Difficile lasciar andare via la prima parte di Ana, Mon Amour quando il film se ne distacca.

La storia di Toma e Ana che si conoscono all’università, in una serata in cui nella stanza accanto qualcuno fa sesso molto rumorosamente e in cui lei ha un piccolo attacco che sfocia in un approccio sessuale, è di certo uno dei momenti migliori del film e in assoluto un’affermazione di passione per le sensazioni più strane e meno convenzionali. A questo si aggiungano le visite alle rispettive famiglie, disastrose e foriere di un senso tenerissimo di comunione contro il mondo (“Io e te insieme a dispetto di tutto e tutti”) per tracciare il quadro di un film che sembra indirizzato con poca retorica nel territorio delle storie struggenti. Ma il film di Călin Peter Netzer non è questo.

Andando avanti capiamo che è tutta una rievocazione di Toma, molto più maturo, sul lettino di uno psicanalista. Da lì la storia si amplia, corre avanti e indietro nel tempo, affianca età adulta, figli, crisi, momenti...