Si può dare seguito a qualcosa di arrabbiato con qualcosa di temperato e autunnale?

Questi anni di remake e prequel, di grandi ritorni e continuazioni ci hanno insegnato che i prequel godono di un’aderenza all’originale e di una libertà maggiori, mentre i sequel, specie quelli con gli stessi attori invecchiati, sembrano non riuscire a non ritoccare la mitologia che devono continuare, non possono cioè ignorare il peso che si portano appresso.

Così è per Trainspotting 2, film totalmente ripulito, palesemente a disagio negli interni squallidi in cui trionfava 20 anni fa, che tuttavia, come ogni 40enne, è molto fiero della musica che ascoltava e dei vestiti che metteva, di quel che ha fatto in gioventù. Come i suoi personaggi anche il film stesso vive di ricordi e si agita goffamente per fare quel che faceva una volta, ma senza ciò che rendeva memorabili quella gesta, sostituendo la furia con la calma, l’esagerazione con la moderazione. Il disastro è che non fa questo polemicamente, per so...