Il punto di riferimento di La Parrucchiera è evidente da subito, fin dall’inizio, dai corpi scelti, dai volti, dai colori dei vestiti, dal titolo e dalla maniera in cui sono messi in scena i saloni di bellezza in cui si svolge tutto (ma anche solo dalla scelta di un simile gineceo come piazza della propria storia). L’impressione però è che invece che rifarsi davvero al cinema di donne di Almodovar, alla maniera in cui il regista spagnolo abbini la vivacità dei colori, all’espressionismo della recitazione fino ad una scrittura che adora trastullarsi con trame, intrecci e personaggi da romanzetto, il film di Stefano Incerti sia più la copia di un film di Nadine Labaki girato per imitare Almodovar ma filtrato attraverso Pappi Corsicato. Una serie di versioni derivative che ad ogni passaggio perdono qualcosa.

Perché del modello originale La Parruchiera innanzitutto non ha l’equilibrio. La storia di una parrucchiera di Napoli che, in rotta con i proprietari del salone in cui lavora per le a...