C’è un’intuizione potente alla base di questo film, ovvero che da un museo si possa partire per parlare della storia e quindi della politica dell’Europa del novecento, che un luogo centrale per una città centrale del proprio continente, possa essere lo snodo di un discorso più ampio se questo contiene l’arte. Il museo è il Louvre e l’evento attorno al quale Sokurov balla con il suo film è la presa da parte dei nazisti di quelle stanze e (forse) di quelle opere. Intorno alla vera storia di cosa successe al Louvre nel periodo dell’occupazione tedesca, chi furono gli attori che lottarono per nascondere le opere d’arte dalle bombe e poi tenerle a Parigi, il regista russo orchestra un film pieno di variazioni, narrato dalla sua stessa voce fuoricampo e pieno di inserti di finzione.

Sokurov abbandona la forma più classica del cinema, quella che egli stesso ha contribuito ad innovare pesantemente negli ultimi anni con un uso incredibile della messa in...