Ospite d’onore con l’onere di inaugurare l’edizione numero undici del Lucca Film Festival, Terry Gilliam si è presentato in Toscana con la sua consueta simpatia e capacità di comunicare senza la minima pretenziosità. BadTaste.it ha avuto la possibilità di una chiacchierata un po’ folle con il grande genio visionario ex Monty Python autore di capolavori della settima arte come I banditi del tempo (1981), Brazil (1985) e L’esercito delle 12 scimmie (1995). Abbiamo trovato Mr. Gilliam molto arzillo dopo una lezione di cinema presso il Teatro del Giglio popolata da giovani appassionati del suo cinema.

La nostra intervista è volutamente caotica e anarchica con alcuni aggiornamenti indispensabili sul tormentato progetto L’uomo che uccise Don Chisciotte (il film che Terry Gilliam cerca di realizzare dal lontano 2000 al centro del documentario tragicomico Lost in La Mancha, N.d.R.), l’ultimo spettacolo dal vivo Monty Python Live (mostly), sue piccole e grandi idiosincrasie, speranze e ossessioni.

Se non credete che l’intervista sia finita veramente così… date un’occhiata al video integrale in fondo alla pagina!

Nota: un ulteriore profilo del regista, assieme ad altri scatti fotografici, usciranno sul primo numero cartaceo della rivista Positive Magazine.

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Siamo qui con Terry Gilliam, il quale conosce ormai bene l’italiano ma si rifiuta di parlarlo. Perché?
(in italiano) Perché quando io parlo in italiano, parlo come un bambino. Un bambino stupido. (in inglese) Allora è meglio che io parli in inglese.

Ok. Siamo appena reduci da una lezione di cinema molto bella tenuta da Mr. Gilliam qui al Lucca Film Festival davanti a molti ragazzi…
E anche ragazze…

E anche ragazze, ovviamente. Le ragazze sono ammesse. Ieri sera mentre eravamo a cena hai detto una cosa che mi ha incuriosito e cioè che oggi come oggi passi circa 10-12 ore al giorno davanti al computer. Mi chiedo… a fare che? A parte il porno?
I restanti quindici minuti… controllo le mail. Come sono le statistiche ora? Il porno è l’80% di utilizzo del web no?

Terry Gilliam - © Andrea Francesco Berni

Terry Gilliam – © Andrea Francesco Berni

Confermo…
Sfortunatamente, oppure no, sono vecchio e quindi ho meno bisogno del porno rispetto a quando ero giovane. Più che altro mando mail, ho a che fare con i produttori, i finanziatori, il mio agente, avvocati. Molto del tempo lo passo così. Poi… quando lavoro a un film come sto cercando di fare in questo momento, utilizzo Google Earth per cercare location giuste e quindi esploro il mondo. Quando mi dicono che staremo attorno a un raggio di un’ora di tempo da Madrid… allora mi metto a cercare tra i paesini all’interno di quel raggio. La cosa bella di Google Earth è che quando trovi qualcosa di interessante puoi subito fotografarla. Mi ricordo che due anni fa stavamo lavorando, ancora una volta, a L’uomo che uccise Don Chisciotte e stavamo facendo scouting in Almeria (mitica zona spagnola dove Leone girava i suoi Spaghetti Western e Ridley Scott ha lavorato a Exodus, N.d.R.). Io facevo impazzire i miei collaboratori scout della produzione perché scovavo dei posti che nemmeno loro riuscivano a trovare.

Cercare le location fisicamente diventa meno necessario così?
E’ sempre necessario. Ma in quel modo puoi scoprire molte cose. Se ci troviamo ad avere solo 4 giorni per cercare dei luoghi io posso dire, grazie a Google Earth: “Ok ragazzi, andiamo qui, qui e qua”. Si risparmia tempo.

A proposito di web, sei interessato a lavorare con le nuove tecnologie? Una web series, ad esempio? Qualcosa su cui avere il controllo totale ma che venga visto su un supporto meno grande rispetto allo schermo di un cinema?
C’è la mia pagina Facebook per questo. Mi occupo molto della mia pagina. Ogni cosa che vedi su quella bacheca… è fatta da me personalmente. Per il resto… no. Non sono molto interessato. Quello che mi piace molto di Facebook è che quando mi viene un’idea scema, la posso realizzare molto velocemente e poi pubblicarla per un pubblico di qualche migliaia di persone. Non è male, se ci pensi. Però lo trovo un piacere troppo effimero. Io voglio sempre fare qualcosa che rimanga. Sono molto protestante da questo punto di vista. Voglio lavorare e creare cose che possano esistere quando sarò morto. Ho bisogno di monumenti.

