Le pieghe più torbide dell’animo umano trovano degna e cruda rappresentazione nel primo lungometraggio firmato da Kei Ishikawa, Gukoroku (o Traces of Sin, nel titolo inglese), presentato al 73simo Festival del Cinema di Venezia nella sezione collaterale Orizzonti, nonché candidato al premio Luigi De Laurentiis per la Miglior Opera Prima. Un dramma cupo e inquietante, che trae linfa dal proprio sguardo desolato sulla società e sul vano tentativo di liberarsi del proprio retaggio.
Tratto dall’omonimo romanzo di Tokuro Nukui e ambientato in una Tokyo alienante e priva di connotazioni precise – scelta che aiuta lo spettatore a immergersi in questo gigantesco non-luogo – Gukoroku si avvia come un thriller per svincolarsi ben presto dai cliché del genere. L’indagine condotta dal reporter Tanaka (Satoshi Tsumabuki) sul massacro di un’apparentemente idilliaca famiglia, avvenuto un anno prima, porta l’uomo a contatto con le molte facce dell’abiezi...
Cupo ritratto di un Giappone classista e ipocrita, il thriller Gukoroku approda al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, in corsa anche per il Premio Opera Prima Luigi De Laurentiis
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