Dopo il trionfo Oscar del 2006 con Crash: Contatto Fisico (Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Originale ), il canadese Paul Haggis ha deciso di inseguire progetti molto rischiosi e personali. Prima l’action thriller con venature gialle The Next Three Days (2010) e ora il folle e visionario dramma adulto Third Person, al cui confronto il precedente film con Russell Crowe ed Elizabeth Banks assume i connotati del blockbuster di grande accessibilità. Third Person racconta tre storie collegate tra loro: un famoso scrittore americano in trasferta a Parigi dove incontra la sua giovane amante anche lei aspirante scrittrice (Liam Neeson e Olivia Wilde), un ambiguo businessman americano a Roma invaghitosi di una rom (Adrien Brody e Moran Atias), una coppia separata di New York alle prese con la custodia del figlio piccolo con lui artista famoso e lei scapestrata donna delle pulizie (James Franco e Mila Kunis). Grande colpo di scena finale in cui viene svelato il collegamento tra le tre storie d’amore. Il film è stato un flop internazionale di proporzioni quasi bibliche. Il grande sceneggiatore di Casino Royale, The Million Dollar Baby, Lettere da Iwo Jima e autore dei copioni e regista di Crash: Contatto Fisico (2004) e Nella Valle di Elah (2007), ha incontrato la sua seconda debacle consecutiva dopo The Next Three Days (“solo” 67 milioni wordlwide nonostante Russell Crowe e Elizabeth Banks come leader del cast). Abbiamo avuto il piacere di parlare con questo avventuriero del linguaggio audiovisivo svezzatosi con serie tv pop come L’albero delle mele, Il mio amico Arnold, Avvocati a Los Angeles, Ez Streets e Walker Texas Ranger. Abbiamo chiacchierato con lui in relazione a un film, checché se ne pensi, assolutamente inusuale e originalissimo come Third Person.

Quello che BadTaste.it si è trovato davanti è un Paul Haggis calmo, sereno e… buona lettura!

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Il film sembra un progetto molto folle e personale. Come, dove, quando e perché è nata l’idea?

Ci sono molti punti di partenza per questo film. Quando ero un adolescente amavo i film della Nouvelle Vague e del cinema italiano dei ’60. Film che sollevavano più domande che dare risposte. Fellini, Antonioni, Truffaut, Godard, Buñuel. Registi incredibili che mi facevano esclamare: “Mio dio si possono raccontare storie in questo modo?”. Ero sconvolto. Oggi non facciamo più film così e io ho scientemente deciso di farne uno così. Quando abbiamo finito il mio penultimo film, The Next Three Days, Moran Atias, una delle attrici che faceva una piccola parte nel film e che conoscevo da prima per via del suo lavoro in televisione, mi cominciò a parlare di un soggetto lanciandomi delle idee per svilupparlo insieme. Era anche un po’ noiosa devo ammettere. Ma Moran è anche una donna bellissima, intelligente e così i nostri scambi sono diventati sempre più intensi. Un giorno mi ha detto: “Dovresti fare un film sull’amore… anzi sull’impossibilità dell’amore con più di un personaggio”. Io ho pensato che fosse una buona idea perché avevo già degli appunti su quell’argomento. Abbiamo cominciato a parlare del film così tanto che non ci siamo fermati più per due settimane di seguito. Parlavamo di storie d’amore… delle nostre relazioni private e scoprivamo di essere profondamente diversi come esseri umani. A forza di sviluppare queste tematiche, ci siamo resi conto che avevamo costruito un vero e proprio film. Lei è tornata a Los Angeles e io ho continuato a sviluppare quel soggetto trovandomi di fronte dei personaggi che scalciavano e necessitavano della mia attenzione. Allora ho deciso di scrivere un film il cui intento era quello di fingere di essere un film su tre storie d’amore e contemporaneamente sul processo creativo. Un film crudele sul processo creativo che rispondesse alle domande: chi uccidiamo, come autori, quando creiamo? Chi sacrifichiamo? E chi paga il prezzo per tutto questo? Il viaggio del personaggio dello scrittore interpretato da Liam Neeson è molto vicino al mio personale.

