Quella di Ai Weiwei è l’opera gigante che aveva promesso e annunciato, un documentario sulle migrazioni nel pianeta, oggi. Partendo dall’assunto che 65 milioni di persone sono classificabili come migranti (per un motivo o per l’altro), l’artista cinese cerca di dare conto della massa e quantità di questo popolo che non è tale. Visitando più di 25 paesi Ai Weiwei e le sue troupe (ci sono almeno 11 direttori della fotografia tra cui Christopher Doyle) riprendono campi profughi, barconi strapieni e deserti con singoli che li attraversano, persone, masse, muri, inferriate e di nuovo ancora campi con ampio uso di drone per cercare di comprendere in un’inquadratura la vastità, tende, organizzazioni no profit che aiutano e qualche intervista di alcuni soggetti e di chi li aiuta. Tutto visto da un artista mondiale che è cresciuto in catene, ai margini di tutto, esiliato e vessato come prigioniero politico assieme alla sua famiglia dissidente.

Non ci sono dubbi sul lavoro fatto e sull’imponenza...