Può un film essere “troppo italiano”? Si. E Anime Nere lo è.

Il film di Munzi racconta di mafia calabrese. C’è una famiglia composta da tre fratelli, ognuno con la propria famiglia: uno affarista vive al nord, uno è il rampante capetto molto in contatto con la gente (rimasto in loco ma moderno nello stile, quindi burino ed eccessivo) e l’ultimo è quasi un pastore, si è ritirato nei monti. A scatenare il film è l’inizio di una faida, il riemergere di vecchi contrasti che scatenano tensioni inespresse e latenti all’interno della famiglia. La guerra è fuori ma soprattutto dentro.

Con una trama così Anime nere poteva essere di tutto, dal Padrino fino a Gomorra, a seconda di stile, taglio e sguardo sui protagonisti, la scelta di Munzi invece è di indugiare su quelli che ad oggi sono i peggiori difetti che si riscontrano nel cinema italiano. Così il risultato è un’opera in cui il genere è rispettato pochissimo, è solo una parvenza che regge bene nell...