EXCL – Daniel Espinosa ci parla di Life, piani sequenza, colpi di scena e… il suo prossimo decennio!

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Life: Non Oltrepassare il Limite
di Daniel Espinosa
23 marzo 2017
Quarant’anni proprio oggi 23 marzo, svedese ma di origini cilene, Daniel Espinosa sembra non vedere l’ora di parlare quando lo incontriamo nell’albergo dove si sta svolgendo la presentazione alla stampa di Life – Non Oltrepassare il Limite, il film fantascientifico con Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson e Ryan Reynolds.

Terzo lungometraggio realizzato a Hollywood dopo il grande successo di Snabba Cash (Easy Money), in grado di battere anche Avatar al box-office svedese, Life fonde gli immaginari di Gravity e Alien per creare un thriller/horror estremamente realistico in grado di tenere incollati alla poltroncina. Espinosa ci racconta l’esperienza di girare questa pellicola, e lo fa senza molti peli sulla lingua:

Dunque, questo è il tuo terzo film ad alto budget a Hollywood. Come sta andando il tuo rapporto con l’industria hollywoodiana?

Benissimo, per il momento è un’ottima esperienza! Quando mi hanno mandato lo script di Life di Paul Wernick e Rhett Reese, quello che mi ha colpito sono stati due grandi colpi di scena. Due momenti davvero sorprendenti che mi hanno fatto pensare: “Non mi permetteranno mai di tenerli nel film definitivo!” Era novembre, sono volato a Los Angeles per parlare alla Sony delle mie idee su come volevo fare il film e alla fine della riunione ho commentato “mi piacciono davvero questi due colpi di scena, ma penso che voi vorrete toglierli”. Loro in realtà mi risposero “no, no! Li lasceremo nel film!” Io replicai che non volevo essere irrispettoso, ma che volevo che loro scrivessero questa cosa nel mio contratto.

Quindi ti hanno concesso il famoso “final cut”?

No no, solo per questi due colpi di scena. Ovviamente all’epoca il budget non era stato ancora finanziato, quindi accettarono con grande convinzione pensando forse che il film in realtà non sarebbe mai stato fatto. E invece alla fine lo abbiamo fatto! Comunque sono stati questi due colpi di scena ad attirarmi maggiormente verso questo progetto.

Senza spoilerare, ci sono alcuni momenti davvero inaspettati, soprattutto alla fine…

È sostanzialmente un film antiameticano. Ma allo stesso tempo, e cito Bad Taste di Peter Jackson, si ricollega direttamente alla tradizione di film come La Notte dei Morti Viventi, Bad Taste… c’è una parte di cinema che ha esattamente quel tipo di tradizione. Ai Confini della Realtà… Questo film non affonda le sue radici nella tradizione dei film “zuccherosi”. Gravity è un film straordinario, ma fa parte di una tradizione completamente diversa da quella di Life.

Ho letto che l’idea alla base del film è stata di David Ellison e Dana Goldberg, i produttori della Skydance. Quanto si è evoluta questa idea da quando te l’hanno proposta a quando è uscito il film?

Vuoi la verità? Il concept che mi proposero era “Gravity con una creatura aliena”. Non era un vero e proprio concept. Vogliono dire che è stata una loro idea, a me va benissimo. Ma in realtà sono stati i due sceneggiatori a proporre la struttura fondamentale del film, Paul e Rhett sono due sceneggiatori straordinari. Io ho contribuito a creare la sofisticatezza della creatura, la profondità dei personaggi, la loro tridimensionalità. Paul e Rhett scrivono sceneggiature molto movimentate, rapide, scattanti. Il risultato combina il modo in cui lavoriamo, io tendo a essere più cupo e ho conferito al film un taglio dark che non c’era nello script. Loro hanno imposto il ritmo. David e Dana… hanno detto che doveva essere ambientato nello spazio!

Hai girato il film con cineprese Red ALEXA 65, uno dei modelli più avanzati e moderni di cinepresa digitale in formato 65mm. È stata una tua scelta?

