Prestato al wuxiapan Hou Hsiao Sien non si muove di un passo dalla sua poetica. Passato alle grandi immagini in costume e alle storie di doppiezza, scelte binarie e animi divisi in due (una spietata assassina torna nel luogo in cui è nata e deve decidere cosa essere nella vita), continua a scegliere la contemplazione rispetto all’azione. Non ci sono dubbi che la maniera in cui il regista cinese riesca ogni volta a guardare i suoi personaggi, spesso scegliendo un impossibile filtro (una tenda o delle piante che si frappongono tra lui e il soggetto) e sempre inquadrando un paesaggio come fosse l’abito dei personaggi che contiene, si sposi perfettamente con il genere in questione, è semmai l’atteggiamento contemplativo che sembra stridere.

A confronto con l’esigenza di mettere in piedi una trama d’azione rifiutando l’azione Hou Hsiao Hsien si trova incastrato in un confronto e in un discorso tra corpi che non si concretizza mai, se non per piccole prome...