Si è tenuto ieri al Teatro del Giglio, come primo appuntamento dell’undicesima edizione del Lucca Film Festival, la Masterclass con il regista Terry Gilliam e il direttore della fotografia Nicola Pecorini, condotta da Francesco Alò (autore dell’unica monografia italiana sui Monty Python).

Vi riportiamo qui sotto l’intera masterclass, mentre nei prossimi giorni pubblicheremo la nostra videointervista esclusiva con il grande regista.

Tu ami il teatro. C’è in tutti i tuoi film. Quando te ne sei innamorato?

Gilliam: Non ho mai amato il teatro! [ride] Amo il cinema… La gente pensa che il cinema sia reale, e così io metto riferimenti al teatro nei miei film per dire che è tutto un artificio. Il cinema è percepito da tutti come qualcosa di molto realistico che comunica la verità, io sottolinearne l’artificio.

Terry Gilliam non ama prendersi sul serio. Quand’è stata la prima volta che hai capito cos’è il cinema, che lo hai appreso?

Gilliam: Mai andato alla scuola di cinema. Ho imparato tutto ciò che sapevo guardando film. È un processo lungo e difficile, a volte divertente. Devi avere soldi e pazienza. Buona parte del tempo la impieghi a raccogliere i soldi per realizzare i miei piccoli sogni. Il mondo in cui viviamo ora permette di fare piccoli film con grande facilità. Ma io amo fare i grandi film per il grande schermo, con l’iPhone si fanno cose molto diverse, è bello giocarci, continuate a giocarci perché è un gran bel modo di iniziare.

Vi dirò la mia storia. Non sapevo come iniziare, volevo fare il regista e così mi trasferii a Hollywood, anche se la odiavo. Facevo il fumettista, è più facile avere soldi in quel modo e rimanere proprietari dei propri lavori. Poi iniziammo a fare dei corti di pochi minuti con una bolex, erano orribili. Era come usare l’iphone: si facevano film brutti ma era un ottimo modo per iniziare. Poi andai a Londra, incontrai cinque comici con cui fondai i Monty Phyton e iniziammo ad avere successo. Io e Terry Jones iniziammo a dirigere film, misero i nostri nomi nei titoli di coda e così noi, vedendo i nostri nomi nei crediti finali, ci convincemmo di essere veramente dei registi! La gente ora ci crede. È così che si inizia! Iniziano a pensare che sei un regista quando sei nei titoli di coda.

Pecorini: se volete lavorare nel cinema, la realtà è che in 40 anni di mestiere ho visto le migliori energie sprecate per arrivare a fare un film, e poi quando lo fai hai esaurito tutte le forze. L’energia spesa per essere presi sul serio è così tanta che poi quando finalmente fai i tuoi film sei svuotato. Non so quale sia il segreto, oggi come oggi ci sono tante possibilità come il crowdfunding, un nostro amico ha appena raggiunto i 50mila dollari per girare il suo film. Se mai vi capitasse di iniziare questa carriera tenete energia da parte perché è uno dei pericoli più grossi.

Gilliam: Nicola stava dando un consiglio a me, non a voi, mi sa.

Nicola, Terry che tipo di regista è? Riesce a mantenere una certa distanza dal progetto per poi dedicarsi al meglio durante le riprese?

Pecorini: Io trovo che sia difficilissimo distanziarsi dal progetto mentre cerchi finanziamenti. Se non hai una figura di produttore vecchio stampo, che non guarda solo ai soldi ma ama il cinema, si rischia di dover fare il doppio lavoro. Serve un produttore che ti salva il culo. Dipende anche da quanta energia hai in partenza: Terry è matto come un cavallo. Ricordo che quando preparavamo i Fratelli Grimm la diatriba coi Weinstein era tanta e tale che lui arrivava alla mattina morto perché la notte perdeva le ore a discutere con loro sulle cose più stupide. E se la testa del pesce non funziona, anche il resto non va, cioè la troupe e gli altri.

Molti registi devono fare una scelta: vuoi fare il film che vuoi fare o vuoi fare il film che ti darà il successo necessario per fare il film che vuoi fare?

