Ad animare le opere di Pietro Marcello è la trasformazione della realtà in cinema attraverso il racconto e, ancora una volta, un suo film parte dalla ripresa di ciò che accade senza un copione per modificare e “aggiustare” la realtà al montaggio, affiancandogli la finzione. L’elemento che ogni volta impressiona di quest’idea di cinema è come trovi nelle storie che riprende delle anse, delle concavità da riempire con la finzione, ovvero con immagini sofisticate, soggettive, personaggi di fantasia ed elementi di sorprende tradizionalità. Bella e perduta parte dalla storia di Tommaso, l’angelo del Carditello, l’uomo che volontariamente e senza alcun compenso si era assunto l’onere di curare, mantenere e preservare la Reggia di Carditello, nel momento in cui versava in condizioni critiche e nessuno sembrava avere intenzione di occuparsene.
Oltre a Tommaso nel film ci sono anche altri protagonisti, un bufalo e un Pulcinella (inviato da una specie di ufficio di Pulcinella) presi in un viaggi...
Lo stile e lo sguardo di Pietro Marcello questa volta sono volti verso la realtà rurale ma Bella e perduta non trova l'equilibrio di La bocca del lupo
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