Esistono bugie a fin di bene? Questa infantile eppure sempiterna domanda è al centro della riflessione di François Ozon sulla Grande Guerra – e, con essa, su ogni conflitto che è seguito a quell’immane, irripetibile tragedia – nel suo Frantz, in corsa per il Leone d’Oro al 73simo Festival di Venezia. Un affresco denso, uno scrigno ricolmo sotto la rassicurante facciata del dramma in costume, che spicca il volo grazie a un uso illuminato di forme e formule attinte da generi filmici “altri”, a partire dalla colonna sonora – a tratti hitchcockiana – costruita attorno a un tema musicale che rimanda inevitabilmente all’Inno alla Gioia beethoveniano, in una versione minimale spogliata di qualsivoglia sentimento consolatorio.

Si potrebbe dire, per semplificare ciò che è impossibile riassumere in una recensione, che Frantz ambisca a essere un film sulla menzogna, elevata a unico strumento per lenire la devastazione di una realtà mortifera in Germania così come in ...