Gilliam: Molti registi devono fare una scelta: vuoi fare il film che vuoi fare o vuoi fare il film che ti darà il successo necessario per fare il film che vuoi fare? Molti registi hanno iniziato con il loro film ma poi sono scesi a compromessi e hanno avuto successo. Ma ci sono tantissimi, troppi registi che continuano a scendere compromessi con gli studios, e quando hanno finalmente successo non hanno più la possibilità di fare il film che volevano fare perché LORO si sono compromessi, sono corrotti. Devi decidere subito se vuoi fare il regista da ingaggio e fare un sacco di soldi oppure fare il regista che vuole esprimere quello che vuole, lavorando sodo e ottenendo maggiore soddisfazione personale.

Hai sempre il final cut?

Gilliam: sempre.

Lo metti nel contratto?

Gilliam: Non sempre. [ridono] Ci sono molti modi per ottenere il final cut.

Diccene alcuni.

Gilliam: Normalmente si scrive tutto. Un paio di volte a Hollywood non avevamo ufficializzato il mio final cut, ma c’era un “documento segreto”… [ride]

Tornando alla tua storia: stavi negli USA, eri un cartoonist, collaboravi con la rivista MAD. Poi incontrasti John Cleese e realizzaste insieme un fotoromanzo surrealista, un borgese che si innamora di una bambola. Come nacque quell’incontro?

Gilliam: Sono un “visionario”! [ride] Nel fotoromanzo John si innamora della barbie di sua figlia e ci fa sesso in qualche modo (era off camera, non so come abbia fatto!). Ne emergeva un personaggio felice ma era confuso. Dopo 4 mogli bionde come Barbie sembra che John stia ancora cercando quella Barbie….

Parlando seriamente: c’era questo nuovo comedy goup, i Cambridge Comedy, del quale facevano parte Chapman e Cleese. Loro erano disposti a lavorare per soli 15 dollari: gli offrii 15 dollari e lui disse “sì, parteciperò al fotoromanzo”. Due anni dopo quando andai in inghilterra lui era famosissimo in televisione con i Monty Python e iniziammo a lavorare insieme.

Tu arrivasti in inghilterra un po’ scannato, senza una lira, senza una idea precisa. Lo chiamasti e gli chiedesti una mano alla BBC?

Gilliam: È più complicato. Mi trasferii con una ragazza, quindi non ero solo! Facevo fumetti per dei magazine, John faceva televisione. Alla fine decisi di lasciare i magazine e chiamai lui, che mi presentò un produttore tv che faceva un programma con loro. Il produttore era un cartoonist come me e mi chiese di scrivere alcune cose per loro e fare animazioni. In questi casi la pazienza è importantissima. Non andai a Londra con un lavoro sicuro: bussai a mille porte e alla fine trovai il lavoro giusto. Bisogna avere pazienza.

Nicola, com’è lavorare con Terry?

In media i registi hanno un ego smisurato, una cosa brutta, sono innamorati di se stessi, al di là dell’onanismo. È un fattore comune. Lui no

Pecorini: liberatorio. In media i registi hanno un ego smisurato, una cosa brutta, sono innamorati di se stessi, al di là dell’onanismo. È un fattore comune. Lui no. Nel senso che non è che non abbia ego, ma la mattina lo lascia a casa, quando arriva è la persona più aperta alla collaborazione che abbia mai avuto la fortuna di incontrare. In Paura e Delirio a Las Vegas ci sono delle scene realizzate con idee nate da chi faceva il catering, quello che ci portava le bibite. Per lui una buona idea è una buona idea. In questo modo chiunque si sente libero di dire la sua. Poi se è una cazzata lui è il primo a dirlo. Ma se è intelligente la prende, la sviluppa. È una cosa molto rara: il più delle volte i registi prendono le tue idee di nascosto per venderle come loro. Devi parlarci di nascosto. Questa cosa di dire “il film è di tutti noi” fa sentire inclusa tutta la tua troupe, che si sente coinvolta, dà di più, si sente valorizzata. È difficile che questo capiti con gli altri.

Che cosa successe veramente con I Fratelli Grimm?

