Il regista Palma d’oro a Cannes con La classe nel 2008 torna nelle nostre sale con l’avvincente Ritorno a L’Avana, dramma ambientato tutto in una notte in cui un gruppo di amici cinquantenni cubani fa il punto sulle loro vite in occasione del ritorno di un membro storico della comitiva dalla Spagna. E’ un film che affronta le disillusioni di un’intera generazione cresciuta nella rivoluzione castrista che ha visto Cuba diventare una delle nazioni protagoniste del ‘900. Abbiamo incontrato il regista francese classe 1961 e ovviamente il discorso è caduto su Cuba… e anche un po’ sulla sua Francia.
Il film ha vinto il Premio delle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia del 2014.

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Ha avuto problemi con la censura cubana?
No. Non abbiamo ricevuto nessuna richiesta da parte del governo e non abbiamo subito nessun controllo. Il film è stato invitato questo dicembre al Festival de l’Avana e ne sono molto felice. Evidentemente oggi a Cuba è possibile parlare del passato regime.

Perché ha voluto raccontare per immagini questa generazione di cubani?
Perché la loro storia è la storia di un gruppo di individui che potremmo trovare in qualsiasi altro paese. Questi cinque amici provano nostalgia per il passato e sono in balia di tante disillusioni. Sono ormai diventati una generazione di padri che ha avuto dei forti ideali contrapposta a quella generazione dei loro figli che vuole solo andare via e che quegli ideali non li ha mai avuti. Sempre più penso che non sia un film su Cuba ma un film girato a Cuba.

Dove ha trovato cinque attori così bravi e come hanno vissuto loro questa esperienza? Il film è stata un’occasione per pensare alle loro rispettive vite di cubani del dopoguerra?
A differenza di altri miei film, in questo caso tutti gli attori sono attori professionisti. Quattro di loro sono delle vere e proprie star del cinema cubano. Il casting è stato tradizionale. Dopo averli scelti… certo… ognuno di loro ha portato qualcosa di intimo e personale dentro il personaggio. Il film era importante per la loro generazione ed era chiaro che ognuno del cast si sarebbe messo in relazione al personaggio che interpretava. Le emozioni che si vedono nel film molto spesso non sono le emozioni dei personaggi ma proprio le emozioni degli attori che ripensavano alla loro giovinezza a Cuba. Inizialmente volevo realizzare solo un corto ma quando ho lavorato al film breve iniziale con Isabel Santos (Tania nel film, N.d.R.) e Fernando Hechevarria (interpreta il pittore Rafa, N.d.R.), loro mi hanno subito detto che 15 minuti non sarebbero bastati per raccontare una storia così importante per i cubani. Il lungometraggio a quel punto è stato quasi obbligatorio nei loro confronti.

L’amico tornato dalla Spagna ricorda questo funzionario del governo che lo spiava da giovane di nome Gladys. Siamo proprio sicuri che un personaggio come Gladys non è mai stato sul suo set a spiare quello che stavate facendo?
No. Io non ho mai visto un personaggio come Gladys. E se è venuta… devo dire che è stata veramente discreta.

Il film ha l’innegabile qualità di far riflettere ogni spettatore sul suo rapporto personale con il proprio paese d’origine. Lei in che rapporti è ora con la sua Francia? Sembra che negli ultimi anni stia sfruttando ogni occasione e film per stare lontano dal suo paese natale come è successo per Foxfire (2012) con gli Usa e Ritorno a L’Avana (2014) con Cuba. E’ vero questo sospetto?
Per quanto riguarda la Francia… non ho più veramente nessuna illusione. Siamo in un periodo in cui nessuno crede più a nulla, gestendo la crisi con scelte temporanee. Non vedo coerenza nel mio paese ma solo panico generalizzato. Manca totalmente un pensiero coerente dal punto di vista politico nel vero senso della parola e non posso certo dire che tutto ciò mi fa stare sereno.