Francamente… è un dubbio che è venuto in mente anche a me conoscendo la sua carriera…

Ma non nel modo in cui si può facilmente pensare. Più dal punto di vista del processo creativo.

Noi italiani conosciamo bene Moran Atias non solo per quella cena tesissima, e molto bella, all’inizio del suo penultimo The Next Three Days ma anche per essere stata una strega per Dario Argento ne La Terza Madre (2007) e aver recitato nell’ultimo film di Monicelli Le rose del deserto (2006) e in una commedia a episodi dal titolo Oggi sposi (2009). L’aveva vista horror queen ne La terza madre di Argento?

Non l’ho mai visto quel film ma mi hanno detto che era divertente…

La relazione tra lei e Moran può essere in un certo senso accostata a quella di Liam Neeson e Olivia Wilde nel film?

E’ finita ad essere somigliante alla loro… sì. Ma alcune idee mi sono venute in mente durante un mio viaggio in Italia fatto 17 anni fa quando mi ossessionavano le zingare.

Le zingare?

Sì… le zingare. Le fissavo e pensavo: “Cosa si prova a essere una persona così?”. In questo modo sono venute fuori la storie tra Adrien Brody e Moran, Liam Neeson e Olivia Wilde e James Franco e Mila Kunis. Diversi aspetti dell’amore e diversi modi di amare le persone che io ho sperimentato sulla mia pelle. La storia di James Franco, per esempio, verte su un concetto interessante: “Cosa si prova a pensare di conoscere così bene una persona, e soprattutto gli aspetti che non ami di quella determinata persona, tanto da volerla portare a confessare tutto ciò che di brutto pensi di lei come se fosse una sorta di crudele espiazione? Come se potessimo avere uno specchio e costringessimo una persona a guardarsi dicendole: “Ecco chi sei!”. E una volta fatto questo… cosa riesci ad ottenere? E anche se tu dovessi avere ragione… comunque… cosa avresti ottenuto?

Mentre la storia d’amore tra Adrien Brody businessman americano e Moran Atias ambigua zingara… è esattamente il contrario, no?

Esattamente. La storia d’amore con la zingara è: “Cosa si proverebbe a credere totalmente in una persona a cui è impossibile credere?”. Tu sei un business man intelligente, di mondo, un uomo abituato ai sotterfugi e alle menzogne. Quindi sai che lei probabilmente ti sta mentendo… ma allo stesso tempo tu decidi di credere in lei anche se lei è la prima a non credere in se stessa. Possiamo dire che è l’amore. Oppure, come forma di domanda… è questo il vero amore? E’ qualcosa che ci trasforma? E’ qualcosa che ci cambia? Infine c’è la storia di Liam Neeson scrittore con la giovane pupilla Olivia Wilde. Lì la domanda è: “Se qualcuno apre totalmente il suo cuore a te? Se qualcuno decide di esporsi totalmente con te… cosa può succedere?”. Il personaggio di Liam sa tante cose private del personaggio di Olivia e potrebbe tradirla. E’ un brav’uomo? Sembra un brav’uomo perché ha lasciato la moglie e ora potrebbe iniziare una relazione sincera con lei. Lei, dall’altro canto, è pazza! Ma… se avesse ragione lei?

Mi piace tanto la crudeltà della creatività. Mi piace quando Liam Neeson è pronto a mettere tutte le informazioni che sa su Olivia Wilde nel suo nuovo romanzo. Ho pensato: “Chissà quante volte Mr. Haggis si è comportato così nei confronti di persone che conosceva e di cui ha sfruttato la vita, magari in sceneggiature di genere come anche Casino Royale, fino ad arrivare a progetti più personali come Crash e Nella valle di Elah…”. Ora mi posso togliere la soddisfazione di porre la domanda direttamente all’interessato: le è successo?

Tante, tante, tante volte…

Anche in lavori non particolarmente personali tipo Walker Texas Ranger?

