Pelle ruvida, occhi semisocchiusi, sopracciglia a cuspide come Jack Nicholson e aria da chi sta fumando una sigaretta anche quando non la sta fumando, Marco Giallini è diventato noto al grande pubblico con Io, loro e Lara di Carlo Verdone, prima di questo è stato consacrato agli amanti del poliziesco dalla serie di Romanzo Criminale in cui interpretava il Teribbile (anche se i più accorti già lo conoscevano per L’odore della notte) e prima ancora era ambiguo figuro sovreccitato nello storico videoclip metropolitano di Quelli che benpensano di Frankie Hi-NRG. In mezzo molte altre cose al teatro, in tv e al cinema ma in ruoli marginali o non adatte a quella faccia da vita dura che si ritrova.

In A.C.A.B. è Mazinga, il caposquadra del reparto mobile, quello che durante gli scontri detta i tempi e le strategie. Un uomo che si è rotto della vita come la conduce, con un figlio estremista di destra che non lo rispetta nè vuole ascoltarlo. Di tutto il cast (ottimo e ben integrato) lui è indubbiamente la punta di diamante, la parte che rende tutto credibile, anche se il suo non è il ruolo principale del film. Giallini è l’unico dotato di un volto e di un corpo (sebbene non tonico nè grosso) capaci di portare in scena quella vita difficile tanto cercata Sollima e dal suo team di sceneggiatori.

Incontrato per l’uscita del film è una persona estremamente gioviale, simpatica e poco ingessata, mostra le cicatrici che si è fatto nella vita, senza vantarsi ma con un filo d’amarezza (che non è mai rimpianto), racconta del fratello, morto tempo addietro: “Era 3-4 anni più grande di me, ha preso tante botte dai celerini. Ma erano altri tempi. Io invece no, io non avevo tempo per la botte, avevo altro da fare”.

Il suo fisico e il suo volto sono di quelli che sembrano assorbire ogni cosa che gli accade e portarla appresso, per questo è credibile in ogni film e in ogni parte. Non c’è un momento di A.C.A.B. in cui non credi che si tratti di un vero veterano degli scontri allo stadio: “E’ stato davvero un film duro, dico sul serio, ci siamo preparati, siamo diventati un gruppo e ora ci chiamiamo 2 volte al giorno per raccontarci i fatti nostri”.

Per dire di quanto la componente fisica sia importante in questo film, tutti i protagonisti si sono allenati, ma non per avere un fisico pronto quanto per fare gruppo e capire la fisicità dei personaggi, è Daniele Cesarano, sceneggiatore (e già autore della serie di Romanzo Criminale) a spiegarlo: “I veri poliziotti della mobile hanno quella fisicità e se la portano addosso anche fuori dal lavoro, spesso fanno rugby come noi abbiamo fatto fare ai nostri protagonisti perchè ci interessava il rapporto tra compressione e decompressione della fisicità e della violenza”.

Se come dice Andrea Sartoretti (che in Romanzo Criminale era Il Bufalo) “Esistono i film d'amore e questo è un film d'odio”, quell’odio ha la faccia di Favino ma le espressioni di Giallini. Uno che non ha bisogno di fingere o guardare ai modelli dei film americani per trovare i modi e i movimenti di uno uomo pronto a piacchiare e abituato ad essere picchiato.

E guai a chiedergli se l’uso della violenza nei film sia utile: “Se un attore si deve frenare per un cazzotto allora che facciamo? Quando gli americani ci ripropongono i film di Di Leo con miliardi in più ma le scene pare pare li incensiamo per anni, poi si vede un cazzotto in un film italiano ed è un caso. I cazzotti ci sono, non ci sono solo cose tranquille, anzi nella vita c'è anche chi te ne darebbe per molto meno di averti quasi ucciso [come accade nella prima scena del film ndb], esiste anche la violenza totalmente gratuita”.