Nessuno sembra voler bene ai cani in Ungheria. Solo Lili, attaccatissima al suo Hagen, farebbe di tutto per loro. Intorno a lei c’è un padre divorziato, a casa del quale viene scaricata, che non vede l’ora di liberarsi dell’animale, vicini di casa pronti a denunciarlo perchè bastardo, un canile meschino e astanti che non hanno cuore.
Come fosse un film adolescenziale, White God cerca di aggiornare il mito di Lassie, quello di un cane e la sua piccola padrona contro il mondo, come se fosse determinato a celebrare la fedeltà canina al di là di tutto, la povera bestia abbandonata contro il volere della padrona che vive mille avventure per poi tornare clamorosamente a casa. Invece non è così. Il film cambia radicalmente genere nell’ultimo atto e diventa una paradossale guerra.
Decisamente più accattivante a raccontarsi che a vedersi, White God vorrebbe essere dalla parte degli animali ma solo fino ad un certo punto, è ammirato dall’equilibrio di Gli uccelli
Troppo determinato ad abbracciare tanti generi diversi e decisamente troppo serioso per la propria trama White God affonda anche le sue sparute buone idee
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