Intervista a cura di Francesco Alò

E' la voce di George Clooney, Denzel Washington e Jean-Claude Van Damme (questo non lo sentiamo più). Dai Fatti della Banda della Magliana (2005) di Daniele Costantini è uscito fuori come attore roccioso e ruspante, ironico, tosto e concentrato. Chissà cosa ci avrebbero combinato dei Lenzi e Di Leo (non potrebbe essere il gemello di Mario Adorf?) con un duro come lui negli anni del “poliziottesco”. Come va, come non va, a forza di urlare parolacce in quel Romanzo criminale un po' sfigato del 2005, la cinepresa comincia a inquadrare sempre di più Francesco Pannofino. Tra cinema e tivvù. Quell'aria da duro serve benissimo per la spia deviata di Notturno Bus (dove Marengo lo inquadra dal basso in un momento di estatica violenza proprio degna di un Adorf alla Milano calibro 9) mentre il suo sincero senso dell'umorismo gli permette di giocare in vari tipi di commedie come Diverso da chi? (rozzo sindaco leghista affezionato al muro che separerà italiani da immigrati), Maschi contro femmine o Io e Marylin (maresciallo dei carabinieri un po' gay).

C'è poi un lato contadino dove magnificamente eccelle. E' quello pienamente sfruttato da Oggi sposi di Lucini (è il fratello esilarante di Placido, figlio della campagna pugliese) e L'uomo fiammifero di Chiarini dove è un papà teramano vedovo che vede solo polli, galline e maialini della sua fattoria mentre il figlio undicenne è circondato da amici immaginari. “Faccio bene il contadino perché sono cresciuto in campagna” spiega senza scomporsi. Ma è cresciuto anche nel mondo della televisione dove dal 2007 è stato protagonista della commedia seriale Boris, ambientata nel mondo della fiction pecoreccia di cui il suo René Ferretti è frustrato regista. Tre anni di successi in tv e poi arriva il film. “Quando un telefilm di culto approda al grande schermo, solitamente è una ciofeca tipo Sesso and the City 2” canta qualcuno in Pensiero Stupesce, la canzone ufficiale di Boris – Il film.

Differenze tra serie e film?
René è sempre lo stesso. E' un personaggio che personalmente adoro. La storia non cambia. Le dinamiche tra i personaggi sono le stesse. Nel film sicuramente René è il protagonista alle prese con la bruttura italiana e la rassegnazione al brutto. Non ce la farà a realizzare un film di spessore. Nemmeno questa volta.

Il cinema vi ha generato un iniziale complesso di inferiorità?
I primi giorni eravamo sinceramente imbambolati dalla macchina cinema. Poi ci siamo liberati del gesso e abbiamo vissuto nella stessa atmosfera della serie tv. Gruppo ben amalgamato. Non ho mai visto un litigio o una discussione.

Si è arrabbiato qualcuno quando avete preso in giro l'antipatia e falsità dei cinematografari sinistrorsi?

Sinceramente non ho notizie di nervosismi nell'ambiente. Il film dice cose precise e in modo chiaro e inequivocabile. Non si è arrabbiato nessuno che io sappia. Almeno… non ancora! Ci sono tanti ostacoli nel cinema italiano, tante cose che si mettono in mezzo. In Italia è faticoso fare cose belle. Però se devo essere onesto, non penso che il film dia fastidio a qualcuno perché se la prende un po' con tutti.

Mi parli un po' della tua interazione con Rosanna Gentili che nel film prende in giro Margherita Buy con il suo alter ego Marilita Loy?
Rosanna Gentili è stata bravissima e la scena in cui io faccio finta di essere timido e sensibile come lei per farla rimanere nel film è bellissima. Fa ridere perché vedere René comportarsi in quel modo è veramente assurdo.

Conosci Margherita Buy?
Guarda… io non conosco bene Margherita. Ci siamo incrociati qualche volta a qualche evento cinematografico o cena ma non ho mai avuto il piacere di conoscerla in modo approfondito. Tu dici la Buy per il nome… lo capisco certo… ma posso dire che ci sono molte altre attrici che ricordano il modo di fare della nostra Marilita.

Ti è capitato di incontrarle nella tua carriera?
Certo! I registi la chiamano “La dittatura dell'incertezza” ovvero quando gli attori si creano molti più problemi di quelli che hanno. Ci sono un sacco di sovrastrutture inutili di cui tanti attori italiani dovrebbero liberarsi.

Da come ne parli sembra che non ti consideri uno di loro. E' un lapsus freudiano?
No, dai. Non scherziamo. Io sono un attore e ne ho viste di tutti i colori. Devo dire però che mi scoccia quando la gente tira fuori cose inutili. Io sono per fare le cose presto e andare a casa. Da questo punto di vista lavorare con Bob Hoskins è stato illuminante (si riferisce al Pinocchio di Sironi per la tv, N.d.R.). Lo osservavo e lui non si scomponeva mai. Stava fermo per ore e ore e quando lo chiamavano era prontissimo a girare la scena. Anche con John Travolta ho notato lo stesso metodo e rigore professionale durante gli spot Telecom.

Dunque non ti piace la retorica della sensibilità attoriale?
Mi dissocio fortemente. Dalle donne e dagli uomini che mollano il set per problemi con la famiglia o per paturnie o nevrosi. E ne ho viste di cose così. L'attore è un lavoro serio e se lo fai seriamente i produttori continueranno a chiamarti.

Il film preferito di René Ferretti?
E' sempre quello della Formica rossa… il cortometraggio ambientalista che girò durante Gli occhi del cuore 2. Per René è il suo capolavoro. Proiettato nel futuro… è sempre quello che sta per fare e che non riesce mai a portare a termine.

Possiamo pensare che ci riproverà in futuro?
Possiamo, possiamo. Anche se gli autori hanno tassativamente negato che ci sarà un futuro per Boris. Ma dissero così alla fine della prima serie e poi alla fine della seconda e poi la stessa cosa alla fine della terza. Io spero che Boris vada avanti. Perché uno zoccolo duro di pubblico ci vuole sinceramente bene e si è affezionato a noi.

 

 

 

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