Articolo a cura di Giovanni di Giamberardino

 

Lo scorso febbraio la 20th Century Fox annunciava il cast ufficiale della nuova versione cinematografica di Fantastic Four, scatenando un putiferio. Il tanto chiacchierato e atteso reboot del quartetto più famoso dei fumetti presentava come nuovo volto della Torcia Umana quello di Michael B. Jordan, giovane attore apparso prima in tv (The Wire e Friday Night Lights) e poi approdato sul grande schermo col supereroistico Chronicle.

Michael B. Jordan è afroamericano.

In cinque minuti i fan di tutto il mondo si sono mobilitati contro questa scelta, non limitandosi soltanto a criticare il casting in questione, ma a gettare fango sull’intera operazione ancor prima dell’inizio delle riprese. Perché? Perché il Johnny Storm creato da Stan Lee e Jack Kirby è biondo con gli occhi azzurri. Parliamoci chiaro, il web non è certo il luogo dei pareri moderati e dei giudizi ponderati, e star qui a pretendere diversamente non solo è fuori luogo, ma di un fuori luogo tendente al moralismo degno di affermazioni del calibro di «Ah, questi giovani d’oggi!» e «Dov’è che andremo a finire?». Non è neppure il primo caso in cui si parla male di un film basandosi sui nomi coinvolti, né sarà l’ultimo. Quando però ci si accorge che tra i numerosi commenti in coda a ogni nuova news riguardante il film quello più moderato è «Oddio la Torcia Umana si è abbrustolita», qualche riflessione è d’obbligo.  Perché se la particolare violenza nei confronti di un film di cui non possediamo nemmeno uno straccio di immagine promozionale è imputabile Michael B Jordanesclusivamente all’aver cambiato il colore della pelle di un personaggio molto conosciuto e amato, la questione non può che complicarsi. E non importa se alle redini del progetto c’è quel Josh Trank che con Chronicle ha ridato freschezza al genere supereroistico grazie a una delle poche storie originali di successo (il film ha incassato 126 milioni di dollari a fronte di un budget di 12 milioni) nel cinema degli ultimi anni. E non importa se il precedente adattamento dei Fantastici Quattro ha avuto come unico merito quello di lanciare la carriera di Chris Evans, pagandolo al prezzo dell’affossamento di un intero franchise. Quel che conta è che Johnny Storm nel fumetto è bianco e nel prossimo film sarà nero.

In precedenza un caso simile è scoppiato con un altro adattamento di successo, il primo capitolo della saga The Hunger Games: molti spettatori/lettori hanno protestato perché i personaggi secondari di Cinna e Rue erano interpretati da attori afroamericani. La storia stavolta si ripete e si ingigantisce.

Su una questione seria come il colore della pelle è facile che gli animi si scaldino.

Di sicuro affrontare questa tematica con piglio paternalista non porta da nessuna parte e il rischio di sbrodolarsi in predicozzi poco utili è altissimo. Anche perché, parliamoci chiaro, battersi in difesa dell’equality non è certo l’imperativo di una multinazionale potente come la 20th Century Fox, che da questa vicenda è uscita doppiamente vincente. È difficile infatti che si discutesse del reboot di un titolo decaduto con lo stesso fervore e la stessa ansia anticipatoria, seppur negativa. Bene o male purché se ne parli, non si dice così? Di conseguenza il modo migliore per approcciare l’argomento è uno solo: limitarsi a spiegare le ragioni per cui del colore della pelle di Johnny Storm non dovrebbe fregarci niente. La questione è abbastanza semplice. L’etnia di Johnny Storm non è mai stata un tratto distintivo né del suo personaggio né del tema alla base del fumetto originale. Johnny ci viene presentato come il più giovane dei Fantastici Quattro, un ragazzetto torcia umanairrequieto e irresponsabile, una testa calda e un playboy, allo stesso tempo dotato di una lealtà, di una schiettezza e sincerità anche brutale. Come è evidente, niente di tutto questo è legato alla razza. Esistono certo supereroi la cui provenienza, sociale o geografica, si caratterizza come componente essenziale. Thor, in quanto dio vichingo, non può che essere biondo.

La questione della provenienza si fa poi ancor più rilevante nel caso di supereroi di altre etnie. Prendiamo tre personaggi Marvel, di colore in questo caso: Pantera Nera è re dello stato africano di Wakanda, Tempesta è una mutante considerata una dea dagli abitanti del paese egiziano dove abitava, Luke Cage è un eroe che si è fatto le ossa nelle strade del ghetto newyorkese di Harlem. Ai tempi delle loro prime apparizioni (tra il 1966 di Pantera Nera e il 1975 di Tempesta) un colore diverso della pelle restava l’eccezione e l’eccezione andava collocata socialmente o geograficamente, quindi giustificata. Dopo cinquant’anni e con un presidente afroamericano alla guida degli Stati Uniti c’è ben poco da giustificare. E comunque questo non è mai stato il caso di Johnny Storm. Di questione razziale non vi è traccia nemmeno nel tema fondante il fumetto originale, ossia la famiglia: i Fantastici Quattro sono la più importante famiglia di supereroi del Marvel Universe. In questa famiglia Johnny e Sue Storm, la Donna Invisibile e la moglie di Mister Fantastic, sono fratelli. Nella pellicola di Josh Trank appartengono a due etnie diverse (Sue Storm è interpretata da Kate Mara). Nel 1961, quando uscì il primo albo di Fantastic Four, era impensabile ammettere l’esistenza di una famiglia multirazziale, considerando che in alcuni stati degli USA il matrimonio misto era ancora illegale. Nel 2014, il concetto di famiglia si è notevolmente allargato fino a comprendere realtà diverse e di pari dignità.

Non c’è nulla di assurdo oggi nel trovarsi di fronte a Sue e Johnny con un colore di pelle diverso. Chiaramente la nuova incarnazione del gruppo vuole presentare un modello di famiglia più aperto rispetto a quello comprensibilmente più rigido degli anni ‘60, e non c’è nulla di sbagliato. Il problema della razza di Johnny Storm è l’ultimo di cui bisognerebbe preoccuparsi nei rispetti di un film che, da quanto è stato annunciato, intende approcciare il genere supereroistico da un punto di vista nuovo. In un’epoca in cui ci si può imbattere in mille versioni della stessa storia, in cui Sherlock Holmes è sia Benedict Cumberbatch che Robert Downey Jr. che Jonny Lee Miller e John Watson può avere il volto di Lucy Liu, c’è ampio spazio per una Torcia Umana “abbrustolita”.

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