Sully
di Clint Eastwood
1 dicembre 2016
C’è sempre nei film di Clint Eastwood almeno dagli anni ‘90 in poi (per tenerci stretti) un senso di compostezza e di economia di gesti che è una delle componenti più determinanti della meraviglia dei suoi film. Qui questa compostezza si manifesta con particolare evidenza nel protagonista, Sully, pilota dell’aereo che nel 2009 è dovuto atterrare nel fiume Hudson per evitare di schiantarsi su New York. C’è una ripetuta insistenza nel mostrare quanto quest’uomo agisca con rigore e determinazione in situazioni in cui tutti sembrano fare il contrario. Sia nella cabina dell’aereo (suo habitat naturale), sia negli uffici o sotto esame, che al telefono con la moglie, sempre lungo quei giorni frenetici ed emotivamente destabilizzanti (non è un’opinione, lo dice un medico che lui è emotivamente scosso), Sully fa pesare ogni gesto e ogni parola, Tom Hanks fa pesare ogni piccola variazione di un’espressione che è bravissimo a contenere e rilasciare mentre Eastwood con una forza calma che fa paura...
Una delle più grandi odi alla forza della determinazione silente di tutto il cinema di Eastwood. Peccato solo che Sully perda di vista il vero scontro
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