Dovrebbe esistere un metro di valutazione dei film italiani che si basa sulla discrezione, l’inventiva e la sapienza con cui riescono a gestire il product placement. Perché quel che è richiesto per inserire un marchio in un film (a partire dalla sceneggiatura per finire nella messa in scena) in modo che questo sia disposto a pagare senza però che risulti un’invasione fuori tono, non è diverso da quel che serve per narrare una storia con fluidità e mescolando con perizia registri, toni e idee. Se tale metro esistesse Prima di Lunedì sarebbe giudicato con il minimo dei voti, grazie alla comparsa di un paio di loghi e di un’agenzia di investimenti al limite del ridicolo (“I vostri affari sono molto migliorati da quando vi siete rivolti a noi” – “Hai visto? Abbiamo fatto proprio bene!”) o grazie alla sovraesposizione delle macchine Fiat. Ma anche con il metro canonico con cui si guarda un film Prima di Lunedì non ne esce bene, pieno com’è di umorismo dozzinale rischiarato solo a trat...