È stato amish, lupo solitario, Aragorn, gangster russo, Sigmund Freud e anche William S. Burroughs.
È stato molte cose Viggo Mortensen nella sua carriera.

In Captain Fantastic di Matt Ross è un padre sui generis che cresce i figli dentro i boschi del Pacific Northwest a metà strada tra i precetti di Rousseau e le critiche alla società americana di Noam Chomsky.
Il film è stato presentato all’inizio del 2016 al Sundance, ha trionfato a Cannes (Miglior Regia dentro Un Certain Regard per Ross) e ora arriva in anteprima italiana alla undicesima Festa del Cinema di Roma. È qui che abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’attore che questo 20 ottobre compirà 58 anni.

Che tipo di padre pensi che di essere tu?

Il più onesto possibile. Almeno ci provo.

E che tipo di padre pensi che sia quello che interpreti in Captain Fantastic?

Un rivoluzionario. Ma anche i rivoluzionari possono sbagliare. Più provi ad essere un buon padre, più errori commetti.

Come ti sei allenato fisicamente e intellettualmente per un ruolo così impegnativo sia dal punto di vista fisico che intellettuale?

Ogni volta provo a chiedermi cosa sia successo al mio personaggio prima di quello che viene raccontato a pagina uno della sceneggiatura. Da dove viene questa persona? Che lavoro faceva? Quando ha baciato per la prima volta? Cosa mangiava? Era bravo negli sport? Sono semplici domande ma potresti passare una vita intera a rispondere. Con alcuni registi puoi fare questo tipo di ricerca… con altri no.

Con Matt potevi fare questo tipo di domande?

Sì. Lui è uno di quelli con cui è possibile fare questo tipo di viaggio fuori campo verso certi particolari di un personaggio. Un altro simile a lui è David Cronenberg. Matt Ross mi ha parlato di tutti i libri che aveva letto il mio personaggio e mi ha dato una lista di libri che avrebbe voluto che io leggessi. Molti li conoscevo già. Io allora mi sono sentito in dovere di aggiungere poeti tedeschi, latinoamericani, italiani e francesi. È come quando devo partire per un viaggio. Di solito la sera prima dispongo al centro della stanza una valigia e provo a metterci dentro quante più cose possibili vorrei portare via con me. Poi la mattina successiva faccio una selezione cominciando a eliminare il superfluo. Ho fatto la stessa cosa per il film di Matt. Ho cercato di prendere tutto e poi sintetizzare. Ho cercato anche di essere molto flessibile sul set perché recitavo con dei ragazzini, i quali spesso non rispettavano alla lettera le indicazioni di Matt. Un’ultima cosa che ci ha aiutato molto è stato passare 15 giorni insieme nel bosco con il resto del cast prima dell’inizio delle riprese.

E come hai fatto fruttare questo periodo?

Ho lavorato sui dettagli. Visto che la famiglia avrebbe coltivato e cacciato per procurarsi il cibo, mi sono interessato, per esempio, alla tipologia dell’orto e alla sistemazione delle piante consigliando Matt su quale tipo di coltivazione sarebbe stata più appropriata per quello specifico periodo dell’anno. Mi sono occupato anche di rendere credibile la casa. Sono cose che non vedi nel film ma questo lavoro preparatorio mi ha permesso di entrare nell’atmosfera giusta e rendere tutto il più credibile possibile. Quando sono iniziate le riprese… ero pronto. Non posso dire che sia il metodo perfetto per tutti gli attori… ma per me il miglior modo di lavorare.

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