Una bambina è nata, una madre è morta. Comincia con la più scontata delle opposizioni logiche la disamina familiare di Joachim Trier, in cui tre uomini (un padre e due figli) raccolgono i pezzi di se stessi tre anni dopo l’unica donna del loro nucleo. La grande fotografa di guerra, nota in tutto il mondo e regolarmente impiegata dal New York Times è morta in un incidente d’auto che probabilmente era stato intenzionale. Nei flashback di cui è protagonista si oscilla tra le regole di vita impartite, etica del lavoro e corna. Nel presente invece i tre si barcamenano con l’amore (impossibile, finito o da iniziare) e l’esigenza di rimettere se stessi sui binari.
Fastidiosmente organizzato per esibire i suoi simbolismi (le foto, lo sguardo, l’educazione, il mondo videoludico come universo a parte, separato accogliente e ottundente…) Louder than bombs si agita molto ma stenta realmente ad esprimersi. Le sue scene di ordinaria catastrofe e di quotidiana disp...
Alle volte non è tanto quel che accade nel film ma quanto le persone siano in grado di stimolare interesse. In Louder than bombs questo è pari a zero
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