C’è un libro questa volta alla base della storia dell’ultimo film del più visivo, istintivo e audace regista giapponese in circolazione. Si tratta della storia di un soldato durante la seconda guerra mondiale di stanza in un’isola delle Filippine, malato di tubercolosi si aggira tra ospedale e plotone ma ben presto in seguito ad una controffensiva tutti i suoi punti di riferimento sono maciullati in un delirio di pallottole, urla e carne dilaniata. Vaga a questo punto per una foresta che pare l’inferno, piena di soldati malati, impazziti, cannibali o solo a pezzi meditando la morte.

La trama suona già come un film di Tsukamoto, il film dimentica le vecchie ossessioni per la mutazione della carne (ormai un ricordo dei primi decenni di attività) e si concentra sulla fragilità di essa (i colpi che arrivano dal cielo paiono trapassare corpi come fossero fatti di ricotta). La morte è in quasi ogni inquadratura e quando non si vede sembra essere pronta ad arrivare, pe...