Assolutamente. Anche in Walker Texas Ranger i personaggi dovevano essere credibili e quindi ho sempre attinto da persone che conoscevo bene. Enfatizzavo alcuni spunti delle loro vite e potevano diventare degli assassini ma se sei uno scrittore… devi capire le motivazioni anche di un assassino. Ho sempre “sfruttato” persone che ho conosciuto per i miei lavori. Quando ho scritto Nella Valle di Elah avevo a che fare con quella che noi chiamiamo “una storia vera” che ho dovuto rendere fiction in alcune parti. La prima cosa che ho chiesto è stato di incontrare il padre del soldato morto (Richard Davis, N.d.R.) nella realtà interpretato poi alla fine nel film da Tommy Lee Jones. Il padre, Lanny Davis, mi ha risposto: “No”. Mi disse: “Lei mi dirà cose che io non voglio ascoltare. Lei mi farà lacrimare ancora il cuore”. Insistetti che leggesse almeno la sceneggiatura. Lui lo fece, mi chiamò e mi disse: “Avevo ragione. Lei mi ha spezzato di nuovo il cuore. Non credo al suo finale”. Poi… dopo che vide il film… mi richiamò dicendomi: “Aveva ragione lei”. All’epoca imparai ancora una volta quanto fosse importante la crudeltà nel mio mestiere. Il personaggio di Liam Neeson deve prima essere crudele con se stesso e poi con gli altri. A me è successo tante volte.

third personQualche brutta conseguenza?

Sempre. Però posso dirti una cosa buffa?

Prego…

Molte delle persone che cito direttamente nei miei lavori… quando li vedono… si riconoscono, si arrabbiano con me e poi mi chiamano per dirmi: “Paul… avevi ragione. E’ andata proprio così”. Posso dire di non aver mai del tutto perso un amico per un mio film. Noi creativi siamo vampiri di emozioni. Le succhiamo via dalle persone.

Le è mai successo, come nel film, che un suo collaboratore intimo le abbia detto: “Paul… non fare questa cosa”?

No. E’ sempre stato un conflitto interiore dentro me stesso. Nel caso di Third Person posso dirti però che quando Moran ha visto il final cut si è arrabbiata con me perché ha trovato una sua frase di rabbia nei miei confronti di vita vera riversata nella sceneggiatura. Questa cosa lì per lì l’ha irritata ma, ripeto, questo è il mio lavoro. Io mi comporto così. E’ terribile? E’ il mio lavoro.

Mi dice la sua scena preferita del film?

Non c’è…

Sì che c’è. Io le dico la mia preferita e lei mi dice la sua…

Ma ti riferisci al momento preferito delle riprese?

Anche…

Ok… nel loft di James Franco… il confronto finale tra lui e Mila Kunis. Mi piace molto la scena di sesso tra Adrien Brody e Moran. Adesso dimmi la tua…

L’incontro tra Mila Kunis e Loan Chabanol nel bagno. Quando la Kunis le dice: “Mi piacerebbe che io e te fossimo amiche”. La trovo una battuta splendida da dire in quel momento a un’estranea…

E’ una scena che amo molto anch’io. E’ vero…

Arriviamo al cast. Come è riuscito a mettere in piedi un cast così largo e importante per un film così originale e pazzo?

Sono stato fortunato. Ho semplicemente chiesto a tutti quegli attori se avessero voluto lavorare con me… e mi hanno detto di sì. Sono tutti attori che giustamente chiedono salari molto alti. In questo caso… hanno tutti più che dimezzato il loro cachet. Il film ti sembra grande ma in realtà è piuttosto piccolo. Penso che mi abbiano detto di sì perché ho proposto loro dei ruoli inusuali che nessuno aveva chiesto loro di interpretare prima.

C’è Michael Margotta in un ruolo molto interessante. In Italia è un “dio” dell’acting coaching. Ma tutti sanno che recita pochissimo nonostante in carriera la tanta televisione fatta in gioventù e le apparizioni in Fragole e sangue (1970) e Nove settimane e mezzo (1986). Come l’ha convinto?

