Che Michael Moore sia Michael Moore lo sappiamo bene e lo sa anche lui, che al suo stile rimane molto legato, nei suoi pregi e nei suoi difetti, e che al procedere della carriera sembra sempre più incastrato in un ruolo scomodo unicamente a parole ma molto futile in realtà. Semplicistico nella messa in scena e sempre più fazioso e parziale nella ricostruzione dei suoi documentari a tesi, il regista sembra disposto a tutto per dimostrare ciò che cerca e per piegare alla propria ideologia il mondo. Non si può nemmeno parlare di documentari tra realtà e finzione perché le “omissioni” di Moore non sono finalizzate al raggiungimento di una verità più alta, anzi mirano semmai ad una più bassa, data non dalla poesia, dalla suggestione o dal linguaggio del cinema ma da prove, fatti ed evidenze che spesso non sono proprio tali.

Questa volta in Where to invade next parte alla volta di diversi paesi, non filma niente sul suolo americano ma tutto tra Italia, Francia, Islanda, Germania, Slovenia, T...