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Fonte: Badtaste.it

Il nostro collaboratore-regista-inviato al Lido Giacomo Cimini, che ha presentato il suo corto La città nel cielo, fa un bilancio della sua esperienza…

Quando siamo arrivati al Lido, una persona che era con me ha visto la scritta rovinata del Casinò di costruzione fascista e mi ha chiesto: "ma siamo in Ucraina?". In effetti, dovendo fare un consuntivo finale di questa esperienza, devo dire che il Festival ha due anime. Come spettatore, ho visto delle cose divertentissime e che ho adorato. Ma come addetto ai lavori/regista che veniva a presentare il suo corto, non ho potuto fare a meno di notare tante incongruenze fastidiose. Io le definirei kafkiane, qualche critico americano ha parlato di "amministrazione alla Brazil", riferendosi ovviamente al capolavoro di Terry Gilliam.

A livello di organizzazione, per esempio: la zona industry era limitata a una stanza di dieci metri per tre (insomma, un corridoio), con soltanto una dozzina di computer e soprattutto una stranissima puzza di pesce (serviva per non provocare affollamento?). E alcune assurdità meritano di essere raccontate, in una situazione in cui in ogni dipartimento c'era la voglia di mandarti sempre da qualche altra parte. Sono stato testimone di un signore italiano che ha cercato di entrare a una proiezione, per vedersi bloccato per via della sua borsa, "non conforme alle disposizioni della questura". Peccato che la borsa fosse quella ufficiale del Festival! Potete capire che nelle ore successive si è scatenato il panico, perché se le borse ufficiali non vanno bene, i problemi sono generali. E che dire della digital video library, che in teoria sarebbe stato un posto ottimo per far vedere, a chi se li era persi, i film in ottimi monitor HD? Peccato che le postazioni fossero riservate soltanto ai buyer, categoria che quest'anno era rappresentata in misura infinitesimale.

Per quanto riguarda la mia situazione personale, non posso fare a meno di notare che lo spazio riservato ai cortometraggi è decisamente penalizzante. Iniziamo dalla cosa più grottesca: nonostante fosse segnata in programma come pubblico/accrediti, la proiezione dei corti non permetteva l'accesso al pubblico pagante. E' stato questo uno dei motivi per cui si rischiava l'invisibilità. Nelle altre manifestazioni di questo livello, i corti magari vengono proposti prima dei film in concorso ('obbligandoti' quindi a vederli), ma soprattutto c'è tutto un lavoro dietro per portarti a contatto con investitori e addetti ai lavori e così promuovere al meglio le tue fatiche. Magari altrove fai sessioni di incontri con i giornalisti (la proiezione non comprendeva neanche un briciolo di conferenza stampa) e con i produttori, mentre qui sembrava di stare in una sorta di riserva, in cui non è raro assistere a cineasti giapponesi lasciati in un angolo totalmente persi. Per gli stranieri, in effetti, è dura capire una realtà del genere.

Inutile dire che anche le feste erano off limits per il sottoscritto, ma non per centinaia di imbucati che evidentemente con il cinema attivo avevano poco a che fare. Non è ovviamente questione di sbevazzare a gratis, ma di conoscere e frequentare persone utili per promuovere il tuo corto. E che dire del fatto di non essere riuscito a ottenere i biglietti per le cerimonie di apertura e chiusura, nonostante l'enorme numero di posti a disposizione e il fatto di essere un partecipante alla rassegna? Il bello è che non hai neanche l'impressione che ci sia una malizia in tutto questo, ma semplicemente una mancanza di organizzazione e volontà, per cui se sei giovane e avresti qualcosa da dire, ti viene fatto implicitamente capire che è meglio che tu stia zitto.

Così, hai veramente l'impressione che ci sia un governo ufficiale e un governo ombra, con da una parte un'enorme passione e amore verso il cinema che contraddistingue gli organizzatori, dall'altra un secondo livello degno del Festival di Sanremo. Di sicuro, tra la retorica del 'bisogna sostenere il cinema italiano' e la pratica per realizzare questi nobili intenti, la distanza è enorme, cosa evidente anche dalla mancanza di registi e produttori alle proiezioni. Insomma, fare squadra è solo uno slogan, qui decisamente poco praticato.

In tutto questo, bisogna anche fare attenzione a non indebitarsi, perché personalmente posso dire di aver speso almeno 4.000 euro per poter partecipare, sia per la copia da stampare, sia per tutte le spese legate al soggiorno a Venezia. Certo, ripensando solo alla masterclass della Pixar, mi viene da pensare che ne sia valsa la pena. Ma per quanto riguarda la promozione del mio corto, sono ancora un po' confuso. Magari, richiedetemelo tra un mese…

Qui trovate il sito ufficiale di Giacomo Cimini, mentre qui sotto vi proponiamo due esclusive clip del suo corto:

 

 

 

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