Il cinema indipendente, in America, ha segnato negli ultimi 20 anni una delle più importanti rivoluzioni di linguaggio sul grande schermo. L’ha segnata perché è aumentato in concretezza, perché è sceso dalla montagna sperimentale in cui si era autoesiliato e perché la riduzione di costo di produzione l’ha aiutato ad entrare in concorrenza con il cinema a basso budget degli studios. Ma soprattutto l’ha segnata perché ha cominciato a guardare e raccontare un’America diversa, fatta spesso di fisici sformati, di persone che gli altri film non riprendono, di luoghi che altrove non si vedono e personaggi devianti, un universo più dimesso e concreto, meno celebrativo e idealizzato. Tutto questo, com’è logico, ha portato anche ad una serie di insopportabili difetti, di esagerazioni che hanno finito per diventare regola e a modo loro un “sistema” parallelo, film che propongono sempre gli stessi tipi di personaggi e che sono indulgenti con un modo di fare che è un canone in sè, quello che chiami...