Con una corporatura degna dei personaggi che ha portato sullo schermo, uno sguardo penetrante e un modo di gesticolare ampio, arioso e teatrale, Ray Stevenson colpisce subito.

Nel mondo degli attori è uno dei pochi che si esprime con proprietà di linguaggio, sa quello che sta dicendo, evita metodicamente le banalità e non ha paura di sbilanciarsi per prendere posizione.

Parla anche un po’ di italiano, imparato durante il lavoro a Roma per Rome della HBO, e non manca di sfruttare la cosa (avendo capito la mia provenienza) in chiave comica, usandolo per dire “bagno di sangue” o altre amenità.

Incontrato a Berlino per la presentazione del nuovo film di Billy Bob Thornton, Jayne Mansfield’s Car, Ray Stevenson parla in maniera accorata del suo personaggio (uno dei protagonisti in una storia corale) e della produzione piccola, per gli standard americani, e curiosa messa in piedi da Thornton.

Certo con la carriera che ha avuto nel mondo del cinefumettismo ci vuole poi un attimo a scivolare fuori dal seminato del film e dentro i suoi lavori su Thor e, soprattutto, su Il punitore. Il ruolo di Frank Castle infatti lo ha visibilmente colpito e quando ne parla cambia espressione.
 

Il tuo personaggio in Jayne Mansfield’s Car è un omone, molto più grosso degli altri ma contemporaneamente molto più vulnerabile intimamente…
Si è vero, è un uomo distrutto dalla guerra e da un rapporto terribile con il padre. Cerca una via d’uscita ma senza convinzione e quando appare nella sua vita Donna sa che quel legame fugace di una sola notte potrebbe cambiarlo. La sua corporatura è in diretta antitesi con la sua vulnerabilità.

Questa dicotomia (fisico ingombrante e intimità fragile) cerchi di portarla anche negli altri film che interpreti?
Decisamente, cerco di interpretare solo personaggi in cui posso mettere tutto me stesso, il che significa anche introdurre contraddizioni simili, altrimenti diventa noioso. Sai, nessuno si sveglia la mattina pensando che sarà cattivo, nemmeno i cattivi.

Questo vale anche per i personaggi dei fumetti?
Certo: prendi uno come Frank Castle [ovvero il Punitore, ndr]! Ha visto il suo mondo distruggersi letteralmente nelle sue braccia e ora non va nemmeno in cerca di soddisfazione, le sue azioni sono demoniache e malvagie, anche più di quelle dei cattivi che persegue. Ma proprio perchè non cerca soddisfazione non ci può essere luce alla fine del suo tunnel. Quando ho fatto quel film volevo che nessuno uscisse dalla sala pensando di voler essere il Punitore, perchè quello abitato da Frank Castle è un luogo così oscuro e triste, non c’è redenzione per lui. Ed è qualcosa che trovi già nei fumetti.

Eri un lettore dei fumetti o l’hai fatto per il film?
Li ho letti per il film e chiaramente ho letto lo script. Ma la questione è che non devi mai essere un archetipo in un pastiche, semplicemente non è interessante.

E cosa è interessante nei film tratti da fumetti?
L’abilità degli esseri umani di fare cose estreme pur rimanendo umani. Adattarsi per raggiungere un obiettivo in determinate circostante. Per arrivare a capire questo devi affrontare di volta in volta la psicologia umana per poi rappresentarla.

Abbiamo parlato di Il punitore ma immagino il discorso valga anche per il Volstagg che interpreti in Thor. A proposito, confermi che sarai in Thor 2?
Sì, ci sarò. Ora ho appena finito di fare anche il nuovo G.I. Joe in cui per l’occasione sfoggio un accento del sud.

Ora che hai avuto altre esperienze e torni a Volstagg, qualcosa cambierà in quel personaggio?
Non cambia molto sono sempre io e il mio lavoro è sempre quello. Al tempo stesso questo però rende tutto diverso, perchè sono più vecchio di due anni, più stupido o più saggio fai tu. Porto quel che ho. Tutto quel che faccio mi ha arricchito e ora influisce, le mie esperienze a livello umane, i figli che crescono e mi cambiano mi danno punti di riferimento che prima non avevo.

A questo punto la domanda obbligatoria è: ci sarà un nuovo film di Punisher?
No

Nessuno te l’ha mai proposto?
Guarda io lo farei di corsa. Portatemelo e lo faccio, faccio un bagno di sangue [detto in italiano ndr].