La novità è che per la prima volta una clip di Hugo Cabret che non sia il trailer è stata mostrata in 3D, quel che invece è stato assolutamente deludente è stato tutto il resto.

L’evento organizzato dal Festival di Roma che, presentato sulla carta, doveva mostrare al pubblico ben 15 minuti del nuovo film di Martin Scorsese e lasciare che il pubblico incontrasse l’autore dell’omonimo libro alla base della pellicola, Brian Selznick, il protagonista Asa Butterfield e la scenografa premio Oscar Francesca Lo Schiavo (che, come al solito, ha lavorato assieme al marito Dante Ferretti), si è rivelato un appuntamento interessante solo per cercare di capire un po’ come Scorsese abbia lavorato con le tre dimensioni e per alcune dichiarazioni dei talent presenti.

Partiamo quindi dal 3D. Nell’unica clip presentata (circa 5 minuti) vediamo il piccolo Hugo Cabret all’inseguimento della sua amica Isabelle in mezzo alla folla. L’insistere con le carrellate all’indietro, nonché i movimenti in avanti delle valigette di alcuni passanti, sottolineano la volontà di Scorsese di giocare con le tre dimensioni soprattutto in termini di “fare uscire fuori dallo schermo” attraverso elementi popup. I personaggi vengono incontro allo spettatore e tanto basta a creare una certa tensione, sia pure per un inseguimento tra bambini. Nello stacco di montaggio successivo i due ragazzini sono nel laboratorio del papà di Hugo, con quest’ultimo che finalmente riesce a caricare l’automa con la chiave a forma di cuore che poco prima stava al collo di Isabelle. Qui il 3D è ininfluente, anche se la grande vetrata avrebbe offerto a Scorsese la possibilità di giocare di più con la sorgente di luce (come faceva Zemeckis in alcuni passaggi del suo A Christmas Carol). Parliamo comunque di pochi secondi di sequenza, il giudizio potrebbe completamente cambiare al momento della visione definitiva del film.

Per il resto, gli altri due momenti video dell'evento sono stati la presentazione del trailer del film e quella di un backstage di un paio di minuti che vi avevamo già mostrato e che, a parte una battuta di Scorsese, sembra semplicemente un’altra versione del trailer. Il saluto registrato di Scorsese a fine incontro è un mero “spero che il pubblico italiano sappia apprezzare” che dimostra (e non è un bene) che Scorsese sa dell’organizzazione di questo “evento” da nove euro a biglietto.

Tra un inserto video e l’altro, Asa Butterfield ha raccontato della sua vittoria al casting:

Dopo due provini superati a Londra, dovetti mandare un video registrato a Scorsese in America. Gli piacqui, così volai da lui e lì feci l’ultima prova. Seppi del risultato due giorni dopo, mamma mi venne a prendere a scuola per dirmelo. Fino a quel momento conoscevo il nome di Scorsese e conoscevo titoli come Taxi Driver, Casinò e Toro Scatenato, ma non avevo mai collegato le due cose assieme, non avevo capito con chi avevo a che fare. Solo dopo aver fatto questa correlazione ho compreso la responsabilità e la fortuna che mi era capitata.

Riguardo ai compiti “a casa” che Scorsese dà sempre ai suoi attori, Asa se l’è cavata piuttosto diplomaticamente:

Mi ha assegnato tanti film da vedere, tutto Méliés e altri celebri film del passato. Molti li ho visti, ma diciamo che non mi sono ancora impegnato fino a fondo. Il mio attore preferito? Sigourney Weaver: Alien e Avatar sono tra i miei film preferiti.

Brian Selznick si è invece lasciato andare ai ricordi di quando scrisse il libro:

Inizialmente identificavo il papà di Hugo con mio padre, poi però mio padre è morto e così non me la sentii di scrivere la morte anche del personaggio. Ho provato a tenerlo in vita in ogni modo, farlo diventare un fantasma, il cattivo o un esiliato, finché ho capito che non c’era altra soluzione se non quella del decesso.

E le ispirazioni?

Fumetto, graphic novel, libri illustrati, cinema: davvero un po’ di tutto. Ho scritto e disegnato la storia di Hugo Cabret con l’intenzione di fare provare un’emozione particolare ad ogni sfogliare delle pagine.

Per Francesca Lo Schiavo la vera novità è stata il 3D:

Rispetto a un film normale bisogna riempire il set molto di più, anche se ad occhio nudo non sembra e i colori devono essere più accesi. Sia per me che per Martin che per il direttore della fotografia Robert Richardson è stata la prima volta: è stata una bellissima esperienza.

E tra una lettura di alcuni passaggi del libro (rigorsamente in italiano, con buona pace dei giornalisti stranieri) e la presentazione, in chiusura, della versione restaurata di Viaggio sulla Luna di Méliès musicato dagli Air, l’evento si è chiuso mentre molti spettatori, delusi, avevano già abbandonato la sala una volta che era diventato chiaro che non si sarebbero potute fare domande (e dire che uno dei due presentatori poneva domande del tipo: “Da scrittore del libro, come ha giudicato la scelta del cast?”) e che poco e nulla era e sarebbe stato mostrato dell’atteso film (che, ricordiamo, è stato presentato, anche se privo di diversi effetti e in work-in-progress, ma comunque completo, al festival di New York di due settimane fa). Peccato.