Intervista a cura di Jacopo Iovannitti

In occasione nella 15esima edizione della View Conference abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Alessandro Carloni, Director, Head of Story e Story Artist presso i DreamWorks Animation Studios. In particolare si è occupato delle saghe di Dragon Trainer, Kung Fu Panda e altri progetti di cui ci ha parlato in esclusiva nell’intervista che segue.

Sono anni ormai che lavori nel mondo dell’animazione. Di recente, in DreamWorks. Com’è stato realizzare una saga come quella di Dragon Trainer, che ha riscosso un successo incredibile? Che obiettivo volevate perseguire realizzando il sequel? Ci siete riusciti?
È stato inaspettato. Non pensavamo che potesse avere un tale successo, soprattutto se pensiamo che in America il primo capitolo ha incasso relativamente poco. Eppure ha creato, con il tempo, una schiera di seguaci enorme. Nel primo film l’obiettivo centrale della storia è quello di mostrare la diversità di Hiccup, rispetto al resto del suo villaggio, rispetto ai Vichinghi e successivamente quello di regalarci forti emozioni con l’amicizia fra il nostro protagonista e Sdentato. Nel sequel, invece, il nostro obiettivo è stato prima di tutto quello di mostrare come il mondo sia stato cambiato dai nostri due personaggi, di come adesso tutti abbiano a che fare con i draghi e di come ci potessero essere altre persone (come si vede con l’antagonista del film) che hanno intrapreso rapporti con queste creature, seppur in modo diverso. Per di più, tornando su Hiccup, volevamo mostrare da chi provenisse questo senso di solitudine, di non esser compreso. E quindi dalla madre, Valka. Anche se, come vediamo, dopo l’incontro iniziale e la sensazione d’esser simili in tutto e per tutto, il ragazzo si renderà conto, soprattutto dopo la morta del padre, d’esser simile ad entrambi, o meglio una evoluzione di entrambi.

Tornerai anche nel terzo capitolo della saga, già confermato? Puoi anticiparci qualcosa?
Non so se tornerò nell’ultimo capitolo di Dragon Trainer. 
In realtà nel terzo film avremmo dovuto vedere il combattimento fra le due fazioni, quella di Hiccup e quella di Drago Bludvist. Mentre nel secondo capitolo doveva esserci solo la sfida fra Hiccup e la madre, Valka. Tuttavia, avendo voluto salvaguardare il personaggio di quest’ultima, abbiamo dovuto inserire Drago nel secondo capitolo. So per certo, per il terzo film, che c’è l’intenzione di farlo finire bene. O meglio bene, ma in modo drastico, quasi tragico. 
In poche parole c’è l’intenzione di spiegare perchè al giorno d’oggi i draghi non fanno più parte del nostro mondo. Non li faremo morire, tranquilli, ma spiegheremo dove sono andati a finire. Per questo motivo spero che si torni anche ad un rapporto più intimo fra i due protagonisti.

Quali sono i tuoi prossimi progetti in DreamWorks? Lavorerai in Kung Fu Panda 3? 
E che fine ha fatto lo splendido progetto Me and My Shadow ancora presente sul tuo sito personale?
Allora, in Kung Fu Panda 3 tornerò per certo, sempre come Story Artist. 
Per Me and My Shadow, invece, ci sono stati dei problemi di distribuzione con la 20th Century FOX, con la quale abbiamo stretto da poco rapporti. Il film era interessante ma rischioso. Aveva solo due personaggi, il protagonista e la sua ombra disegnata a mano, che non voleva più seguirlo. Questo uscirà lo stesso, però. Lo sto riscrivendo, è quindi ancora in produzione. Tuttavia dopo il 2017. Prima di questo uscirà Larrikins, un film che dirigerò in collaborazione con Tim Minchin. Sarà ambientato in Australia e sarà una commedia musicale.

Tu sei stato sia Head of Animation che Story Artist. Qual è il ruolo che preferisci?
Non saprei. Sono due ruoli completamente differenti. 
Quando fai lo Story Artist crei solo la tua scena. Quando sei Head of Animation, invece, devi pensare a tutta la storia nel complesso. Coordinare tutti. Si è una sorta di co-registi, in altre parole. Non si ha il compito di pensare solo alle luci o altri aspetti simili.

Ho letto che hai viaggiato molto e lavorato in diverse nazioni, sempre nel campo dell’animazione. In Germania, Danimarca ed attualmente in America. Ci parleresti di queste esperienze? Torneresti mai in Italia a lavorare?
Non voglio morire in America, questo è certo. E’ stato bello lavorare in giro per l’Europa. In origine, però, pensavo di scrivere e non di disegnare. Anche se il mio scopo era quello di narrare le storie attraverso le illustrazioni. Comunque è stata una grande esperienza girare l’Europa. Certo, ho lavorato a progetti orribili. Ma è stato fondamentale. Collaborare, intendo. Spesso preferisco più lavorare con persone con non troppo talento ma dotate di un grande spirito di collaborazione, e non con persone talentuose ma che tendono a lavorare per i fatti propri.