Lui è nel corpo di lei, lei è nel corpo di lui. Pierfrancesco Favino è Kasia Smutniak e Kasia Smutniak e Pierfrancesco Favino.

La trama di Tutto Accadde Un Venerdì ambientata però in Italia, senza coinvolgere un’adolescente e sua madre ma con un uomo e una donna sposati con figlio che forse si stanno per lasciare. Invece di lasciarsi si scambiano i corpi, costretti a vivere letteralmente nei panni dell’altro per colpa di un esperimento scientifico. Finora è tutto quello che si sa del film Moglie e Marito, scritto da Giulia Steigerwalt e diretto da Simone Godano in uscita ad Aprile.

Quando siamo andati sul set a vedere uno degli ultimi giorni di riprese eravamo nel parco all’esterno di un grosso ospedale romano (dove lavora il personaggio di Favino) e si girava una scena in cui i due stavano giocando a calcio con il figlio. Ovviamente a ruoli invertiti.
Pierfrancesco Favino impacciatissimo con la palla, Kasia Smutniak pratica e smaliziata. Una scena fisica ripetuta più volte con molte varianti (c’è anche un momento in cui lui cerca di prenderla con la testa di rara goffaggine). I due provano prima molto tra di loro, si passano la palla cercando di affinare le mosse da fare, sia quelle impacciate che quelle invece piene di dimestichezza (Kasia ha anche imparato il doppio passo), e poi si gira. Alla fine, un rigore tirato in maniera maldestra colpirà in faccia il bambino in porta.

Qui viene in mente la prima domanda da fare ai due.

Nella sceneggiatura di un film simile non può che mancare un dettaglio fondamentale, l’unica cosa che non si può scrivere: come “essere” l’altro, quanto farne una macchietta, quanto essere seriosi e quanto in là spingersi con l’esagerazione. Voi come vi siete regolati?

PIERFRANCESCO FAVINO: “In realtà funziona che fai una serie di proposte, se ne discute e di volta in volta ci si regola. Immagina come se esistessero 5 livelli di “femminilità”, in ordine di quanta commedia ci si può mettere dentro, alle volte tiri di più altre di meno. La cosa difficile semmai è un’altra: restituire una probabilità dell’avvenimento, renderlo credibile, perché poi è quella la commedia che mi piace”.
KASIA SMUTNIAK: “Abbiamo avuto molta libertà comunque, forse questo è il film in cui sono stata più libera in assoluto. Poi se accanto hai Pierfrancesco qualsiasi cosa fai non sbagli. C’erano dei momenti in cui credevo davvero che fosse una donna e se è riuscito a farlo credere a me allora funziona davvero”.

Nella scena vista oggi lavorate tanto sul corpo, sui movimenti che non sembrino vostri, è una costante del film o l’avete concentrato qui?

KS: “Il difficile di questo film è che non ci sono scene semplici di passaggio, perché ogni gesto e ogni movimento sono di un altro e devono rendere vero il personaggio. Per questo quel senso della misura di cui parlava Pierfrancesco è così importante. Non sono mai stata tanto attaccata al monitor per rivedere subito le scene girate”.

Ho visto che provavate un po’ a giocare insieme prima della scena, avete fatto così sempre, cioè per interpretare l’altro l’avete preparato assieme?

PF: “Un po’ era importante sapere come si muove l’altro, un po’ però il film ad un certo punto svela che lo scambio ha riguardato solo una parte di noi, come se liberasse il maschile o il femminile che è già dentro di noi. Poi ovviamente alle volte chiedevamo all’altro di fare la scena come l’avrebbe fatta lui per capire certe minuzie”.

La motivazione per la quale In Moglie e Marito i due si scambiano i corpi è per colpa di un esperimento scientifico. Lui è un neurochirurgo molto importante che sta lavorando ad un macchinario per aiutare le persone che non possono parlare a comunicare tramite il cervello.

I film in cui qualcuno si scambia con qualcun altro non sono pochi. Ce ne sono alcuni che conoscete o avete visto per prepararvi?

PF: “No, perché volevo evitare di scimmiottare altri. Non volevo essere influenzato ma avevo in testa un tipo di commedia anche se non di scambio, pensavo magari ad In & Out e quel tipo di atmosfere”.

Un momento topico in questo genere di film è quello in cui avviene lo scambio, quello cioè in cui si materializza il “fantastico”, che non è una cosa che si fa spesso in Italia. Eravate a vostro agio nel girarla?

PF: “È stata forse la scena più difficile, era proprio complicata già in sceneggiatura e quando l’abbiamo girata l’abbiamo pure cambiata un po’. Ma è perché c’è un’emotività che non può essere accentata, bisogna rimanere sottili”.

Solitamente in questi film accade qualcosa e poi i personaggi si risvegliano diversi…

PF: “No, qui non è così”.
KS: “Avviene di colpo, col botto, improvvisamente. Già svegliarsi ci avrebbe aiutato…”.
PF: “Abbiamo riflettuto tantissimo per capire cosa accada davvero in quel momento, quali siano le prime cose che capitano. Ma quello è stato proprio il gusto del pensare di stare facendo una commedia molto divertente, anche più divertente sullo schermo che in scrittura credo”.

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In un’altra scena girata quella mattina Pierfrancesco Favino, già con dentro di sè il cervello della moglie, entra nell’ospedale non sapendo bene però dove dirigersi. Anche qui c’è molta commedia, pur non usando le parole ma il linguaggio del corpo per far capire che lì in quel fisico c’è un’altra persona.

Con tutto questo allenamento hai scoperto un segreto per fare bene Kasia Smutniak?

PF: “Ma magari l’avessi capito! Avrei la fila sotto casa… Il punto è che qui non faccio lei ma Sofia, il suo personaggio, che non è la stessa cosa. Però ci sono delle cose come un certo modo di guardare o di muovere la bocca che mi sono serviti ogni tanto per avvicinarmi”.

Tu sei anche un bravo imitatore, è un’abilità che ti è servita?

PF: “Sarebbe stato semplice fare solo l’imitazione ma avrebbe restituito unicamente un guscio”

E te l’hai capito come si fa a fare bene Favino?

KS: “Sì, lui ce l’ha un po’ di cose che ti aiutano ad interpretarlo ma in realtà all’inizio io sbagliavo perché cercavo di fare l’uomo su un unico livello e Pierfrancesco non è così semplice, ci sono più livelli, come per chiunque. Farlo solo muovendosi al maschile non era abbastanza, dovevo addolcire l’uomo che è in me per assurdo. Perché alla fine non è l’aggressività o la durezza che fa un uomo anzi quella cosa appartiene più alle donne”.

E a te non veniva da dire “Ma davvero io sono così?!”?

PF: “Beh spesso guardandoci da fuori pensavamo “Ma sta facendo me o il personaggio?” e anche noi come i protagonisti un po’ abbiamo scoperto un lato di noi che non avevano conosciuto o che avevamo approfondito di meno”

Il film, scritto da Giulia Steigerwalt, prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia, insieme a Matteo Rovere per Groenlandia e Roberto Sessa per Picomedia, uscirà nelle sale il 13 aprile 2017, distribuito da Warner Bros. Pictures.

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