Tutti i miei film, anche i cortometraggi, sono sempre stati girati in pellicola. Non avevo mai girato nulla su video. Quindi quando mi hanno proposto questo film ho pensato di girarlo in pellicola a 35mm. Poi è uscita la ALEXA 65 e ho visto The Revenant, e l’ho trovato un film spettacolare. A quel punto mi sono detto: “Se riuscissi ad avvicinarmi a questa tecnologia, potrei lavorare con una illuminazione molto meno forte”. La mia intenzione era, sin da subito, di girare il film con set veri, quindi in spazi ristretti. Utilizzando lampade forti, la luce rimbalza e l’intero ambiente diventa piatto, quindi questa tecnologia mi avrebbe permesso di utilizzare luci più basse. Inoltre ho assunto Steven J. Scott come “supervising finishing artist”, ovvero responsabile del color grading, lo stesso ruolo che aveva assunto in Gravity e The Revenant. Ho scelto Seamus McGarvey come direttore della fotografia: è bravissimo e in Espiazione ha realizzato piani sequenza incredibili, ma con War Zone ha realizzato anche un film molto duro e girato con la cinepresa a mano. Infine come riferimento principale per l’estetica del film ho scelto le vecchie fotografie scattate dal primo viaggio sulla Luna: vennero scattate con macchine fotografiche Hasselblad, peraltro svedesi, e così ho scelto di montare sulla ALEXA 65 non le sue stesse ottiche, ma quelle fotografiche della Hasselblad. Le ottiche Hasselblad sono di grande formato, 65 mm, e quindi si possono applicare alla ALEXA 65. Il modo in cui la luce attraversa le ottiche Hasselblad è unico.

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E in effetti il look del film è estremamente realistico, so che il progetto è stato costruito pensando a una ambientazione attuale, come se potesse accadere realmente…

È per questo che volevo utilizzare ottiche Hasselblad: sono quelle attraverso le quali abbiamo visto per la prima volta lo Spazio. Le prime immagini provenienti dallo Spazio sono state fotografate attraverso delle Hasselblad. Poi io sono svedese, come Hasselblad, quindi…

Il film inizia con un lunghissimo piano sequenza. È stato costruito, o era veramente un unico movimento di macchina?

Prevalentemente un unico movimento. È per questo che ho scelto di lavorare con Seamus McGarvey. Aveva già fatto piani sequenza come questi, non gli piace “fingere” impallando in continuazione l’immagine per “montare” come in Birdman, film straordinario ma totalmente “montato”. Ci abbiamo messo un intero mese solo per girare la scena iniziale: la cinepresa doveva muoversi in giro per il nostro set, togliendo le pareti del set mano a mano che si spostava, andava tutto coreografato e ovviamente c’erano i cavi… Abbiamo anche ruotato il set, per simulare quella scena in cui i personaggi sono a testa in giù rispetto alle attrezzature…

A un certo punto infatti c’è un passaggio nel quale l’immagine rimane capovolta per molto tempo!

Esatto, e per realizzarla ovviamente abbiamo dovuto girare con il set ribaltato, o sarebbe stato impossibile. È una citazione di 2001: Odissea nello Spazio.

E perché hai scelto di fare un piano sequenza così?

Lo richiedeva il genere cinematografico a cui appartiene il film. Film fantascientifici e gangster movie impongono il piano sequenza. Abbiamo visto film fantascientifici tutta la vita, e quindi quando fai un film fantascientifico di questo tipo non può non esserci un piano sequenza. Basta pensare a 2001 e a Quei Bravi Ragazzi…

Parlando di generi cinematografici, ne hai esplorati davvero molti finora: action movie, thriller, fantascienza, horror, film ambientato nel passato… A cosa stai lavorando ora? Si è parlato di te per Suicide Squad 2, hai aggiornamenti?

