C’è la domanda più giusta possibile al centro di L’Intrusa, quella che più di tutte vale la pena farsi nel contesto in cui il film sceglie di ambientare la propria storia.
In un centro in cui i bambini di Napoli sono portati per non farli stare in strada, a contatto con la camorra e con il degrado umano, un porto franco in cui giocare, imparare, stare insieme e apprendere una logica di collaborazione e condivisione, arrivano due intrusi. Sono Maria e sua figlia, una bambina della stessa età di quelli che frequentano il centro, ma figlia di un killer della camorra appena arrestato. Maria e la figlia non hanno dove andare e occupano una baracca nel cortile. Hanno bisogno di aiuto e se messe alla porta finirebbero in mano agli amici del killer, se tenute però (come lamentano le mamme dei bambini) potrebbero portare anche lì logiche, regimi e persone legate alla camorra. Che fare?

Il nodo irrisolto della solidarietà messa alle strette, costretta a prendere decisioni scomode, a decidere se ...