Ci sono già gli estremi per una trilogia sui colori fatta di sangue ed umorismo, i cui film sono sempre costituiti da personaggi d’indole pacifica costretti dagli eventi a diventare guerrieri spietati. Mani spaccate senza averlo mai fatto prima, pistole maneggiate male e machete agitati senza nessuna abilità, di nuovo Saulnier racconta le persone ordinarie di fronte alla straordinaria vertigine da violenza.
Questa volta è una band punk ad essere costretta ad uccidere e mutilare per salvare se stessa quando, testimone involontaria di un omicidio a sangue freddo, si trova assediata. Il luogo è il meno ideale: ritrovo in mezzo ai boschi di un gruppo di militanti d’estrema destra. Li hanno insultati durante il concerto e ora devono difendersi da loro che sono armati di tutto punto.
Il meccanismo divertente, si capisce, è il medesimo di Blue Ruin, l’impresa quasi impossibile di sopravvivere allo sterminio che sta per avere luogo, il minimo delle chances in mano ai più impr...
Jeremy Saulnier con Green Room conferma di saper gestire umorismo, tensione e vertigine da violenza come pochi altri ma non trova la perfezione di Blue Ruin
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