Scene da polemiche romanesche.
La conferenza stampa della nona edizione del Festival del film di Roma (Mueller lo considera “festa” ma ufficialmente, l’ha spiegato anche lui, la denominazione è ancora Festival come l’aveva cambiata Rondi) è iniziata con una protesta da stadio, canzoni di Califano urlate da un gruppetto che striscione alla mano ha protestato per l’esclusione del film sul cantante romano. A capeggiare i coretti di “Tutto il resto è noia” (probabilmente riferito al programma del festival) c’era il regista Stefano Calvagna, ancora arrabbiato per essere stato escluso a suo dire per il fatto che Califano fosse figura scomoda, di destra e inviso al potere. Il regista e la produzione si sono fatti buona pubblicità al film (e nel citarlo contribuiamo anche noi ad una visibilità che altrimenti difficilmente avrebbe avuto), i presenti diverse risate alle loro spalle, perchè poi tutti quanti sappiamo che in un festival i film si “selezionano”, cioè se ne scartano alcuni e se ne prendono altri, cercando di avere il palinsesto migliore possibile. Conoscendo la filmografia di Calvagna (ma non il film in questione che ancora non è stato proiettato), il sospetto che altre opere meritassero più di stare nel festival è forte.

Esaurito il siparietto Marco Mueller ha presentato una manifestazione priva di colpi clamorosi o di star micidiali ma punteggiata di appuntamenti per nulla banali, un festival/festa (parole sue) in cui non sempre le proiezioni sono la cosa più interessante (considerazione nostra). Stranamente sarà un festival poco generalista, poco adatto forse al grandissimo pubblico ma capace di soddisfare tante piccole nicchie diverse. I film, lo precisiamo ogni volta, non li abbiamo ancora visti e quindi è impossibile pronunciarsi sul loro valore, tuttavia paiono in linea con le selezioni degli altri anni, ovvero opere di buoni autori da cinematografie meno note, con molta partecipazione italiana e qualche ospite di rilievo. Fanno eccezione Gone Girl, di David Fincher (forse Rosamund Pike si farà vedere) e I guardiani della galassia che è in uscita in quei giorni e che viene presentato nella sezione parallela Alice nella città. È la prima volta che un film di queste dimensioni non appartiene alla selezione ufficiale del festival ma ad una sezione parallela, un segno molto strano che non parla bene dei rapporti tra Disney e la direzione.

A mancare, lo si diceva all’inizio, forse sono i fuori concorso d’eccezione, menre a supplire sarà la partecipazione di nomi raramente visti in Italia su cui spicca Park Chan-Wook. Il regista sudcoreano sarà protagonista di un incontro con il pubblico (ma vedremo anche il suo A rose reborn) come anche Takashi Miike (al quale sarà consegnato il Maverick Award), Kevin Costner, Tomas Milian (premio alla carriera), Clive Owen e un immancabile incontro con Wim Wenders. Clamorosa infine la presenza del documentario (con incontro a seguire) di Walter Salles su Jia Zhangke.

Se non passiamo ancora a parlare dei film del concorso è perchè è difficile non soffermarsi prima sulle altre sezioni come ad esempio Mondo Genere. Chi frequenta i festival sa infatti che spesso in queste sedi si vedono chicche di difficile collocazione che poi non escono in sala e si fatica a recuperare in altri circuiti. Ad esempio saranno presentati qui Nightcrawler con Jake Gyllenhaal e Tusk di Kevin Smith. Allo stesso modo in Gala (cioè la parte serale) vedremo la serie The Knick di Soderbergh (e ci sarà Clive Owen), Black and white il melodramma con Kevin Costner, il documentario sugli Spandau Ballet e Trash di Stephen Daldry (con Rooney Mara presente a Roma).
Addirittura la retrospettiva sul cinema gotico italiano, chiamata Danze Macabre, sarà introdotta da Joe Dante, un po’ come Mueller fece fare a Tarantino con il cinema di serie B italiano diversi anni fa a Venezia.

In concorso invece il nome più noto è quello di Aleksej Fedorchenko, italiani inclusi.
Infatti nonostante la pattuglia del cinema italiano sia come sempre la più rappresentata, le opere più attese non sono in concorso, dove vedremo invece I milionario di Alessandro Piva. A parte il film di apertura e chiusura, che sono stati già annunciati (Soap Opera di Alessandro Genovesi e Andiamo a quel paese di Ficarra e Picone) vedremo il terzo film di Gianni Di Gregorio (dopo Pranzo di Ferragosto e Gianni e le donne), Tre tocchi di Marco Risi e Ore 12 di Toni D’Angelo oltre ad un buon numero di documentari e opere prime.

Senza ancora aver visto nulla, la terza edizione muelleriana del Festival di Roma sembra confermarsi più un luogo di “eventi” di cinema che un posto in cui vedere film. L’impressione è che i biglietti da acquistare subito siano più quelli degli incontri e delle proiezioni speciali che quelli del concorso o delle grandi serate. Più in grande la “festa” del cinema di Roma si impegna forse come nessun altro festival in Italia a fare del cinema qualcosa di cui si può fruire o ci si può interessare anche al di là della proiezione.