Il giorno dopo il verdetto del 68° festival di Cannes regna il complottismo. Almeno nel nostro paese. I film francesi, che non hanno impressionato per nulla, sono stati i più premiati. Miglior attrice e miglior attore (Emmanuele Bercot e Vincent Lindon) oltre ovviamente alla Palma d’Oro andata a Dheepan di Jacques Audiard. Siccome i nostri film, nonostante un’ottima rappresentanza, non hanno preso premi comincia il grido verso l’ingiustizia. Il festival di Cannes come fossero i mondiali di calcio, come se la giuria fosse composta dai francesi, come se contassero le nazionalità e non gli autori, come se i giurati pesassero i paesi premiati invece che andare dove stanno le loro preferenze o il compromesso.

La verità è che quello di Cannes68 è stato un concorso molto debole, non in grado di impressionare, specchio di un’annata (per il festival) non memorabile, rialzata giusto dai fuori concorso hollywoodiani (Inside Out e Mad Max: Fury Road). Una in cui addirittura anche la Quinzaine des realisateurs, solitamente fucina di nuovi talenti, non ha mostrato nulla di veramente devastante ma si è fatta notare solo confermando il talento di Jeremy Saulnier (Green Room) e grazie al bel Mustang (un incredibile e durissimo teen movie alla turca) che uscirà con Lucky Red.

Inutile confrontare i propri a quelli dei giurati (ancora più stupido non considerare che magari i giurati hanno dovuto soprassedere anche i propri di gusti, per riuscire a trovare un accordo), tuttavia più di Dheepan sembrava opportuno dare la palma a Saul Fia, opera prima di Laszlo Nemes (invece vincitore del Gran premio della giuria), film davvero in grado di stupire e reinventare non solo un genere (i film sull’olocausto) ma anche un intero sguardo su quegli eventi. Sarebbe stata da palma anche l’operazione dolcemente cinefila di Todd Haynes con Carol, a metà tra cinema melò degli anni d’oro e linguaggio moderno. Addirittura un premio a Sicario, il film di Denis Villeneuve, non avrebbe stonato troppo.

Invece la giuria è riuscita a scontentare tutti. Non solo escludendo gli italiani (la stampa straniera era stupita e stranita quanto noi) ma anche assegnando a Hou Hsiao Hsien il premio per il miglior regista grazie ad un film formalissimo e traditore del suo genere come The assassin e consegnando senza un vero perchè il premio per la miglior sceneggiatura al terribile Chronic di Micheal Franco. Unici premi che vedono tutti d’accordo sono invece il Premio della Giuria a Lobster di Lanthimos, effettivamente in grado di aprire nuovi territori al cinema come quel premio riconosce, e l’onoreficenza a Victor Lindon come Miglior attore, davvero in grado di dare senso da solo ad un intero film.

Fa ridere dirlo a posteriori ma guardando l’elenco dei film non era semplice consegnare i premi. Cannes, qui sì un po’ di complottismo è autorizzato, ha selezionato più che altro produzioni e coproduzioni francesi (sono 9) e cinema americano (o con star americane) anche là dove non era il caso. Ha aperto con un dei film più brutti della manifestazione e ha incluso opere come Louder than bombs, Valley of love (francesi o coproduzioni francesi) e The sea of trees (hollywoodiano) che nemmeno questa giuria dei compromessi ha avuto il coraggio di premiare, opere che fossero passate in un festival italiano avrebbero fatto urlare alla piccineria e al provincialismo. L’errore forse era a monte e la strana premiazione ne è conseguenza.

Intanto nel nostro paese continuiamo a gridare allo scandalo, pretendendo che venisse premiato Nanni Moretti (già ampiamente onorato dal festival e con poche speranze in un’annata piena di buoni cineasti in attesa di consacrazione), Paolo Sorrentino (che ha spaccato in due chi ha visto il film, figuriamoci la giuria!) o Matteo Garrone (il cui bellissimo film è quanto di più lontano da un vincitore di festival). Nessuno che si interessi invece del vero scandalo, ma forse nessuno l’ha visto, ovvero l’inspiegabile esclusione di Roberto Minervini e di Lousiana dai premi della sezione Un certain regard. La sua proiezione è stata accolta benissimo, il suo talento è immenso (poco noto perchè poco commerciale, ma parliamo di uno dei registi che sta cambiando le regole e il linguaggio del cinema documentario, pura frontiera) e il suo film è bellissimo. Tra tutti gli italiani fuorigioco forse questo è il dispiacere più grande. Perchè Moretti, Sorrentino e Garrone non hanno bisogno di presentazioni, i loro film stanno piacendo un po’ a tutti dentro e fuori il nostro paese e non sarà certo la mancanza di premi a Cannes a fermare la loro corsa (ricordate cosa è successo con La Grande Bellezza che sempre nel festival francese non prese nulla no?). Invece Minervini forse aveva bisogno di una spinta in più perchè il suo immenso talento venisse notato.