Pecorini: È una lunghissima storia, dovremmo analizzare come era nato il film, perché i Weinstein vennero coinvolti. Fondamentalmente loro sono entrati a bordo dopo che eravamo già partiti, perché c’era Matt Damon. Noi volevamo fare un film di paura, loro volevano un film romantico. Testa contro testa, e dopo un mese di riprese hanno deciso che se toglievano le persone chiave a Terry lo avrebbero controllato meglio. Mi hanno allontanato ed è stata una cosa molto penosa.

Gilliam: Una situazione in cui è bene non immischiarsi: produttori che vogliono controllare l’incontrollabile, cioè me. Girare un film è un lavoro di gruppo. Bisogna rispettare le persone che lavorano a un film, è l’unico modo per creare una buona atmosfera. La democrazia funziona anche in questo sistema antidemocratico che è il cinema. Il film non è fatto da una sola persona. Quando si fa un film, il film stesso è dio, chiunque cerchi di intralciare la sua realizzzione va licenziato, anche se è il regista.

Hai mai avuto una troupe contro?

Gilliam: No. I produttori a volte. Una volte un attore si è rifiutato di scaccolarsi in una scena. Il suo nome non esiste più, è stato cancellato dalla storia del cinema! Io penso che il film a un certo punto si faccia da solo, c’è una comunità di lavoratori che mette insieme idee, e il film arriva a costruirsi da solo. In The Zero Theorem c’è una canzone, una rivisitazione di Creep dei Radiohead. L’avevamo messa in sottofondo durante le riprese che abbiamo effettuato prima delle riprese principali. Era una scena che andava inserita nel sito porno che vediamo nel film: l’uomo incaricato di mettere la musica mise Creep, che era l’unica con cui Melanie Thierry si sentiva a suo agio in quella scena. E così è diventata il tema dell’amore. Inizialmente il film finiva in un altro modo, un happy ending orribile. Il finale definitivo, sulla spiaggia con cui Qohen si rende conto di avere dignità e il controllo sul mondo virtuale che lo circonda, ha questa musica come sottofondo. Appena iniziammo a missare il film sentii di nuovo questa canzone sentii il testo con precisione e mi resi conto che era perfetto per il film. “Io sono un tipo strano, non appartengo a questo mondo”: non me n’ero nemmeno reso conto! È per questo che dico che il film si fa da solo, ci sono cose che nascono nel processo di creazione. Ed è per questo che il film ha avuto un successo straordinario in tutto il mondo. Ed è per questo che non lo vedrete in Italia. [ridono]

Domanda del pubblico: Dopo la proiezione a Venezia avevi affermato che il futuro ci ha reso prigionieri. È una critica al progressismo o una presa di coscienza?

Gilliam: Il mondo è quello che è. Va in direzioni imprevedibili. Dobbiamo essere consapevoli di quello che succede e accettare questa direzione e sopravvivere, andare in quella direzione.

Domanda del pubblico: Sono cresciuta con i tuoi film: Le Avventure del Barone di Munchausen, I Banditi del Tempo. Lì al centro c’erano i bambini. Poi, con Brazil, è stato come crescere. Un film recente, Tideland, parla di nuovo di una Bambina. Cosa significa parlare attraverso gli occhi di un bambino, e lavorare con bambini?

Gilliam: I bambini e i pazzi vedono il mondo con occhi molto grandi e chiari, più liberamente, lo vedono nel modo giusto. Fermano i limiti che il mondo stesso ci impone ogni giorno. Loro lo vedono con costante sorpresa, senza intermediari come i media e la società. In Tideland il mondo non è per forza un bel posto, è pericoloso. La domanda è come si sopravvive, e la bambina ce la fa. I bambini sono fortissimi: tutti dicono che sono vittime e sono vulnerabili. Ma i bambini sono progettati per cadere. Non si rompono, rimbalzano.

Domanda del Pubblico: C’è un film per il quale hai sacrificato tutto della sua vita?

Gilliam: [ride istericamente] Quanti anni per Don Chisciotte… almeno 10, 12 anni. La mia vita è breve, e non mi restano molti anni di vita, spero di finirlo in tempo.

