Uno dei primi appuntamenti dell’Area Movie di Lucca Comics & Games 2015 è stato il panel intitolato “Fare Fantasy in Italia”, dedicato a Fantasticherie di un Passeggiatore Solitario, il film di Paolo Gaudio in uscita il 19 novembre nelle migliori sale cinematografiche.

Prima di parlarvi dell’incontro, al quale hanno partecipato il regista, Leonardo Cruciano di Makinarium (creatori degli effetti di film come Il Racconto dei Racconti e Ben Hur) e Dennis Cabella (di Illusion), moderato da Sara Sagrati, vi presentiamo in esclusiva il full trailer del film, che trovate qui sotto (cliccateci sopra per vederlo in HD):

 

 

L’Italia ha una notevole storia di cinema di genere, ma negli ultimi anni questa tradizione è andata perdendosi rispetto ai capolavori di registi come Mario Bava (che mescolava horror e fantasy)…

Gaudio – È proprio così. È quello che ho vissuto io crescendo in questo paese. Quando ero giovane il cinema di genere creava indotto, i film si producevano, c’erano capacità produttive, i registi facevano prodotti di cassetta. Poi il nostro cinema è diventato più d’autore: dopo gli anni ottanta abbiamo smesso di fare film di genere, e questi ultimi sono diventati i veri film d’autore. È un vero e proprio ossimoro: nel mondo i film di genere fanno staccare i biglietti, qui da noi l’opposto.

Paolo, sei nato in Calabria nel 1981, hai studiato a Roma, e dopo alcuni corti, hai esordito direttamente alla regia di un lungometraggio fantasy…

Gaudio – Da piccolo sceglievo i film in base agli effetti speciali. Ero convinto che la mia strada fosse quella. Registi come Zemeckis, Carpenter (il mio preferito), Gilliam, Donner, Burton mi hanno infettato. Ero convinto di poter fare ciò che facevano loro. Poi ho avuto la fortuna di incontrare persone in gamba come Leonardo, che per chi studiava a Cinecittà era un vero laboratorio delle meraviglie: guardavamo come lavorava. Lui era sempre gentilissimo, pronto a dispensare il suo sapere: in quel momento stava lavorando alla serie tv Rome, costruiva statue bellissime. Tutto questo mi ha portato a scegliere di lavorare nel cinema di genere.

Puoi parlarci della trama del film?

Gaudio – Sono tre fili narrativi: la storia è semplice, ma il film ha una struttura decostruita in cui gli eventi si svolgono in maniera non lineare, e ha una struttura circolare, con i punti d’arrivo che sono punti di partenza. Non è un film classico. In due parole, è il ritrovamento di un manoscritto dell’800, all’interno del quale ci sono delle ricette (le fantasticherie), che consentono di realizzare cose straordinarie. Nel film seguiamo la fantasticheria 23, che permette a chi segue la mappa di arrivare in un luogo per tornare indietro nel tempo e rimettere a posto gli errori del passato. Teo, il protagonista, è ossessionato dai libri incompiuti: la 23 è incompiuta e prova a realizzarla così come le altre. Il segmento in animazione a passo 1 unisce i due segmenti in live action: il primo in tempo attuale in cui Teo prova a compiere la fatasticheria, e il secondo ambientato nell’800 viene scritta la fantasticheria.

Come è nato il progetto?

Gaudio – Da un fallimento. Ero riuscito a finanziare un corto da 12 minuti da realizzare in green screen, un “Chi ha Incastrato Roger Rabbit” al contrario, con attori in carne e ossa in un contesto completamente cartoon, un omaggio al cinema delle scatole magiche, quello prima del cinema. Le riprese sono state bellissime, mentre la post è stata un disastro, tanto che abbiamo dovuto interrompere il film. Mi sono quindi convinto che se non ero riuscito a fare 12 minuti del mio cinema sarei riuscito a farne 90. Mi sono convinto che mi sarebbe bastato l’aiuto di due amici: Leonardo e Dennis, ora produttori associati. Ovviamente non bastava questo, il film ha avuto un percorso produttivo difficile. 9 mesi di animazione, 5 settimane di riprese, non avevamo una lira. Per fortuna Leonardo mi ha presentato Angelo Poggi, che ha dato una dignità cinematografica al nostro impegno, portando il film al Ministero siamo diventati interesse culturale nazionale, la Regione Lazio ci ha sostenuti e siamo riusciti a concluderlo. Il mio era un film nato contro il sistema, contro il genere fantasy stesso, perché diventa presto una favola sull’incompiutezza, sul fallimento e il senso di colpa, un film anarchico. Prevede animazione e live action, inconsueto quindi, ma anche nei contenuti è inconsueto.

C’è il viaggio dell’eroe e il viaggio introspettivo, nel fantasy. Quale delle due è Fantasticherie?

Gaudio – Diciamo tutt’e due. L’evento fantastico, il ritrovamento del libro, entra in una tradizione di cinema fantastico. Il viaggio dell’eroe però è introspettivo. Gli eroi di questo film vanno incontro al proprio fallimento, sanno che quello che stanno facendo non avrà successo, ma partono ugualmente. È questo che rende i personaggi eroici in senso fantasy.

Leonardo, Dennis, come siete stati coinvolti nel progetto? Cosa vi ha colpito di questa storia?

