Fa effettivamente un certo effetto stare faccia a faccia con Sacha Baron Cohen – anzi con Nobby – nella suite di un albergo londinese, “litigare” con lui per motivazioni calcistiche durante una videointervista di cui vi abbiamo già mostrato un assaggio e poi ritrovarsi, insieme ad altri 15 giornalisti, in una sala riunioni per una “micro” conferenza stampa in cui il geniale, caustico ed irriverente comedian britannico parla con cordialità e serietà estrema di argomenti quali la disoccupazione, le aspre divisioni sociali che caratterizzano sempre più la società inglese (e non solo) e del lavoro di cesello dietro la realizzazione di uno sketch comico.

Quando arriva per questo incontro inatteso – dopo le videointerviste riservate a una manciata di outlet mondiali tra cui noi di BadTaste era atteso da un aereo per Berlino – l’accappatoio bianco, i basettoni alla George Best e la parrucca sono ancora quelli di Nobby, ma ora, davanti a noi, c’è l’autore che, con i suoi film e i suoi personaggi, mette alla berlina tutto il bagaglio di ipocrisie e falsità dell’upper class britannica e non solo. Con quel gusto per l’oltraggio mai gratuito e sempre ben congegnato che, dai tempi della Modesta Proposta dell’irlandese Jonathan Swift, fustiga a cadenza regolare i “tempora e mores” della “perfida Albione”, con una satira ficcante che vale tanto per una nazione come l’Inghilterra, quanto per la Germania o la nostra vituperata Italia.

Perché – come ci ha ricordato lo stesso Cohen – dietro le gag e gli sketch, Grismby – Attenti a quell’Altro, è un film sulla famiglia che non dimentica di mettere in ridicolo i preconcetti di chi si sente migliore del prossimo solo perché fornito – per la fortuna di essere nato nella famiglia giusta – di un ventaglio di possibilità economiche superiore a quello della maggior parte delle persone.

NB: a ridosso dell’uscita italiana della pellicola, prevista per il 7 aprile, pubblicheremo anche le nostre videointerviste esclusive realizzate a Londra con Nobby (Sacha Baron Cohen), Mark Strong e Isla Fisher.

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Chi ha avuto l’idea di questo mix stilistico di generi fra commedia e azione?

Dunque, hai presente Ralph Spaccatutto, il cartoon della Disney? Ecco per questo film ho lavorato con Phil Johnston, il co-autore del cartone animato. È stato lui a venire da me e a propormi: e se James Bond avesse un fratello? Ho pensato fosse un concept interessante su cui lavorare e ci siamo messi a pensare a chi sarebbe stato il peggior fratello possibile per 007. A una vera e propria testa calda di periferia presa dal MI6 e trasformata in una macchina da guerra. Ho ragionato per opposti: tanto James Bond è freddo, quando Nobby è “caloroso”, 007 non ha famiglia, Nobby ne ha una enorme, uno non parla, mentre questo è un chiacchierone che non smette mai di parlare. Poi Bond non conosce empatia, mentre Nobby è pieno di amore. Il film tratta principalmente dell’umanizzazione di questa figura. Se ci fai caso nelle pellicole di spionaggio hai questi protagonisti al limite dell’Asperger… Jason Bourne, Bond… Non provano emozioni, uccidono come se nulla fosse, non hanno rispetto per uomini e donne che trattano come oggetti e ho voluto umanizzare questa specie di figura che al cinema è simile a un automa. Mi piaceva anche l’idea di questi fratelli che erano come dei migliori amici che, in seguito a un trauma, sono stati separati dagli eventi della vita.

Buongiorno Sacha, io vengo dall’Austria e grazie ancora per Bruno…

Sì, prego, mi rendo conto, ho aiutato la nazione!

Ahah, sì. Comunque, quanto è importante per te il mettere in atto un commento, una critica alla società quando realizzi un film o dai vita a un personaggio? Qua si parla di queste persone che vengono percepite come l’ultimo gradino della società inglese o quasi… Quanto è gag e quanto è satira?

Ovviamente è una commedia e quindi deve essere necessariamente divertente. E io faccio film che mi piacerebbe vedere al cinema, incentrati sugli argomenti che m’interessano. Parlando seriamente, credo che stiamo vivendo in un mondo dove la società diventa – in realtà – ogni giorno più stratificata nei termini di chi ha delle possibilità e di chi, purtroppo, non le ha. Le separazioni sono sempre più nette. Per me la giustapposizione fra una spia figlia di questo establishment che ha tutto, dell’upperclass, qualsiasi cosa si coglia intendere con questa espressione, che si ritrova a interagire con questo tizio che disprezza perché così distante da lui. Una dicotomia interessante su cui lavorare. Ed è per questo che abbiamo trasformato questo tizio, Nobby, nella versione estrema, in una sorta di incubo partorito dalla classe sociale più bassa. E di umanizzarlo e renderlo, di fatto, l’eroe del film.