Mi piacciono tantissimo i fumetti di Suicide Squad, ma il problema è che non amo i sequel. È solo per quello. I personaggi sono straordinari, sono arrivato molto vicino al parlare di dirigere il film, ma un giorno ero in aeroporto e mi sono reso conto che non voglio fare sequel. È il motivo per cui ho rifiutato di dirigere Safe House 2. E Snabba Cash 2 (Easy Money 2), l’ho solo prodotto. Rifiuto i sequel perché li trovo abbastanza inutili, dal punto di vista del regista. Mi piace inventare. E poi forse ho un po’ di sindrome da deficit di attenzione… Non mi piace fare le stesse cose, mi annoio. Voglio esplorare cose nuove.

Ma potrei tornare in Svezia a dirigere un piccolo film dal taglio europeo.

E c’è un’idea che ti piacerebbe tantissimo esplorare in un film?

Ci sono cose interessantissime su cui vorrei fare dei film. C’è questo territorio fuori dal confine Turco chiamato Rojava. È un territorio dove alcuni curdi hanno preso il potere, ha una struttura utopistica in cui c’è una democrazia senza stato, basata sui pilastri del femminismo e dell’ecologismo. Un mucchio di soldati stanno confluendo in questo territorio per sostenerlo, si trova a nord della Siria. Non succedeva qualcosa di simile dalla Guerra Civile Spagnola, e so che quello stato verrà distrutto molto presto. Sarebbe interessante capire cosa sta succedendo lì, chi sono questi idealisti. Successe lo stesso in Italia, in Spagna: cosa succede quando gli idealisti si impegnano e creano una sorta di utopia contro un conflitto? Sta succedendo qualcosa di molto oscuro. Mi piacerebbe fare un film come quelli di Gillo Pontecorvo. Inoltre io sono un rifugiato del Cile: mi interessa molto il colpo di stato, così come l’Operazione Condor in generale, che fu condotta dagli Stati Uniti con l’obiettivo di eliminare personalità di spicco della sinistra in Sudamerica e in Europa (in Italia vennero uccisi tre cileni).

Sembra ti piacciano molto i film storici, basta pensare a Child 44, che peraltro ti ha causato non pochi problemi in Russia…

Sì esattamente! È una cosa che ho imparato alla scuola di cinema: le regole sono quelle che ci permettono di essere più creativi. A scuola creavano delle “regole” e noi dovevamo lavorare al loro interno. Quando ho realizzato Life, mi sono studiato le “regole” del genere cinematografico fantascientifico e horror, e ho scelto quali potevo violare e quali assolutamente no, in modo da rimanere fedele a quel genere. Se pensi a Bad Taste di Peter Jackson, è previsto che alcune regole dei generi cinematografici vengano violate, ma altre assolutamente no. Quindi io creo dei sistemi che mi permettono di essere creativo rimanendo al loro interno.

Molti registi realizzano i loro migliori film quando hanno dei limiti: di budget, di tempo, di genere appunto. Quando poi vanno a Hollywood e viene affidato loro un budget colossale, la totale libertà, senza limiti di tempo… finiscono per perdere la loro creatività e l’inventiva. Improvvisamente possono fare davvero di tutto… e finiscono per fare le cose sbagliate.

È verissimo: le regole ti mantengono in riga, ti danno la possibilità di lavorare nel modo giusto, di autodisciplinarti. Sono convinto che se riesci ad avere una carriera di dieci anni di successo come regista, ti ritrovi nella storia del cinema. È un risultato molto difficile da ottenere. Io sono convinto che i miei dieci anni stanno per iniziare. Al momento sto ancora imparando, mi sto preparando, ma sono pronto. So come fare un film, come mettere insieme un progetto, e sono convinto che il mio prossimo decennio sarà molto interessante…

La pellicola, basata su una sceneggiatura di Paul WernickRhett Reese (Deadpool), segue la storia di un equipaggio di una stazione spaziale che trova dei particolari segni di vita su Marte.

La loro scoperta, tuttavia, dimostrerà di essere più intelligente e scaltra del previsto. David Ellison e Dana Goldberg hanno prodotto il progetto insieme a Bonnie Curtis e Julie Lynn. Alla regia Daniel Espinosa, l’uscita è prevista per il 23 marzo in Italia e il 24 marzo negli USA.

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