In occasione della View Conference, evento dedicato al cinema d’animazione e agli effetti speciali che in questo giorno sta occupando il centro congressi Torino Incontra, nell’omonima città italiana, abbiamo potuto intervistare Jorge R. Gutierrez, regista de Il Libro della Vita.

Il regista messicano ha tenuto un interessante evento incentrato su di lui e sul suo lungometraggio nel quale ci ha raccontato la sua carriera, come ha deciso di non essere frenato da nessuno né dalle direttive di studi come la Dreamworks o la Disney, rimanendo sempre fedele a se stesso. “Non lasciate che gli altri vi definiscano, create la vostra storia facendo le vostre scelte. Come fa Manolo nel mio film. Lui è un personaggio autobiografico”. Alla fine dell’evento, per la prima volta in questa edizione del festival, il pubblico si è alzato in piedi per applaudirlo. Standing Ovation.

D: Uno dei temi principali trattati nel film, oltre l’esser padroni del proprio cammino (come hai ricordato nel tuo intervento) è la morte. Essendo un film d’animazione e di conseguenza diretto a un pubblico più giovane (per luogo comune), come hai lavorato al riguardo?
R:
Sono state tre le mie principali fonti di ispirazione: William Shakespeare con il suo Giulietta e Romeo, il famoso mito di Orfeo e una leggenda Maya che parla di un viaggio tenuto nel mondo dei morti. Tuttavia quella della morte è un’idea molto diffusa nel cinema d’animazione. Fin dagli esordi con Pinocchio e Bambi, ad esempio, dei Walt Disney Animation Studios l’hanno sfrutatto. Però, in quei film, viene vista come qualcosa di doloroso. Io, invece, volevo dare l’approccio opposto. Volevo mostrare ai bambini come questa strana cosa, tanto temuta, potesse invece celebrare la vita.

D: Uno dei punti di forza del film è il design. Che tipo di ricerca avete svolto per ottenere quel risultato molto particolare? A cosa vi siete ispirati?
R:
Guarda, il mio primo film al cinema fu proprio un film d’animazione. Stiamo parlando di Pinocchio. Lo vidi in sala con mio padre. Ed è stato proprio questo burattino di legno a ispirarmi per il design di questo film. Inoltre, molto è stato fatto anche dall’arte folkloristica messicana. Usano molto il legno intagliandolo in modo imperfetto e adoravo l’idea di mostrare qualcosa che si vedesse fosse stata realizzata dall’uomo, dalla sua mano.

D: Qualche anno fa furono annunciati ben due sequel per Il Libro della Vita. Da allora non ne abbiamo più sentito parlare. Come mai? Sono ancora in programma?
R:
Sì, tecnicamente sono ancora in produzione. L’idea originale, difatti, era quella di fare una trilogia. Il primo film dedicato a Manolo, il secondo a Joaquin e il terzo a Maria. Per realizzarli, però, ci vorrà del tempo. Al botteghino Il Libro della Vita non è andato male ma neanche benissimo. Al momento gli incassi non lo permettono però i guadagni che stanno arrivando grazie all’Home-Video sono promettenti.

D: Sappiamo che sei al lavoro anche su un altro film per la Real FX: “Untitle Kung Fu Space Western”. Puoi dirci qualcosa in al riguardo?
R:
Sì! Sarà un film davvero originale che unisce le mie più grandi passioni: il Kung Fu, lo Spazio e il Western. Sarà ambientato in Texas, fra il Messico e gli Stati Uniti, e vedrà come protagonisti due sceriffi di questi due paesi. Uno donna e uno uomo. Fra i due ci sarà una storia d’amore ma prima di farla nascere ci saranno molte discussioni e attriti fra i due che nasceranno da una loro forzata collaborazione, per risolvere un mistero. Il loro rapporto è una metafora del rapporto fra Messico e Stati Uniti oggi.

D: Com’è stato lavorare con Guillermo del Toro?
R:
Un sogno diventato reale. Lui è sempre stato il mio eroe. Ero impaurito da questa collaborazione, mi sembrava molto intimidatorio… e lo era! Si aspettava molto da me per due motivi: il primo è perché siamo entrambi messicani, il secondo perché in me rivedeva l’inizio della sua carriera e impiegava la durezza che avrebbe voluto gli fosse imposta al suo esordio.

D: Hai detto che come personaggio Manolo si ispira alla tua persona e che la tua famiglia è stata molto importante. Ci sono altri membri della tua famiglia che hanno ispirato agli characters?
R:
Sì, almeno tre. Mia moglie a Maria, mia madre alla madre di Manolo e mio padre a Xibalba.

D: Come è avvenuto il processo creativo del film?
R:
Ci siamo basati molto sullo scritto e sugli storyboard. Avevamo un budget molto basso. Io speravo in 200 milioni di dollari ma ne ho ottenuti solo 50, ahah! Così non abbiamo potuto sperimentare molto.

D: La tecnica che avete utilizzato, però, sembra molto particolare. In realtà è semplice CGI. Cosa puoi dirci al riguardo?
R:
Non è nulla di speciale. Avendo quel budget limitato abbiamo dovuto acquistare dei software per creare l’animazione in 3D, cosa che altri grandi studi non devono fare sviluppandone di propri. Quelli che abbiamo usato potrebbe acquistarli tutti. Questo, però, unito al design particolare è stato un punto di forza perché è stato realizzato qualcosa che non si era ancora visto sui grande schermi. Abbiamo sfruttato al meglio ciò che avevamo, usando un po’ di astuzia.

D: Qual è la situazione del mondo dell’animazione in Messico?
R:
Molto brutta. Sta crescendo ma molto lentamente. I tanti talenti che abbiamo scappano negli USA per lavorare, come ho fatto io del resto. Spero, tuttavia, che un giorno possano tornare per aiutare a decollare questo settore anche nel mio paese. Vorrei farlo anch’io.

gutierrez

 

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