Cruciano – Io ho questa società di effetti speciali integrati (trucco ed effetti visivi). Quando ho iniziato erano gli albori dei tentativi di mescolare tecniche miste su un’unica pellicola. Quando Paolo ci ha proposto questo progetto ci è sembrato interessante. Non coprendo però all’epoca tutto quanto, è intervenuto Dennis per aiutarci con i VFX.

Cabella – Io ho uno studio di videoproduzione, una sezione è dedicata ai visual effects. Ci siamo conosciuti a Cannes anni fa, mi fece vedere il corto di 12 minuti in green screen. Girato benissimo, di livello altissimo, ma pensai fosse una impresa da folli per motivi di budget e di tempi. Ci salutammo e ce ne andammo. In seguito mi mostrò le animazioni in stop motion, anche quelle mi sembravano di livello altissimo e mi convinsi di collaborare con lui. Gli effetti speciali erano stati gestiti da Leonardo sul set, noi ci occupammo degli effetti visivi.

Che competenze deve avere chi vuole girare con effetti speciali nel fantasy o meno, e come ottenerle?

Cruciano – Per il Racconto dei Racconti non avevamo abbastanza artisti specializzati. Abbiamo dovuto chiamare gente dall’estero, e abbiamo formato diverse persone perché se in futuro ci capitasse di nuovo non possiamo pensare che il knowhow sia sempre di gruppi esterni. Per l’animatronica servono specializzati per il laboratorio practical. Dovremmo investire sulla formazione.

I nomi dei personaggi sono molto particolari: Edgar, Jean Jaques…

Gaudio – Sono omaggi a filosofi e scrittori, ho studiato filosofia. Le fantasticherie è un libro incompiuto di Jean-Jacques Rousseau. In filosofia il passeggiare in solitario è l’atto propedeutico al pensiero, passeggiando, camminando si compie fisicamente quello che la mente fa quando proviamo ad operare dei pensieri e dei ragionamenti. Mi piaceva legare l’idea di una avventura fantastica in cui la fantasia è la lente attraverso la quale osservare l’animo umano, con i testi incompiuti e l’approccio alla filosofia.

Nel film ci sono riprese in esterni e riprese in interni, ambientazioni moderne antiche e animazione a passo uno. Quanto ci avete messo?

Gaudio – Abbiamo realizzato prima la parte in animazione con Gianluca Maruotti. È una fase che è durata circa nove mesi. Per il live action ci abbiamo messo cinque settimane. Gli esterni sono stati girati al Parco di Veio, le condizioni a dicembre erano estreme ma era l’atmosfera che volevo, un bosco “respingente”. Grazie a Leonardo poi abbiamo fatto la parte in interni, in un seminterrato, e la bottega infernale.

E il set dei pupazzi quanto era grande?

Gaudio – Ci sono set di scale molto diverse per fare appunto gli effetti di scala. Di solito un pupazzo è alto 30 cm, un plastico è solitamente 1:9. Non sono plastici enormi, cerco di avere un approccio ridotto, sono plastici e modellini che possiamo gestire nel nostro studio a Trastevere. Ma la forza della clay animation è prendere qualcosa di povero e tradurlo con fantasia ed emozione. La plastilina è un materiale poverissimo, costa 2 euro in cartoleria. Li abbiamo animati senza armature interne o congegni particolari, solo la plastilina scatto dopo scatto viene scolpita e modellata. È un modo molto retro di fare la stop-motion, i puppet moderni sono molto sofisticati, vi è anche una replacement animation in 3D. Il nostro è un metodo semplicissimo ma anche molto complicato. È come rifare 24 volte un pupazzo ogni secondo.

Come avete lavorato alla post-produzione e agli effetti visivi?

Cabella – Ci abbiamo messo tantissimo, la difficoltà maggiore era il formato di ripresa, che ci era pervenuto compresso. Abbiamo lavorato su molte cancellazioni per rendere più realistiche diverse inquadrature. Abbiamo usato il digitale per implementare l’artigianale, non doveva dare l’impressione di essere digitale.

Gaudio – La difficoltà era proprio trovare una coerenza, non potrvamo fare un effetto che non corrispondesse all’estetica del film senza che il risultato fosse posticcio.

Cruciano – Noi ci stiamo specializzando, anche con Dennis, in effetti speciali “poetici”, non per forza realistici, che non si scontrino cioè con lo stile del film per ottenere il fotorealismo. Deve essere tutto al servizio della narrazione e della visione del regista.

Gaudio – Era necessario trovare una linea comune per creare questo universo, una linea nella quale tutti diventano autori, anche i supervisori agli effetti visivi.

Cosa ci puoi dire, infine, sulla colonna sonora?

Gaudio – È stata fondamentale fin dalla fase di scrittura. Io di solito non scrivo soggetti veri e propri, lavoro come se realizzassi racconti, e solitamente durante la scrittura ascolto qualche album a ripetizione. In questo caso ho ascoltato moltissimo i Chemical Brothers e i Blonde Redhead oltre ai Mercury Rev, che sono anche nella colonna sonora del film. Cercavo suggestioni elettroniche e intime, ma anche fanciullesche. Il risultato è una colonna sonora elettronica inquietante e bambinesca, realizzata da Sandro Di Stefano, con il quale ho lavorato molto intensamente.

Durante l’evento abbiamo anche visto circa 20 minuti di film e un interessante backstage reel dedicato agli effetti visivi.

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