Domanda del Pubblico: Vorrei fare il regista o comunque il narratore di arti visive. Intanto grazie perché sei una fonte di ispirazione. Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Gilliam: Il sole, ma anche i fiori, il sesso… no quello no perché voglio vivere ancora qualche anno! No ok, in realtà i libri. La letteratura è piena di idee. E poi quello che mi circonda. Quello che è bello mi ispira, ma anche alcune cose brutte. Le cose mediocri e noiose non mi ispirano.

Domanda del Pubblico: Cosa ne pensi di La Jetée di Chris Marker, e quale rapporto avevi con Robin Williams?

Gilliam: La Jetée è un corto straordinario, chi vuole fare cinema o fotografia deve vederlo. Quando abbiamo fatto L’Esercito delle 12 Scimmie avevo visto quel film una sola volta, 40 anni fa. Volevamo scrivere nei titoli di testa che ci eravamo ispirati a esso, e così abbiamo dovuto combattere con la WGA perché non sapevano come mettere “ispirato”, potevano mettere solo “basato”. È un film che si ricorda, io lo ricordo da quando lo vidi 45 anni fa.

 

https://www.youtube.com/watch?v=rzM21ygN-tg

 

Il rapporto con Robin. Ci sono poche persone che definisco meravigliose e ricche di immaginazione e Robin era uno di loro. Poteva prendere tutta l’informazione presente nel mondo e trasformarla in una battuta, in uno scherzo. Se volete vedere il vero robin williams guardate il re pescatore, rappresenta il vero robin williams. Da il meglio di se stesso.

 

 

Domanda del Pubblico: Qual è la filosofia che ti ispira?

Gilliam: Cerco di non pensare a una filosofia in particolare. Islam, Indu, Cristianesimo… sono forme diverse di guardare il mondo. Cerco di non intellettualizzare il mondo. Sono cresciuto, da americano, con la convinzione di poter diventare Presidente, se lo voglio. Gli americani vengono allenati a pensarla così. Sono nato nel Midwest: lì c’è un’etica del lavoro, perché siamo protestanti. Ma poi sono diventato meno ottimista, più cinico: più europeo e cattolico! Ma in realtà non so bene cosa sono, in generale mi sento abbastanza fottuto.

Domanda del Pubblico: Come si relaziona la tua vita al mondo dei fumetti, sei un nerd? Come avresti portato sul grande schermo Watchmen di Alan Moore?

Gilliam: Hanno fatto un grandissimo film, non si rifanno questi film. Non sono un nerd, sono curioso di tutto e internet mi piace tantissimo, è utile per esplorare. Watchmen è stato fatto e non verrà rifatto. Comunque il fumetto era meglio!

Domanda del Pubblico: Come regista hai dovuto affrontare sfide incredibili, la più grande è Lost in La Mancha. Sono sfide che abbiamo visto sullo schermo. C’è una sfida che non abbiamo visto?

Gilliam: Penso sia abbastanza quello che avete visto! Tutti i registi hanno i miei problemi, nel mio caso ci hanno fatto su dei documentari e dei libri. Nel caso di Parnassus, dopo la morte di Heath Ledger, mia figlia e Nicola mi hanno convinto a trovare una soluzione. Fosse stato per me non l’avrei fatto. È importante chi ti circonda, circondarsi di persone positive ma anche che non hanno paura di dire ciò che pensano. Non vuoi degli Yes Men intorno, serve gente che ti aiuti e ti dia una svegliata, uno stimolo.

Domanda Pubblico: è stato più difficile convincere Depp a fare un ruolo come il suo o gestire Del Toro in Paura e Delirio a Las Vegas?

Gilliam: Non ero il regista originario, doveva dirigerlo Alex Cox. Johnny e Benicio erano giò coinvolti. Poi quell’uomo è impazzito ed è stato licenziato. Cercavano un regista in grado di farlo: dissi di sì perché volevo lavorare con quei due. Non ho convinto nessuno a farlo, hanno coinvolto loro me.

Domanda del Pubblico: qual è il senso della vita?

Gilliam: Se credi a Douglas Adams, è 42!