Classe Z
di Guido Chiesa
30 marzo 2017
La cattiveria, l’emarginazione, la spietata logica del branco che vige al liceo, il senso di inadeguatezza , la paura dell’isolamento, la discriminazione folle per chiunque non sia omologato, sono tutte caratteristiche fondanti non solo dell’esperienza scolastica ma anche del cinema che se ne occupa. Almeno di quello più serio e determinato a non nascondere nè lucidare niente per fare bella figura con il pubblico. Classe Z tutto questo lo sa, la sua storia non ha paura delle parti più dure e brutali della vita liceale e la sua trama mostra di conoscere come gli adolescenti possano essere tra loro lupi travestiti da agnelli.
Forse è proprio per questo, per quanto l’approccio in fase di scrittura (ad opera di Alessandro Aronadio, Renato Sannio e lo stesso regista, Guido Chiesa) sembra essere stato quello migliore e per nulla spaventato dalle componenti più dure, che il prodotto finale suona così sbiadito e incolore. La messa in scena di Classe Z sembra infatti annullare metodicamente ogn...
Non ha il coraggio, forse non ha la voglia di fare il passo più serio Classe Z, cioè di non nascondere le asperità annegandole nel buonismo ma abbracciarle
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