Una serie web potrebbe anche rimanere nel tempo, no?
Sì, lo so. Ma sono troppo vecchio per queste cose. La mia mente ragiona ancora a 35mm e in pellicola. Grandi schermi. Anche se non riesco più ad andare troppo al cinema. Quando arriva dicembre e ci sono gli screening per i membri dell’Academy Award… è in quel caso che vedo la maggior parte dei film di un preciso anno cinematografico. Quando mi rendo conto che un certo film richiede di essere visto su grande schermo… allora lo vado a vedere al cinema. A casa ho un televisore da 52 inches (130 cm) ed è abbastanza grande. Eppure non è la stessa esperienza in relazione al rapporto di grandezza tra me e lo schermo dentro un cinema. Se vedo la televisione a casa e mi avvicino molto allo schermo… riesco quasi a ricreare l’effetto cinematografico ma… c’è sempre una grande differenza.

Terry Gilliam - © Andrea Francesco Berni

Terry Gilliam – © Andrea Francesco Berni

Parlando di rapporti di grandezza. Il tuo nome può essere ancora un nome possibile per un gigantesco blockbuster tratto dai fumetti?
Sono sempre meno interessato perché quando vedo il lavoro della Marvel… mi rendo conto che tecnicamente sono film fatti molto bene, se ti piacciono i fumetti, ma stanno diventando anche molto ripetitivi. Il primo Iron Man (2008) era eccitante… il secondo no. Il primo Pirati dei Caraibi (La maledizione della prima luna, 2003) era interessante. Pirati dei Caraibi 23… non è interessante. Sono film guidati da importanti budget e molta tecnologia che costa. Più soldi spendi, meno controllo hai sull’opera. Quindi adesso io mi trovo più a mio agio a lavorare con budget non così imponenti.

Non ti interesserebbe un superhero movie nemmeno in chiave revisionista come Super (2010) di James Gunn o, in un certo senso, anche Birdman di Iñárritu?
Quando ero giovane tutto quello che volevo fare era… realizzare film tratti dai fumetti e superhero movie. Ora che questa cosa la stanno facendo tutti… non li voglio fare più. È perverso, lo so, ma se tutti vanno in una direzione… io vado in un’altra. È semplice.

Parlando dello show visto dal vivo (con il collega Andrea Bedeschi, N.d.R.) alla O2 Arena l’estate scorsa Monty Python Live (mostly)… ho sentito la mancanza di materiale nuovo. Questo perché sono un fan pervertito. Una domanda adesso, però, da giornalista: c’è mai stata una fase del progetto in cui avete ragionato con gli altri Monty Python (John Cleese, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin, N.d.R.) sulla possibilità di scegliere tra fare uno spettacolo con materiale nuovo o solo con quello di repertorio come poi avete scelto di fare?
Tutta l’idea dello spettacolo è stata una situazione strana e sorprendente. Era vero che non volevamo tornare a lavorare insieme ma… siamo stati coinvolti in un processo riguardo Monty Python and the Holy Grail (1975) in relazione al musical Spamalot (2004) e… abbiamo perso quel processo (il produttore di Monty Python and the Holy Grail Mark Forstater ha citato in giudizio i Python perché non soddisfatto della sua parte di dividendi degli incassi del musical ispirato al film del 1975, N.d.R.). Abbiamo dovuto pagare molti soldi, circa 1 milione di sterline. All’improvviso… tutti noi abbiamo avuto bisogno di soldi. E poi… John Cleese ha dovuto affrontare un altro divorzio e Terry Jones ha avuto problemi con l’oneroso mutuo sulla sua casa. E’ tutto genuinamente vero. Allora ci siamo riuniti e detti: “Abbiamo un problema”. All’inizio avevamo deciso di fare solo uno show ma, come è noto, 16 mila biglietti sono stati venduti in soli 43 secondi. A quel punto abbiamo deciso di fare altri spettacoli e vedevamo che continuavano a vendere benissimo. E così siamo finiti a fare 10 serate. E’ stato un grande successo. A causa della decisione finale sulle dieci serate abbiamo deciso di spendere molti soldi per le scenografie.

