Nell’inizio c’è un indizio: 4 ragazzi si allenano nel bosco, una corre a perdifiato bendata tra gli alberi e un’altra la segue dicendogli quando girare e dove mettere i piedi.

Subito tensione, subito stranezza, subito carattere.
Ma non solo un’illusione momentanea, c’è grazie a Dio un’idea di puro cinema alla base di Summer camp, una che parte dalla sceneggiatura e ricade sulla messa in scena, come nei casi migliori. Si tratta di mettere gli spettatori sui binari più consueti (c’è un campo estivo spagnolo che sta per aprire, a lavorarci sono dei ragazzi americani, ad un certo punto però si sparge un’epidemia di rabbia che rende alcuni di loro bestie sanguinarie assetate di morte), proporgli la più classica delle cornici di genere con personaggi (una ragazza ricca, una più spartana e un ragazzo impacciato), location (una vecchia villa abbandonata in mezzo al nulla) e svolgimento usuali (fuga dai rabbiosi ed esigenza di sopravvivere) per poi introdurre le variazio...