Terry Gilliam è uno di quei personaggi del cinema che non ha mai le risposte pronte, fazzolettini usa e getta da tirare fuori all’occorrenza per soddisfare i giornalisti senza impegnarsi troppo. Così come il suo cinema, è un uomo riflessivo che sa quando vale la pena non prendersi sul serio o capovolgere completamente il punto di vista.

Noi lo abbiamo incontrato qualche settimana fa a Marrakech, dove è stato omaggiato dal locale Festival del cinema marocchino con una giornata in suo onore e la proiezione pubblica in piazza Jemaa El Fnaa di Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo. Gilliam ha appena vinto l’Oscar europeo (l’EFA) per il migliore cortometraggio 2011 grazie a The Wholly Family, film sponsorizzato dalla Pasta Garofalo, ma in grado di diventare un’opera artistica a tutto tondo, ben svincolata dalla categoria “spot”, come lui stesso ha tenuto a precisare:

Ho avuto completa libertà sia nella regia che nella sceneggiatura e mi pare che ormai sia la norma per le aziende che decidono di puntare su questo tipo di video per far circolare il proprio nome. Anche con il corto  The Legend of Hallowdega sponsorizzato dalla Pepsi a favore dell’AMP Energy Juice, ho avuto assoluta libertà. In The Wholly Family la pasta appare giusto un mini secondo nel film e non viene “venduta”. Per Pasta Garofalo più di ogni altra cosa era importante la qualità della storia ed il fatto che in Italia il corto abbia preceduto le proiezioni di The Tree of Life di Malick dimostra quale tipo di pubblico vogliano andare a cercare. Mi è piaciuto molto il risultato e non è detto che non mi troverò prossimamente a lavorare ancora con loro”.

Sappiamo che è produttore/consulente per 1884, un film di Tim Ollive realizzato in tecnica mista. A che punto è lo stato di lavoro del film?
E’ una storia strana, quella di un uomo che da vent’anni lavora agli effetti speciali di quasi ogni mio film, era anche in Life of Brian, e che da anni aveva l’idea per un film, E’ una persona brillante, a tratti geniale, riesce a fare di tutto con dei modellini e l’animazione che mi ha mostrato è eccezionale. Gli ho permesso di utilizzare il mio nome in modo da attrarre di più altri investitori, ma non seguo direttamente il suo progetto, di cui comunque ho visto già alcune scene e il trailer e sembra fantastico. Penso che manchi ancora qualcosa, soprattutto in termini di postproduzione ed effetti speciali, ma ho molta fiducia in lui

Girare il film The Man Who Killed Don Chischiotte è ancora un suo sogno?
Purtroppo ormai è solo una questione di soldi. Lo girerei fuori da Hollwyood, in Europa, probabilmente in Spagna e già per questa ragione il costo sarebbe di venti milioni, mentre negli Stati Uniti sarebbero ottanta. Ogni volta che vado ad Hollywwod mi dicono che amano i miei film, ma… c’è sempre un ma. E’ così da venticinque anni, stesse facce, stessi discorsi, stesse str***ate… Ciò non toglie che ci provi sempre, non sarebbe male avere i loro soldi. Purtroppo anche se il budget è limitato, parliamo comunque di una cifra importante e a volte faccio un passo in avanti, poi però uno indietro e così sto sempre lì in attesa di capire se si può partire o no. Ormai però sono scaramantico e non do più alcuna data certa, sono anni che “iniziamo la prossima primavera” e poi non accade. Certo è che bisogna sbrigarsi: Robert Duvall fra poco compirà ottantadue anni e lui finora è l’unico attore certo.

Non c’è nessun altro progetto in ballo che potrebbe concretizzarsi prima?
Sì, c’è la possibilità di portare su grande schermo Mr Vertigo tratto dal libro di Apul Auster. Siamo in contatto e ci siamo già visti a New York per parlare un po’ della sceneggiatura a cui lui sta lavorando. E’ una bella idea, ma non so ancora quando e se la girerò. I prossimi mesi saranno fondamentali per capire.

Si sente un po’ un regista sfortunato? Molti sui film hanno avuto storie travagliate, tra problemi di budget e disavventure varie…
No, mi sento fortunatissimo, ho girato tanti film che volevo girare e ancora posso svolgere questa professione. Non capita a tutti i registi. Certe volte poi i problemi di budget aiutano: quando girai Il Barone di Münchhausen, per rimanere in budget, finii con il fare disegnare gli sfondi del viaggio sulla Luna e di molte comparse. Il risultato fu magico, molto più di quanto sarebbe mai potuto essere se l’avessi girato con tutti i mezzi di cui pensavo di aver bisogno all’inizio.

Lei che ha contribuito a cambiare la comicità cinematografica degli anni ’70 con i Monty Python che opinione ha delle commedie di questi anni?
Molte non mi piacciono, c’è troppa paura di offendere qualcuno, il politically correct non fa bene alla comicità. Siamo in un’epoca in cui ognuno di noi si sente vittima di qualcosa, non si può parlare di nulla senza che qualcun altro possa sentirsi offeso o possa assolutizzare qualsiasi tua affermazione per farla diventare offensiva e così non si osa e si rimane in superficie. Se ora il padre delle commedie è Judd Apatow che, in maniera intelligente, gioca sempre con ingredienti come i cambi di vita improvvisi o la scoperta del sesso, la dice lunga in tal senso. Sono commedie intelligenti, che fanno sorridere, ma molto limitate. Tutte le belle commedie hanno sempre offeso qualcuno… Trovo molto più satirico l’Habemus Papam di Nanni Moretti.

Lei lavora spesso con gli effetti speciali: ha mai pensato di utilizzare in futuro anche il 3d per un suo film?
No, non penso che il 3d invogli il pubblico ad andare al cinema, di fatto gli occhialetti mettono un’altra barriera tra loro e lo schermo. Se poi pensiamo a quanto costa il 3d e a come, normalmente, più costa un film, meno interessanti diventano le idee che ci sono dentro, allora ecco che l’idea di girare un film in 3d non mi affascina.

In passato si è parlato di lei per Watchmen e Harry Potter. Come mai non portò avanti questi progetti?
Riguardo a Watchmen non l’ho fatto perché la sceneggiatura non mi convinceva. Non è che non mi piacesse quanto scritto con Charles McKeown, è che lavorandoci sopra mi resi conto che una storia così complessa, più che mai basata sui personaggi e non sull’azione che compiono, non poteva essere ridotta in un unico film, ci sarebbe voluta una serie tv. Il lavoro fatto da Zack Snyder l’ho apprezzato da un punto di vista visivo e per alcuni dettagli di sceneggiatura, di più non poteva fare, ma comunque il risultato è un film da cui non emerge la grandezza della scrittura e della storia di Alan Moore, un vero genio. Riguardo a Harry Potter: sì, mi fu offerto all’inizio dalla produzione,  piacevo molto alla Rowling, ma dopo alcune chiacchierate non se ne fece nulla. Anche io non ero convinto che le mie idee si sarebbero sposate con le loro produzioni. A posteriori devo dire che ho apprezzato solo l’episodio diretto da Alfonso Cuaron, il terzo. Quando l’ho visto ho esclamato: wooh!