C’è sempre nei film di Clint Eastwood almeno dagli anni ‘90 in poi (per tenerci stretti) un senso di compostezza e di economia di gesti che è una delle componenti più determinanti della meraviglia dei suoi film. Qui questa compostezza si manifesta con particolare evidenza nel protagonista, Sully, pilota dell’aereo che nel 2009 è dovuto atterrare nel fiume Hudson per evitare di schiantarsi su New York. C’è una ripetuta insistenza nel mostrare quanto quest’uomo agisca con rigore e determinazione in situazioni in cui tutti sembrano fare il contrario. Sia nella cabina dell’aereo (suo habitat naturale), sia negli uffici o sotto esame, che al telefono con la moglie, sempre lungo quei giorni frenetici ed emotivamente destabilizzanti (non è un’opinione, lo dice un medico che lui è emotivamente scosso), Sully fa pesare ogni gesto e ogni parola, Tom Hanks fa pesare ogni piccola variazione di un’espressione che è bravissimo a contenere e rilasciare mentre Eastwood con una forza calma che fa paura...