Hannah
di Andrea Pallaoro
15 febbraio 2018
Uno dei filoni nascosti del cinema italiano d’autore più prolifici a fronte di incassi penalizzanti è quello delle “elaborazioni silenziose”. Solitamente si elabora un lutto ma va bene anche un trauma o, come nel caso di Hannah, una scoperta terribile. L’importante è occupare tutto il film soffrendo tantissimo e al tempo stesso facendo di tutto per nasconderlo.
Non è più giovane Hannah e proprio ora suo marito viene arrestato per qualcosa di spaventoso, così indicibile che il film non lo dirà ma ne capiremo la gravità da come Hannah è gradualmente esclusa dalla vita sociale. Non le rinnovano un abbonamento in palestra, non è ammessa dai figli alla festa del nipotino e i vicini di casa le bussano di notte gridandole di vergognarsi. In tutto il film Hannah cercherà di tirare avanti, di farsi una ragione di quest’evento, di elaborare il dramma. Senza mostrarlo.
Pallaoro decide dunque di giocare tutto il suo film ottemperando allo stile dell’elaborazione silenziosa all’italiana...
Contenuto e sommesso, Hannah appartiene al filone tutto italiano "dell'elaborazione silenziosa" ma non smuove nemmeno un alito di sentimento nello spettatore
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