Non lo so! Moran aveva un suo contatto. Lui era il suo acting coach e una volta sono andato a una sua lezione. Fantastico. Semplicemente fantastico. Avevo per le mani un personaggio veramente difficile da interpretare come avrei voluto che fosse interpretato. Quando ho visto Margotta ho pensato: “Deve farlo lui!”. Moran mi ha aiutato a convincerlo. E’ stata strumentale per molti degli attori. Penso anche a Scamarcio. E’ stata lei a contattarlo. Riccardo penso che sia un genio.

Perché?

Perché ha voluto spingere sulla comicità a tutti i costi e probabilmente… ho pensato… nel cinema italiano non gli permettono di essere così scatenato…

Questo è vero. Lui era nato come sexy symbol bello & tenebroso. Ma ormai stiamo parlando di 8-10 anni fa. Adesso per me ha un potenziale enorme da caratterista comico. Anche Woody Allen l’ha utilizzato così in To Rome With Love e faceva morire dalle risate…

Sono totalmente d’accordo. Mi ricordo quella scena benissimo. Faceva il ladro seduttore, no? E’ vero. E’ un uomo dotato di un grande senso dell’umorismo e non ha paura di niente. Si lancia in una scena e dà tutto per far ridere ma rimane sempre credibile perché lui è il primo a crederci. Non sai quanto ho dovuto tagliare di quelle scene al bar con Moran e quanto mi è dispiaciuto perché al montaggio ridevo come un matto per tutte le stravaganze comiche di Riccardo. Forse gli spettatori italiani odieranno il film perché abbiamo giocato con Riccardo a un livello di paradosso espressivo veramente esasperato. Vorrei specificare: era assolutamente voluto.

Intende il tono volutamente romanzesco e parossistico delle storie?

Intendo… un punto di vista. Parliamoci chiaro: il film è una storia vista da un americano. E’ chiaro che l’Italia che tu vedi nel film ti fa ridere perché sei italiano. E’ voluto. E’ il modo in cui un americano, o un canadese, può vedere l’Italia.

Quanto ha tagliato complessivamente dal film?

Un’ora. Tante scene. Tante scene… che non avrei voluto assolutamente tagliare. Ma che ci posso fare? I distributori erano ferrei: volevano un film da due ore e un film da due ore ho dovuto consegnare loro.

Torno sul coraggio al limite dell’incoscienza dell’intera operazione. Lei è un regista di mondo, ben inserito nell’industria e di grande esperienza. Sapeva a cosa stava andando incontro? Qualcuno le ha detto mai: “Paul sei pazzo. Questo film è una follia”?

Certo che me lo hanno detto. Io so benissimo che molte persone hanno odiato e odieranno Third Person. Lo so benissimo. Lo sapevo. E’ stata dura fare questo film. E’ stato difficile trovare i finanziamenti, è stato difficile descrivere il film ai distributori internazionali… è stato tutto molto difficile. Ma non con gli attori. Con loro, ripeto, l’adesione è stata istantanea.

Ok. E ora? Cosa fa Paul Haggis dopo Third Person?

Devo dire che mi piacerebbe fare un altro film in Italia. Tornerei all’istante. Se devo parlare del presente posso dire che ho appena finito di girare una miniserie HBO dal titolo Show me a Hero che non mi vede tra gli sceneggiatori. Per la prima volta nella mia vita ho diretto qualcosa che non ho scritto…

E come è andata?

E’ stato fantastico. Mi sono trovato benissimo con colleghi scrittori della qualità di Lisa Belkin, David Simon, William F. Zorzi. Ora è il momento di pensare a un nuovo film…

Ultima domanda: il primo indelebile ricordo cinematografico? Il primo grande amore?

Mamma mia… con i miei genitori… Colazione da Tiffany (1961). Ma ricordo anche i western di John Ford visti alla tv, gli horror da Edgar Allan Poe con Vincent Price… e Hitchcock. Hitchcock mi sembra che ci sia sempre stato nella mia vita.

Una pura risposta alla Paul Haggis. Abbiamo nell’ordine come punti di riferimento: la Nouvelle Vague, il cinema italiano dei ’60, Blake Edwards, John Ford, Roger Corman e Alfred Hitchcock. Chi è Paul Haggis? Un uomo impossibile da definire?

(ride, N.d.R.) Un uomo libero. E un uomo felice.