La primissima cosa che è evidente dopo la visione del primo film in realtà virtuale è che non si tratta di cinema.

La realtà virtuale contemporanea (non pensate a quella degli anni ’90), è una tecnologia molto stabile e in continuo progresso, i visori (cioè quelli che una volta erano caschi ma ora sono più essenziali e paiono occhialoni molto molto grossi) sono in vendita a prezzi da smartphone evoluto. Insomma sta lentamente diventando “di massa” non è un mistero per nessuno, tanto che i festival di cinema si attrezzano e dopo Cannes anche Venezia ospita alcune novità. Qui per l’appunto è stato possibile vedere il primo film girato per essere distribuito in RV, si chiama Jesus VR ed ovviamente è la storia di Gesù, ovviamente con una distribuzione pianificata per Natale. L’anteprima cui abbiamo assistito era di 40 minuti su circa 90 totali. Ma come si diceva la prima impressione (e anche l’ultima) è di non essere di fronte ad un film. Benché si tratti di immagini filmate e benché ci sia una messa in scena, la RV per come la propone questo film è più parente al teatro che al cinema, perchè gli manca il montaggio. Che poi è lo specifico del cinema.

Una volta indossato il visore infatti si è liberi di guardare dove si vuole e muovendo la testa si muove “l’inquadratura”. Si può guardare sopra sotto e tutto intorno a 360° in ogni direzione, dunque non c’è necessità di campi e contro campi per i dialoghi. Si può dunque guardare liberamente nonostante non ci si possa muovere liberamente (il punto d’inquadratura, cioè dove è stata piazzata la speciale videocamera per la RV è fisso e deciso dal regista, a meno di carrelli, unico punto di contatto con il cinema) e come è logico Jesus VR è pensato per indirizzare questa visione. Se qualcuno sta arrivando dietro di noi i personaggi che guardiamo dicono apposta “Guarda chi sta arrivando” indicando la direzione, oppure se discutono con qualcuno fanno bene attenzione ad essere interamente rivolti nella sua direzione, così da farci capire dove attenderci una risposta. Gli unici stacchi (12 in totale) sono tra scena e scena e inframezzati da passi della Bibbia su cartelli.

sala vr

 

La natura “episodica” e la qualità infima di recitazione e messa in scena, nonchè la notorietà della storia di certo non aiutano l’immersione e si può immaginare che altre storie possano prendere e coinvolgere molto di più. Non essendo troppo presi dalla trama facilmente si finisce a notare i difetti di una visione in RV oggi. Abbiamo visto il film su visore Samsung Gear e smartphone Galaxy S7, che è uno dei molti modi per farlo (l’altro è un visore tipo Oculus Rift, collegato ad un computer) e in buona sostanza vuol dire che si guarda un cellulare a pochi centimetri di distanza, con tutti i problemi del caso. Troppo vicino ai pixel dello schermo, troppo evidenti i difetti di compressione del file video, molto sfocata in certi punti l’immagine per via di come sono fatti i visori Samsung Gear (con due lenti deformanti che creano la stereoscopia).

Al netto di tutti questi problemi non da poco però è difficile nascondere l’interesse per una simile tecnologia e una simile forma di racconto audiovisivo (che non è cinema, vale la pena ripeterlo). Le domande che sorgono spontanee sono diverse: una ad esempio è come mai non vediamo il sostegno che tiene la videocamera (è cancellato digitalmente), un’altra è dove siano regista, attrezzisti, fonici e tutti i tecnici visto che ovunque guardiamo non li vediamo e molte scene sono in spazi aperti, senza possibili nascondigli (sono le comparse del film, cioè sono in costume). Questi due esempi spiegano bene come molte cose vadano ripensate e come molte altre lo allontanino dal cinema. Il fatto di inquadrare una sola porzione di scena, un dettaglio, come un totale, implica lasciare fuori qualcos’altro, che è un concetto fondamentale del cinema, è lo sguardo dell’autore. Qui il fuoricampo non esiste per definizione.

La distribuzione natalizia di questo film americano che è stato girato in Italia, a Matera dove Gibson girò La Passione di Cristo, e che sembra sia sulla buona strada per avere il pieno supporto del Vaticano (la produzione ha un incontro lì in questi giorni ma ha già incassato l’approvazione dei consulenti di cui il Vaticano si avvale in questi casi), sarà sia on demand che in sala. Dunque si potrà sia acquistare il file e vederlo, a patto di essere provvisti di uno smartphone e un visore per la RV o di un computer e un visore (ne esistono da centinaia di euro come da decine di euro con conseguenti diversità di qualità), oppure è probabile che si possa andare in diversi cinema e guardarlo come è capitato a noi qui, seduti su una sedia girevole con un set di RV fornito in loco.

Purtroppo la qualità molto dozzinale del film, la recitazione ridicola e la sostanziale insipienza della messa in scena, curata nella ricostruzione ma statica e mai sfruttata come meriterebbe, rendono il film sconsigliabile. L’esperienza invece, per quanto agli albori di questo tipo di tecnologia, è auspicabile per rendersi bene conto di cosa sia il nuovo mercato a cui andiamo incontro e per magari provare ad intuire cosa un regista pieno di idee potrebbe fare se si dedicasse ad una simile forma di produzione.

 

SPECIALE FESTIVAL DI VENEZIA

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