C’è un melodramma puro, strappalagrime e svergognato dietro Land of Mine, dietro cioè questo racconto post-seconda guerra mondiale di vendetta e remissione. Tutto si basa su una verità storica, ovvero il fatto che in Danimarca per sminare le spiagge (disinnescare e dissotterrare le mine antiuomo piazzate dai nazisti durante l’occupazione) furono usati prigionieri di guerra tedeschi in larghissima parte giovani. La storia del film è quella di una squadra di sminatori inesperti come ce ne sarebbero potute essere molte, formata da soldati tedeschi e da un inflessibile caposquadra danese.

Martin Zandvliet, regista e sceneggiatore, crea una specie di piccolo microcosmo da beach movie, cioè un ambiente che per quasi tutto il film inizia e finisce in spiaggia, sotto il sole, tra il mare e la fine delle dune. In quello spazio scenico consuma tutto, dalla gioia (piccola, occasionale, fuggevole e più che altro propedeutica al dramma) alla sofferenza, dalla morte alla conversione.
Il suo intento ...