Andy e Lana Wachowski sono uno dei più grandi "misteri" dell'industria cinematografica americana. Sono una sorta di versione geek e transgender – ricordiamo che uno dei due è stato soggetto a un intervento di cambio di sesso che lo ha, letteralmente, trasformato da Larry a Lana – di un altro nome di primo piano del mondo dello show business statunitense, ovvero Terrence Malick.

Malgrado il successo commerciale della trilogia di Matrix, l'elezione a cult del cinecomic da loro prodotto, V per Vendetta e un paio di pellicole meno redditizie, ma comunque salite a vario titolo agli onori della cronaca, come Ninja Assassin (sempre diretto dal regista di V per Vendetta James McTeigue) e l'incompreso Speed Racer, i due hanno vissuto per ben 13 anni sotto la protezione di una clausola "no press" che li ha tenuti lontani dagli abituali impegni cui i filmmaker si sottopongono per la promozione delle loro opere.

Nessuna intervista, nessuna conferenza stampa.

Ma con Cloud Atlas qualcosa è definitivamente cambiato nell'approccio del duo nei confronti dei media e la loro abituale riservatezza è diventata meno granitica. Tutto è cominciato con la foto ufficiale dal backstage del lungometraggio diffusa per comunicare la fine delle riprese della pellicola co-diretta dai Wachowski insieme a Tom Tykwer. Si trattava della prima apparizione pubblica di Lana Wachowski dopo le foto postate su Twitter un paio di anni fa da Arianna Huffington

Poi è arrivato il trailer internazionale della pellicola, giunto accompagnato da un commento video al trailer dei registi. 

Le rivoluzioni nel rapporto fra Andy, Lana e i media non sono però terminate. Il New Yorker, il noto periodico statunitense nato nel 1925, ha pubblicato un ricchissimo profilo dedicato ai due registi. Gli artisti, dedicano buona parte dei loro interventi proprio a Cloud Atlas, creatura filmica che, sulla carta, appare decisamente ambiziosa e affascinante.

Lana dice a proposito del libro:

Cloud Atlas è un romanzo del ventunesimo secolo. E' una via di mezzo fra il concetto, l'idea futura che vede la realtà come un'entità frammentata e quella passata secondo cui tutto ha un inizio, una metà e una fine. Ci ha permesso di riconnetterci con quelle sensazioni che provavamo quando eravamo più giovani, quando guardavamo quei film che ci apparivano misteriosi, ambigui, complessi. Dove non apprendevi tutto istantaneamente.

Andy concorda con la sorella:

Cloud Atlas è il nostro viaggio a ritroso verso gli spettacoli cinematografici degli anni sessanta e settanta, a quei film che rappresentavano delle vere e proprie esperienze. Il nostro modello è stato Stanley Kubrick con il suo 2001: Odissea nello Spazio, che abbiamo visto all'età di 10 anni, Lana, e sette anni, io.

Circa la difficoltà del trasformare in sceneggiatura le sei storyline del romanzo di David Mitchell:

La sfida principale è stata la struttura stessa del romanzo, così circonvoluta. I capitoli sono in ordine cronologico fino a metà del romanzo, poi partono a ritroso. Il libro comincia e finisce nel 19°secolo. In un film questo non potrebbe funzionare e difatti Lana afferma "Non puoi introdurre una nuova storia al pubblico dopo che il film è cominciato da venti minuti".

Il New Yorker illustra, quindi, illustra il peculiare procedimento impiegato per dare una forma al film:

L'idea iniziale dei filmmaker era quella di stabilire una traiettoria connettiva fra il Dr. Goose, un ambiguo medico che potrebbe avvelenare Ewing nelle prime battute del romanzo, e Zachry, il membro di una tribù dalle cui scelte morali dipende il futuro della civilizzazione dopo la Caduta. Non avevano la più pallida idea di come gestire le altre linee narrative e i personaggi. A quel punto, hanno frammentato il romanzo in centinaia di scene che hanno poi copiato su delle carte colorate per catalogatori che hanno poi sparso sul pavimento. Ogni colore rappresentava un diverso personaggio o periodo storico. La casa sembrava un giardino Zen di carte per catalogatori, stando a Lana. Alla fine della giornata, avrebbero tirato su delle carte con la speranza che l'ordine ottenuto avrebbe giovato alla struttura narrativa del film. Leggendole, Lana avrebbe poi narrato la vicenda riarrangiata. Il giorno dopo, avrebbero ripetuto il tutto.

Ma, alla fine, la chiave di volta è stata l'utilizzare gli stessi attori in ruoli diversi per ciascuna storyline. Secondo il terzo filmmaker, Tom Tykwer:

Trasmettono l'idea della rinascita eterna, che è alla base del romanzo. Interpretano anime, non personaggi.

Le opinioni di Lana circa la moderna industria cinematografica americana sono, poi, abbastanza nette:

Il problema con il dover realizzare arte in un contesto retto dalle dinamiche di mercato è che i film ricevono il via libera sulla base di quello che è stato fatto in precedenza. Così, come per natura siamo portati a temere il vuoto, il sistema degli studio hollywoodiani rigetta l'originalità. L'originalità non può essere modellata economicamente.

L'articolo del New Yorker, che consigliamo caldamente a tutti di leggere nella propria interezza per approfondire la conoscenza di personalità cinematografiche decisamente peculiari nel panorama artistico attuale, può essere raggiunto tramite questo link.

 

Basato sull’omonimo romanzo di David Mitchell, Cloud Atlas vede protagonisti Tom Hanks e Halle Berry, oltre a Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Doona Bae, Ben Whishaw, James D'Arcy, Keith David e David Gyasi. Nel cast anche Hugh Grant e Susan Sarandon, e le attrici cinesi Zhou Xun e Zhu.

Ecco la trama del libro, come riportata sulla quarta di copertina dell'edizione italiana pubblicata da Sperling & Kupfer/Frassinelli con il titolo L'atlante delle nuvole:

"Il diario di un notaio americano di metà Ottocento, giunto sull'isola di Chatham, nel Pacifico, per assistere ai devastanti effetti del colonialismo. L'epistolario di un giovane musicista nel Belgio tra le due guerre mondiali che, talentuoso ma senza un soldo, mette in atto un diabolico piano per intrufolarsi nella magione di un celebre compositore e carpire non solo le sue intuizioni musicali ma anche le grazie della moglie e della figlia. L'odissea di un'intrepida giornalista che si trova in mano la scottante denuncia di uno scienziato contrario a un catastrofico progetto nucleare e quindi ucciso su commissione dalla propria azienda. Le vicissitudini rocambolesche di un editore inglese in fuga dai creditori nella Londra anni Ottanta. Il testamento di un clone schiavizzato in una sorta di McDonald's della Corea futuristica. L'alba del nuovo mondo all'indomani dell'apocalisse… Sei diverse storie, collocate in tempi e spazi diversi, che allacciano tra loro una stupefacente rete di rimandi, echi, collegamenti. Ciascuna narrazione s'interrompe, a effetto, per poi ricominciare e ricongiungersi in un'architettura narrativa sontuosa. Attingendo a linguaggi e a generi letterari differenti, Mitchell sorprende ancora una volta il lettore, spingendolo a riflettere, in un ardito gioco, sul fluire incessante, mutevole e ciclico della vita, impossibile da fissare, come il corso infinito delle nuvole.