È perverso, lo so, ma se tutti vanno in una direzione… io vado in un’altra. È semplice

Il palcoscenico, il sipario, il rosso accesso da music hall era molto convincente…
Siamo stati costretti a fare ciò da quei 16 mila prenotati. La O2 Arena ne contiene anche di più ma con quel numero di spettatori avevamo bisogno di proporre un grande teatro vittoriano pieno di colori e la cosa ha funzionato. Bisogna anche dire che abbiamo avuto solo una settimana per fare le prove. Eric Idle si è occupato della sceneggiatura scegliendo gli sketch del Flying Circus (la trasmissione comica della BBC che impone i Monty Python formata da 45 puntate dal 1969 al 1974) e mettendoli insieme. Ha aggiunto un paio di canzoni… ed ecco fatto. Quello che mi ha colpito è che mentre preparavamo lo show e mentre lo facevamo era effettivamente tornato un sentimento di cameratismo molto forte tra noi cinque. C’era quasi la voglia di fare altre cose insieme. Ma appena è finito l’ultimo spettacolo dell’ultima data… siamo tutti scomparsi l’uno nei confronti dell’altro.

Quindi dobbiamo solo rimettervi a forza dentro una stanza o su un palcoscenico…
Oppure dovete far fallire un altro matrimonio di John Cleese. Dovete trovare anche qualcun altro che ci faccia una causa milionaria che ci faccia perdere molti soldi.

Andrea (Francesco Berni in quel momento dietro l’obiettivo della Canon che riprende l’intervista, N.d.R.) può occuparsi della causa mentre io posso chiamare mia madre per la faccenda di John Cleese. E’ ancora molto bella. Allora è proprio impossibile sognare, desiderare o semplicemente volere di nuovo i Monty Python insieme?
Penso che sia più salutare non farlo. Mettete da parte i vostri sogni perché noi non stiamo sognando questo ritorno. Per cui non dovreste farlo nemmeno voi.

Ok. Speriamo sempre che prima o poi tu riesca a uccidere Don Chisciotte. Ci aggiorni sul progetto?
Avrei voluto dire qualcosa di bello oggi a riguardo ma quando mi sono alzato stamattina (lunedì 16 marzo, 2015, N.d.R.) ho ricevuto una mail che è un’altra buca sulla strada. Il percorso che ci sta conducendo al film è pieno di sali e scendi.

Questa mattina?
Sì, questa mattina è arrivato un altro momento brutto per cui non voglio dire niente perché questi momenti mi fanno impazzire, mi deprimono e mi fanno perdere sicurezza in me e nel progetto. Magari questo pomeriggio, o stasera, questa buca nella strada verrà riparata. Non lo so. E’ un lungo e difficile processo fare il film. Abbiamo gli attori, abbiamo parte dei soldi, abbiamo due o tre elementi chiave della troupe come Nicola Pecorini (il suo amato direttore della fotografia italiano fin dal 1998 di Paura e delirio a Las Vegas, N.d.R.) ma è ancora sempre come se ci mancasse un pezzettino del puzzle. Non voglio aggiungere altro se non… ci sto lavorando e il mio piano è iniziare le riprese quest’anno. Tu hai il sogno di uno nuovo lavoro dei Python. Il mio sogno è girare Don Chisciotte a settembre del 2015.

Terry Gilliam - © Andrea Francesco Berni

Terry Gilliam – © Andrea Francesco Berni

E’ anche il mio sogno. Posso averne tanti. Anche sessuali a differenza di Mr. Gilliam, il quale ci ha detto che no… lui niente da quel punto di vista…
Sono un prete da quel punto di vista. Sono diventato un prete cattolico. Però vorrei avvertirvi che non ho brutte intenzioni nei confronti dei ragazzini. Quindi quando dico che sono diventato un prete cattolico, mi riferisco di più a quei preti del Medioevo che al massimo avevano esperienze sessuali con le suore. Non come quelli di adesso che sembrano concentrarsi di più sui ragazzini.

Due mesi fa un mio caro amico mi ha fatto un regalo splendido. La sceneggiatura de L’uomo che uccise Don Chisciotte scritta da Tony Grisoni e Terry Gilliam…
Davvero?