Come hai convinto Penelope Cruz a partecipare al film?

Coi soldi! [risate, ndr.] No, scherzi a parte, è una grande attrice e io e i miei partner, nel corso del tempo, siamo riusciti a collaborare con gente alquanto in gamba. Per Il Dittatore c’era Ben Kingsley … Qua c’è Gabourey Sidibe che è stata nominata per Precious e anche Barkhad Abdi che lo è stato per Captain Phillips.

[Collega con chiara cadenza spagnola] In Skyfall il marito di Penelope Cruz, Javier Bardem, era il cattivo…

Sì, la morale è che gli spagnoli sono perfidi [risate, ndr.] Mi dispiace, ma bisogna che cominciate a tenere in mente questa cosa e a farci i conti! Alla gente non piacciono gli spagnoli!

 

Grimsby attacks italian reporterPurtroppo sembra che l’intervista del nostro Andrea Bedeschi con Norman “Nobby” Grimsby l’altroieri a Londra non sia andata molto bene… prossimamente su BadTaste.it la versione completa e sottotitolata! Sacha Baron Cohen

Pubblicato da BadTaste.it su Mercoledì 24 febbraio 2016

 

Ma ti piacerebbe avere uno come Javier Bardem nel tuo prossimo film?

Javier è un attore fantastico, l’ho adorato come villain in Non è un Paese per Vecchi e nel Bond movie che ha fatto… In realtà abbiamo avuto una situazione davvero assurda in quanto ad attori. Io, Mark e Penelope eravamo in Sud Africa a girare Grimsby, mentre, in contemporanea, Javier stava lavorando con Sean Penn per The Gunman… E stavamo tutti in questo albergo a Città del Capo, una situazione alquanto surreale per gli altri ospiti della struttura.

Quando ti prepari a dare vita a un personaggio te lo porti anche a casa? Quanto cerchi di mantenere separate le due realtà?

Le tengo separate. Anche perché per plasmarli finisco per fare molte ricerche che mi tengono anche distante da casa, in questa occasione ho visitato un sacco di città del nord. Sono andato a studiare i veri Nobby, persone che hanno anche 9, 10 figli. Individui che vengono disprezzati anche all’interno di questi contesti sociali perché vengono percepiti come quelli che cercano di abusare in tutti i modi del sistema di welfare britannico. Ma la realtà dei fatti è che ho incontrato un sacco di persone che, molto semplicemente, amano davvero la loro prole, i propri figli. C’è questa mitologia diffusa in Inghilterra che queste siano persone disoccupate perché pigre, disposte solo a parassitare lo stato, ma se andate a visitare un luogo come la città di Grimsby, beh, potete constatare che non c’è proprio lavoro perché tutte le maggiori fabbriche sono state chiuse e attraversano ora la seconda generazione di disoccupazione perché i loro padri e madri prima avevano un impiego che poi hanno perso di certo non per loro volontà e si sono, magari, trovati di fronte alla scelta di dover abbandonare i loro figli per andare a lavorare da un’altra parte o restare con loro. Mi pareva doveroso offrire una differente prospettiva su questo contesto.

Cosa c’è per le donne in questo film?

Ci sono delle grandi attrici! La già citata Penelope, poi c’è Rebel Wilson che è una forza della natura, c’è Isla Fisher, Gabourey Sidibe che è fantastica, Annabelle Wallis che potrebbe essere una Bond girl e finisce per essere esilarante in questo film. A conti fatti Grimsby parla della famiglia, della sua importanza. Un messaggio alquanto dolce tuttosommato, no?

Come lavori alla creazione dei tuoi personaggi e delle situazioni in cui sono calati?

In realtà dipende molto dal genere di film che vogliamo fare. Borat era un road movie e una buddy comedy con il registro formale del documentario per cui ho analizzato, in primis, quali sono i topoi ricorrenti di questi generi. Nel buddy movie – in genere a metà film – c’è qualcosa che frena e separa i due amici. Hanno una battaglia, che può essere verbale o fisica. E quindi penso a come rendere anche più divertenti queste svolte narrative. Le scene divertenti hanno delle motivazioni narrative, come quella in Borat dove mi ritrovo con le parti intime del mio grasso amico in faccia. È un lavoro di ingegneria in cui mi ritrovo a capire dove – strutturalmente – sia più consono inserire questo o quello sketch per far sì che non appaiono come momenti del tutto gratuiti.

Questa la sinossi:

Un agente segreto appartenente ai Black Ops inglesi è costretto ad allearsi con il fratello hooligan per via di un nuovo, delicato incarico. I due non sono in contatto ormai da tempo, ma la fuga che li attende diventerà un modo per riavvicinarsi.

Grimsby – Attenti a Quell’Altro uscirà il 7 aprile nei cinema italiani.

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