La visione che Enzo D'Alò ha del cinema d'animazione è un misto di disegno dalle linee essenziali e sceneggiatura al limite del didascalico che sembra indirizzata a bambini degli anni '30 per tono, dialoghi e paternalismo. E' insomma un oggetto decisamente fuori dal tempo, totalmente diverso dall'animazione più commerciale (che guarda tantissimo al pubblico adulto) ma anche diverso dal classico disneyano degli ultimi 50 anni, che tratta i bambini come piccoli adulti e non come grandi neonati.

Pinocchio, in questo senso, non fa eccezione. Riprendendo quasi alla lettera il libro di Collodi (più che altro l'inizio, la fine e gli episodi più noti nel mezzo), D'Alò elimina tutte le asperità tipiche di un testo per l'infanzia ottocentesco (morti, ammazzamenti, tombe, tragedie e melodrammi spinti) e, invece che sostituire ai picchi di Collodi i propri (come faceva Disney), preferisce spuntarne le armi. Il risul...