Sì. Mi è piaciuto molto il protagonista Toby. Un genio della pubblicità che si trova in Spagna e che un po’… mi ha ricordato proprio te.
Interessante. Più siamo andati avanti con le stesure più il progetto è diventato sempre più autobiografico. Io non so che versione hai letto. L’ho riscritto in continuazione. Che versione era?

Era impaginata in un quadernino marrone…
C’era una brochure con dei disegni?

Sì…
Allora è la brochure che abbiamo preparato per possibili investitori. E’ abbastanza fresca la sceneggiatura. E’ quella dell’anno scorso.

Mi è piaciuta molto. E’ una buona sceneggiatura.
È vero. E’ una buona sceneggiatura. E’ un film sul pericolo del cinema. Toby va in un villaggio, vuole persone locali per il suo film ed eccolo rovinare le loro vite.

Toby usava, quando era un giovane filmmaker idealista, la stessa macchina da presa che usavi tu negli Stati Uniti da giovane per fare i tuoi piccoli primi corti. La Bolex. Giusto?
Giusto. Una Bolex, 16mm. Ogni volta che rimettiamo le mani sulla sceneggiatura diventa sempre più autobiografica e sono riuscito ad includere cose che mi sono capitate nei miei anni da regista. Effettivamente dovrei finalmente fare questo film anche solo per finire quella che è diventata, ormai, la mia autobiografia.

Quello che mi sembra interessante del progetto è questa tua coerente attenzione ad avere un rapporto critico nei confronti del tuo protagonista. Un aspetto che spesso non trovo in altri film. Invece tu mi hai insegnato sempre, fin dai tempi di Brazil e I banditi del tempo, che si può avere uno sguardo critico anche nei confronti dell’eroe di un film. Infatti non dobbiamo dimenticare che il film non sarà su Don Chisciotte ma sull’uomo che uccise Don Chisiottte. Sull’uomo che uccise il romanzo e la speranza, in un certo senso…
Sì. E’ vero. Io ho sempre pensato che la pubblicità stia facendo proprio questo. Ogni volta che vedo della pubblicità in televisione vedo queste immagini da sogno che non hanno alcun significato perché sono strumentali solo per vendere cibo per cani o carta igienica. Io penso invece che se debba esistere una splendida immagine… io voglio che sia pura. La pubblicità è invece corruttrice.

Le persone perdono la vita per comprare oggetti che poi rendono la loro vita miserabile

E ti segue e insegue fino a casa come in The Zero Theorem. Ti vuole parlare a tuti i costi!
Certo. Ti vogliono far desiderare qualcosa, Ti vogliono trasformare in un nevrotico il quale non potrebbe più vivere senza quel tipo speciale di carta igienica. Una nuova macchina? Ma certo. Potrei avere una ragazza così. Sono tutte stronzate e sono tutte pubblicità. Vogliono solo prendere i vostri soldi. Viviamo in un mondo pieno di cose. Non mi fraintendete: io adoro le cose. E adoro le cose che sono fatte bene. Ma quando il bisogno di averle ti porta a vendere i tuoi figli per esperimenti medici per avere una nuova macchina… allora tutto diventa sbagliato.

Come ne Il senso della vita dei Monty Python. Come la famiglia troppo numerosa di cattolici dello Yorkshire?
Esattamente! Le persone perdono la vita per comprare oggetti che poi rendono la loro vita miserabile. All’inizio non avevo molti soldi e adesso sì. Non posso considerarmi ricco ma sicuramente sono molto benestante. Non ho mai avuto dei debiti. Non ho mai speso più soldi di quelli che avessi. La macchina di mia figlia è adesso diventata la mia macchina perché lei non la usa più. Questo mio pragmatismo mi ha sempre dato la libertà di vivere come volessi senza mai trovarmi nella condizione di dover uscire da una situazione di debiti. C’è un cantante di nome Tennessee Ernie Ford che mi ha insegnato tutto dal punto di vista finanziario con la canzone Sixteen Tons. Lui cantava così: “Carichi 16 tonnellate e cosa ottieni? Sei di un giorno più vecchio e i debiti sono aumentati. San Pietro non chiamarmi [in cielo] perché non posso andarmene. Devo la mia anima al deposito dell’azienda” (all’improvviso va via la luce e l’intervista si conclude in un modo un po’ pazzo con Terry Gilliam che insulta BadTaste.it per non avere i soldi per un impianto luci accettabile)