Per noi… ma forse non per tutti gli spettatori.

Non possiamo nascondere che siamo anche figli dello Sean Connery di Pino Locchi (come saremmo cresciuti con quell'orribile e ridicola pronuncia originale scozzese giustamente denigrata dal Will Ferrell del famoso sketch del Saturday Night Live “Celebrity Jeopardy”?), dello Stallone di Amendola (meglio con Sly che con i comunque affascinanti De Niro e Al Pacino degli '80), del “Lupo ululà e Castello ululì” di Frankenstein Junior, del Giannini per Nicholson in Shining (e di tutte le sopraffine edizioni di Mario Maldesi per Kubrick), del magistrale Massimo Giuliani del John Belushi in versione Blues Brothers o della divina Laura Betti per il demone Pazuzu de L'esorcista.

Per non parlare, per le nuove generazioni, del lavoro superbo di Francesco Vairano per il Gollum di Andy Serkis.

O anche dell'ottimo lavoro svolto da Insegno su Aragorn (Francesco Vairano era Direttore del doppiaggio).
La versione originale con sottotitoli è un'arte di traduzione e “doppiaggio”, se ben ci pensate, anch'essa.
Si dovrebbe riportare il testo scritto di dialoghi anche improvvisati in tutta la sua precisione e potenza corrispettiva all'originale.

Non è facile e non è meno artificiale e suscettibile di critiche rispetto al doppiaggio. La fedeltà all'originale spesso non si ottiene nemmeno con i sottotitoli visti i pochi secondi di apparizione sullo schermo di quelle lettere che ci distraggono da volti e altri elementi del fotogramma.

L'argomento è complesso e probabilmente verrebbe da dire che la distribuzione di un film in Italia potrebbe e dovrebbe prevedere doppiaggio e versione originale con sottotitoli con crescente aumento di quantità delle seconde rispetto alla nostra tradizione per offrire una distribuzione 50% & 50%.

Diciate pure che non volete che i vostri figli e nipoti non perdano i privilegi che voi avete avuto per 70 anni grazie all'introduzione di una legge mussoliniana che vietava l'uso delle lingue straniere nei film e calmate i vostri bollenti e frustrati spiriti.

Qui Muccino entra nel merito, finalmente, della questione ed attacca frontalmente i doppiatori italiani, composti spesso da famiglie che si tramandano il lavoro di padre in figlio, rei di sfruttare una legge vetusta che introdusse il doppiaggio in Italia negli anni '30 (quindi nemmeno 70 ma 84 anni fa) perché la popolazione aveva un tasso di analfabetismo tale da non permettere la lettura di alcunché a supporto delle immagini. Gli americani, ovviamente, furono subito a favore.

Muccino chiude citando il film multilingue figlio delle coproduzioni anni '70 e il film multilingue di oggi rappresentato alla perfezione da Bastardi senza gloria di Tarantino, pellicola che non ha sofferto economicamente il pesante uso di sottotitoli per gestire inglese, francese e tedesco di personaggi e snodi drammaturgici.

Ancora Muccino ai doppiatori italiani al termine del post:

Il vostro metodo di doppiaggio, e qui non voglio ASSOLUTAMENTE GENERALIZZARE, è sterile, asettico, spesso finto e nemmeno colloquiale.

E meno male che non voleva generalizzare.

Ora spezziamo una lancia a favore del regista italiano. Il doppiaggio italiano, per ammissione stessa dei doppiatori, è crollato negli ultimi anni. “Noi” addetti ai lavori ci lamentiamo di una sciatteria che non appartiene alla nostra gloriosa tradizione. “Loro” ci danno ragione ma imputano il calo della qualità a turni sempre più massacranti e quindi un deterioramento delle loro condizioni di lavoro.

Ci auguriamo che se un senso questa polemica Muccino-Lucarelli-Insegno debba averlo per forza… che allora lo si trovi nel riflettere sullo stato del doppiaggio in Italia che indubbiamente andrebbe riformato.

Senza boicottaggi dei film americani di Muccino e senza mai dimenticare che la voce e la prova di Luca Ward per il Samuel L. Jackson di Pulp Fiction, ad esempio, è nettamente superiore per questo scrivente rispetto alla voce originale del gangster Jules.

Siamo pronti a giurarlo su quel celebre passo della Bibbia.